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Isola ecologica: arriva l’assoluzione, Pascale resta in sella

 

DI FRANCESCO FERRANDINO

 NAPOLI. Tutti assolti. Finisce con un grande sospiro di sollievo il processo, lungo quasi un decennio, nei confronti di una gran parte degli amministratori di LaccoAmeno degli ultimi lustri, per le presunte irregolarità nella realizzazione del centro di raccolta dei rifiuti alla Pannella, nei pressi dell’abitato della 167. Un processo alla classe politica lacchese, dunque, che termina con la piena assoluzione per tutti e spazza via  le ansie e i dubbi di una temuta “decapitazione” dell’attuale vertice dell’ente di Piazza Santa Restituta, sul quale tanto si era speculato fino ad arrivare alle ipotesi più ardite, evocando persino lo spettro del commissariamento nel caso di una teorica ingovernabilità. Invece il consiglio comunale di Lacco Ameno resta invariato, Giacomo Pascale è ancora felicemente in sella, e forse adesso sembra anche una eccessiva cautela quella che giorni fa portò la maggioranza a sostituire Giovangiuseppe Zavota con Domenico Miragliuolo nel ruolo di vicesindaco. Ma questo è solo un dettaglio, in un giorno lungo, lunghissimo, iniziato con un lungo ritardo da parte del pubblico ministero nel raggiungere l’aula d’udienza, e finito alle 16:30 circa con la lettura del dispositivo, a cui ha fatto seguito la gioia dei presenti: ieri hanno infatti assistito all’atto finale del processo diversi protagonisti di questa lunga vicenda, da Giacomo Pascale a Restituta Irace, da Ciro Calise a Crescenzo Ungaro. C’era anche Giovangiuseppe Zavota, venuto a dare sostegno morale ai propri compagni d’avventura politica e amministrativa.

 

L’avvocato Molinaro è stato il primo a prendere la parola per sostenere  l’arringa in difesa di Tuta Irace, Crescenzo Ungaro e Giacomo Pascale.  Naturalmente l’origine della vicenda è da ricercarsi nelle due delibere del 2008 e del 2010 relative alla realizzazione di una isola ecologica in zona classifica “verde” dal vigente piano regolatore generale, che vide anche l’acquisizione  dei pareri favorevoli dell’Arpac e di un geologo. Il lungo intervento del penalista  è stato diretto fra  l’altro a  rendere comprensibile in ogni passaggio la successione  di atti amministrativi e provvedimenti legislativi che rendono la faccenda molto più complicata di quanto sembrerebbe a uno sguardo superficiale. Una vicenda che  prese le mosse dalla delibera  della Giunta provinciale nel settembre 2008, quando fu emesso un bando per l’assegnazione di un milione e 300mila euro per  l’ampliamento e la riqualificazione delle isole ecologiche. Un bando che poi, per usare le parole di Molinaro, “evaporò”, in quanto il procedimento si arenò senza  motivazioni apparenti. Un anno dopo il Comune di Lacco deliberò sulla proposta di adibire l’area come “centro  di raccolta”. Ecco, la dicotomia tra “isola ecologica” e “centro  di raccolta rifiuti” è un’altra delle discrasie su cui si è basato un processo che secondo l’avvocato  Molinaro non sarebbe mai dovuto nemmeno iniziare.  Nel 2010 vennero poi assegnato 300mila euro  al Comune del Fungo.

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Durante l’arringa, l’avvocato ha tirato fuori un vero e proprio “asso” dalla manica, affermando di aver effettuato un’indagine difensiva  a Roma presso la Ragioneria Generale dello Stato e producendo la relativa documentazione, in grado  di vanificare  l’accusa  di truffa e falso.

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La circostanza ha indotto il collegio presieduto  dal giudice  Acierno a sospendere momentaneamente  l’udienza per prendere  visione dei  documenti. Alla  ripresa dei lavori, l’avvocato Molinaro ha sintetizzato il famoso “progetto-stralcio” da circa 210mila euro che venne posto in esecuzione  e al quale  fu apportata una variante  circa i materiali impiegati.  Dopo il sequestro, ha spiegato l’avvocato, arrivò l’ordinanza del Riesame: oltre a disporre il dissequestro, il Tribunale definì i lavori in questione classificandoli “di straordinaria manutenzione”, che  dunque non comportarono un’alterazione dello stato dei luoghi. Ecco quindi cadere  i reati  edilizi e paesaggistici.

Subito dopo il professionista ha lanciato diverse “bordate” verso la consulenza del professor Boeri, definendola “un’asinata”. Secondo la legge 1187/68, non era necessaria l’approvazione  di una variazione ai lavori, in quanto le prescrizioni del p.t.p. decadono automaticamente dopo cinque anni, e la sostituzione di un materiale per la realizzazione del massetto integrerebbe la fattispecie dell’intervento di manutenzione straordinaria, quindi  del tutto lecito.  Dopo aver invocato per i reati contravvenzionali l’assoluzione con formula piena, l’avvocato Molinaro è passato all’accusa di abuso  d’ufficio. Il penalista ha dichiarato  che è la prima volta che ci si imbatte in un’accusa per aver violato il Decreto Ministeriale dell’8 aprile 2008 e delle relative “linee guida per la realizzazione delle Isole ecologiche promananti dalla Regione Campania”, che rappresenta  quella che  in linguaggio giuridico è una norma di “alta amministrazione”, riguardante appunto  le linee guida”, non certo una norma  di legge né di  regolamento, cosa che rende improponibile l’accusa rivolta ai propri assistiti.

