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Io, Premio Ischia

di Graziano Petrucci

Non fatevi illudere da questo «caffè» sereno. Forse non lo è, affatto. O forse sì. Dipende. Inizio dalla libertà di espressione sancita dalla Costituzione all’art.21, nella parte dedicata ai Rapporti Civili, nel tentativo di allontanarmi da una specie di ristrettezza locale. Pure perché in questi giorni fa caldo e tra gente azzeccata e quella che non si lava le ascelle o dimentica di proposito il deodorante sullo scaffale del supermercato, siamo circondati da odori e fragranze diverse che hanno un po’ il sapore delle cose buone di una volta. Pongo l’accento sull’art. 21 stando attento, però, a non elevarmi troppo. Facendo lo slalom tra le stelle di un cielo che non mi appartiene e la sorella luna. Il rischio, come accade di solito, è quello di finire impallinato dalla contraerea di bracconieri ideologici e cadere senza paracadute sotto lo sguardo passivo di chi dice di manifestare liberamente il pensiero. Al contrario sono incline a seguire la strada tracciata dalla locuzione latina «In medio stat virtus». In italiano equivale a «la virtù sta nel mezzo» che può essere assunto anche come punto di vista. Ipotizzando che la virtù passi per il «medio», alzare quello della mano sinistra o della destra, o entrambi se preferite, non solo equivale ad affermare detta virtù ma sta a indicare agli altri la via da seguire, mandandoceli. Cosa che potrebbe garantire un risultato in una duplice forma.Benedetto Valentino O la resistenza impenetrabile a qualsiasi suggerimento custodito nella richiesta di guardare le cose più attentamente, di andare cioè oltre le apparenze pur criticando se è necessario. Oppure in alternativa potrebbe verificarsi l’accoglienza dell’analisi, certo, ma trasferita su un territorio che dovrebbe essere il confronto mentre al contrario somiglia nei modi e nelle espressioni a quello falciato dai grillini animati dalla scintillante e tipica incapacità di ascolto. Tornando alla prima parte dell’articolo 21, si cita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». A questo si collega la «Libertà di Stampa». Una conquista riconosciuta dalle moderne Costituzioni occidentali ma che come accade in Italia spesso usiamo a sproposito o in maniera abusata e poco utile. Sia chiaro, seppur presenti certi limiti, quello del buon costume per esempio mentre quello del buon senso fa parte del libero arbitrio, ognuno può farci quel che gli pare. Anzi per fortuna che è ancora contemplata dalla Costituzione che ce la garantisce. Cosa che dovremmo tenere bene a mente, e difendere. Voglio fare un passaggio sul «Premio Ischia Internazionale di Giornalismo». È giunto alla sua 37^ edizione e si collega, direttamente o indirettamente, all’articolo 21. È quasi doveroso fare i complimenti ai fratelli Benedetto ed Elio Valentino che spendono risorse, tempo ed energie, assieme ai loro collaboratori spesso nell’ombra, per rinnovare una celebrazione che senza dubbio ha assunto un valore e uno spessore preciso in questi anni. Elio Valentino fotoCosa che, per conseguenza, ne attribuisce in pari misura all’isola. Provocazione. Si potrebbe attribuire un premio al Premio, perché no. Un’idea, realizzabile se ci fosse lo spazio lasciato libero dalle cose inutili. Il «Premio Ischia» porta a casa nostra le firme più importanti del giornalismo internazionale e nazionale, favorendo in questo modo anche una buona fetta di quel turismo che vorremmo vedere più frequentemente. Durante la manifestazione, e alla sua conclusione, qualcuno ha mosso rimproveri ai fratelli Valentino e alla celebrazione che hanno ereditato dal padre. Qualche altro, forse per attacco, ne ha addirittura incoraggiato la “chiusura”. Un disordine, in entrambi i casi, causato dalla presenza di Matteo Salvini. Politicamente Salvini non lo considero per niente. Umanamente può apparire simpatico, “svegliarello” per così dire, le sue idee molto meno. Per quanto si sforzi di dimostrare il contrario, hanno margine grazie agli agganci vuoti, al populismo vuoto, come vuoti sono i luoghi comuni di cui si nutre gran parte del nostro bel paese. Lo scenario però è questo. Gente che si rispecchia in quei modelli di cui Salvini è portatore insano e idee differenti compongono lo scacchiere della democrazia. Nulla di più semplice. Di qui una riflessione e al tempo stesso una critica. premio_ischia_2016_ok-(24-di-33)-288x192Il «Premio Ischia» dovrebbe aprirsi al contatto con la gente, attraverso convegni e workshop, incontri e dibattiti (in cui inserire corsi di formazione o aggiornamento per giornalisti) con i protagonisti. Coinvolgere pure le nuove generazioni e mettere in contatto le scuole con inviati e testimoni in zone di guerra. Altrimenti rischia di diventare solo una passerella, senz’altro utile ma con una ricaduta minima per il territorio e la sua crescita. Tuttavia, tanti, invece che esaltare le ragioni che hanno fondato un momento d’incontro su riflessioni internazionali, che resiste e avanza negli anni, si sono concentrati sulla presenza del leader di un partito politico. Per carità, non c’è nulla di male. Tra chi ne ha parlato – citandolo – e chi non ne ha voluto parlare – citandolo lo stesso- il “verde” Salvini ha avuto la sua iniezione di notorietà. Come se ve ne fosse bisogno. Nessuna parola, mi è sembrato di leggere sui social – facebook in testa ma forse mi è sfuggito – per la presenza di Can Dǜndar, il direttore del quotidiano turco di opposizione “Cumhuriyet” che nel suo paese è stato condannato a 5 anni e 10 mesi da un tribunale per aver scritto di un traffico segreto d’armi tra la Turchia e La Siria. PREMIO ISCHIANon mi è neppure capitato di leggere, da parte di questa critica isolana sempre attenta alle increspature ma forse mi è sfuggito anche questo, qualcosa a sostegno dei due ragazzi siriani, Alhamza Abdalaziz e Sarmad Khader Almuhmed, che testimoniano assieme ai loro colleghi delle violenze commesse dall’Isis e dal regine di Assad sulla popolazione civile. Perciò sono dovuti scappare dal proprio paese. Mentre agli autobus dell’EAV finisce il carburante, restando bloccati in strada, la benzina sul fuoco delle cose superflue che si ostinano a inquadrare e investire considerazioni su sfumature poco costruttive, alla critica nostrana non finisce mai. Perciò avanza inesorabile. Proprio questo drappello alla porta della regressione, che segna l’aspetto più deludente, senza complimenti, merita un premio.

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