Secondo Molinaro, il consulente Boeri ha  falsamente  affermato che il centro di raccolta doveva obbligatoriamente essere  posto su area di proprietà del comune, mentre in realtà la prescrizione era quella secondo cui la zona doveva unicamente essere servita da un’adeguata arteria viaria di scorrimento, come in effetti è. Inoltre, il Decreto ministeriale si riferisce al periodo dell’emergenza rifiuti, non a quello, successivo, in cui l’area fu effettivamente  attrezzata secondo  il progetto stralcio.

Circa la contestata modifica  dei materiali  utilizzati, l’avvocato ha ricordato  le  parole del  consulente di parte, l’ingegner  Rispoli, il quale affermò l’efficacia dei teli di polietilene, del tutto impermeabili, fra l’altro  ricoperti da un massetto di calcestruzzo, e comunque si parla di un’area di rifiuti differenziati, senza il percolato.

La difesa ha  anche  ricordato varie decisioni della Cassazione secondo cui per l’accusa di abuso d’ufficio nei confronti  di organi collegiali è necessaria un’attività d’indagine “individualizzata”. « Quando si persegue il pubblico interesse non può esserci dolo», ha detto Molinaro, che ha anche ricordato che tra i componenti della giunta dell’epoca colui che deteneva una delega che avrebbe potuto essere più “vicina” a una eventuale responsabilità era Zavota, delegato all’ambiente, eppure egli è stato l’unico a evitare il processo.  La delibera del 2010 dimostra che gli amministratori hanno soltanto preso atto del finanziamento, com’è loro dovere. Secondo la difesa, dunque, la truffa è inesistente perché, come è stato messo nero su bianco dalla Ragioneria Generale dello Stato, in relazione al finanziamento erogato a favore del Comune, “nessun’altra documentazione è stata trasmessa dal Comune a questo Dipartimento in quanto non dovuta ai fini dell’erogazione del contributo di cui trattasi”, dunque nessun artificio, nessun raggiro, e nessuna attività di impulso “ex ante” da parte del Comune.  Ogni euro, secondo la difesa, è stato impiegato per l’interesse pubblico, quindi nessun vantaggio patrimoniale c’è stato per gli imputati. Un punto fondamentale dell’arringa difensiva è stato quello secondo cui l’accusa di truffa, dimostratasi poi inconsistente, tramite i presunti atti di falso, finisce per assorbire l’accusa di abuso d’ufficio per mezzo della clausola di salvaguardia (“salvo che il fatto non costituisca più grave reato”), un’intuizione che verosimilmente avrà avuto il suo ragguardevole peso nella decisione finale del collegio giudicante.

 

L’avvocato Antonio Iacono, difensore di fiducia di Ciro Calise, all’epoca componente della giunta guidata dal sindaco Irace, ha evidenziato il fatto che il proprio assistito prese una decisione sulla base di atti che avevano tutti i crismi della legalità. Non solo: una direttiva comunitaria, la n.442 del 1975 citata nella sentenza 2180/1994 della Suprema Corte di Cassazione, consente agli enti locali di sovrintendere all’attività di gestione  dei rifiuti quando questa  si svolge su aree appartenenti ai privati, come  nel caso di specie. Questi i capisaldi a base della richiesta di assoluzione da parte dell’avvocato Iacono.

Molto più sintetico l’intervento dell’avvocato Bucci De Santis, che ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste o, in subordine, perché il fatto  non costituisce reato per il signor Domenico Marrazzo, suo assistito.

 

L’avvocato Lumeno Dell’Orfano, in difesa di Oscar Rumolo, ha focalizzato l’arringa sul ruolo che il suo assistito rivestiva all’interno dell’amministrazione negli anni in questione, cioè di responsabile  del servizio finanziario. In virtù di tali considerazioni, il penalista ha definito “inconferenti” le accuse a Rumolo, in particolare per aver stipulato un contratto di locazione dell’area con la società Mare 2000 srl che faceva capo al signor Marrazzo, perché il dirigente non avrebbe potuto discostarsi da quanto deciso dalla sua amministrazione tramite l’organo politico, la giunta. Nelle due delibere venne come di consueto nominato un responsabile del procedimento, che non fu certo identificato in Rumolo. Egli agiva  in esecuzione di una decisione presa da altri, nell’interesse pubblico. Per la truffa, secondo Dell’Orfano, mancano diversi elementi costitutivi del reato. La truffa è comunque insussistente quando il presunto artificio o raggiro ha portato un beneficio all’ente pubblico, e non alla persona del singolo dirigente. Il noto penalista ha dunque invocato l’assoluzione per Rumolo chiedendo contestualmente l’acquisizione di una memoria difensiva.

 

Concluse le arringhe, due ore di pausa, spese tra una pizza al bar del Tribunale e una partita al “bigliardino”, o calciobalilla che dir si voglia, per distendere i nervi in attesa della sentenza, che nel mezzo di un caldissimo pomeriggio napoletano di mezza estate ha restituito il sorriso a tutti i presenti. Poi via verso il Porto, tra foto ricordo e telefonate di felicitazioni, a suggello di una giornata che in ogni caso resterà indimenticabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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