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La “pazza idea”: ecco perché l’isola può (e deve) fare a meno dei depuratori

DI GAETANO FERRANDINO

ISCHIA – E’ un pensiero, per adesso soltanto un’idea. Una pazza idea, non certo quella di Patty Pravo, forse addirittura più ardita. Se ne parla, se ne discute e se ne ragiona, nei palazzi che contano: naturalmente a bassa voce, perché uscire allo scoperto con un pensiero del genere – specialmente per chi fa politica – potrebbe essere a dir poco deleterio. Non certo per le affermazioni che si andrebbero a fare (che un senso ce l’hanno, eccome) quanto piuttosto perché l’opinione pubblica – ormai indirizzata nell’ultimo ventennio in un unico sentiero, peraltro difficile da percorrere senza incappare in ostacoli, come abbiamo verificato lungo il cammino – potrebbe non capire e dare del “pazzo” a chi dovesse uscirsene con una osservazione del genere. Rischierebbe di passare per una trovata e questo è un lusso che, purtroppo, chi naviga in politica proprio non può permettersi. Intanto, però, la riflessione prende sempre più corpo e soprattutto appare suffragata da considerazioni di natura economica, culturale (sono stati interpellati autorevoli esperti del settore) ed anche scientifica, e questo ove mai le motivazioni di natura logica non dovessero essere sufficienti. Tutto ruota attorno a una domanda, che adesso ci (e vi) poniamo: ma siamo davvero sicuri che per tutelare l’ambiente ed i nostri mari l’isola d’Ischia abbia bisogno di tre depuratori? Già, perché anche se magari qualcuno stenterà a crederci, la verità è che pare proprio che si stia maturando la convinzione che se ne potrebbe tranquillamente fare a meno. Ed anzi, che addirittura sia meglio così. Insomma, come ti passo da salvatore della patria e dell’ecosistema ad un ingombro di cui disfarsi per le troppe controindicazioni, potrebbe essere questo l’infausto destino di tre impianti dal costo complessivo di cento milioni di euro. E scusate se è poco.

Fin qui, quando abbiamo pensato ai depuratori, un pò tutti – con un pizzico di inevitabile superficialità (ma d’altronde non si è del mestiere, dunque…) – hanno sempre dedotto che ci si trovasse dinanzi alla panacea di tutti i mali. Al punto che più volte se ne è invocata la costruzione di quello di Ischia e la progettazione definitiva e l’inizio dei lavori per quelli di Casamicciola e Forio. Tralasciando però una serie di concetti tutt’altro che irrilevanti,  che lascerebbero intendere come, a cose fatte, a sparare i fuochi d’artificio sarebbero soltanto i costruttori che farebbero business, incasserebbero una vagonata di soldi, ringrazierebbero e saluterebbero.  E allora proviamo ad esporvi su cosa si ragiona da qualche tempo a questa parte da più fronti. Con la manutenzione dei depuratori a carico della comunità isolana, tanto per iniziare, finirebbero con l’aumentare vertiginosamente le bollette dell’Evi, cui spetterebbe la gestione degli impianti. Secondo alcuni calcoli, rischierebbero addirittura di quadruplicarsi per gli elevati costi di gestione. Questo, oltre al danno che si andrebbe a creare alle tasche dei cittadini, potrebbe avere il terrificante effetto di “impennare” il fenomeno della morosità, incontrare difficoltà a riscuotere e di conseguenza a pagare una serie di servizi come quelli che garantirebbero un corretto e costante funzionamento dei depuratori. Macchine che non possono permettersi nemmeno cinque minuti di “ferie”, pena conseguenze inenarrabili. Non è mica finita qui, a questo bisognerebbe aggiungere la necessità di una presenza di sabbie e fanghi non biodegradabili da portare in discarica speciale, con un aggravio di costi: un altro business, detto in parole povere, da cui certo la nostra comunità trarrebbe soltanto costi e non benefici.

Se proprio volessimo mettere, per dirla alla napoletana, “l’acqua bollita sul cotto”, potremmo addirittura andare oltre. I depuratori, come è noto, sarebbero di fatto al livello del mare. Ergo, occorrerebbero camicie impermeabili, pompe di estrazione di fumi e gas accese ventiquattro ore al giorno, insomma una manutenzione manco stessimo parlando di una centrale nucleare. E adesso passiamo agli interrogativi: tutto questo, perché? Il nostro mare, quello che ci circonda, non è certo l’Adriatico,  che per dimensioni e profondità rappresenta una piccola piscina dove quando una famiglia ci fa il bisognino dentro, beh lì resta e non ha valvola di sfogo. Parliamo di ben altro, ed è certificato e non il frutto di una teoria nostra o di terzi, giusto per intenderci. Le deiezioni umane, se scaricate a debita distanza dalla riva e soprattutto a profondità notevoli, hanno bisogno di un pretrattamento minimo, ma di certo non sono la causa di mali inenarrabili. Diverso è il discorso, ad esempio, per saponi non biodegradabili ed oli ma sull’isola finalmente questo è un problema che dovrebbe finalmente essere stato risolto. Le ordinanze dei sindaci imporranno la commercializzazione di prodotti esclusivamente “bio”, mentre l’olio consegnato ai supermercati e che sarà pagato ai cittadini (progetto in via di definizione, fortemente voluto dal liquidatore dell’Evi, Pierluca Ghirelli) potrebbe finalmente evitare anche un’altra pessima abitudine di casa nostra, quello cioè di disperderlo ovunque e in maniera indiscriminata.

Si lavora sotto traccia, con gli stessi sindaci che – come già spiegato – non vengono allo scoperto nel timore che la reazione della gente, del mondo associazionistico ecc. possa essere di quelle negative, che tutti vogliono evitare. Ma quanto pare, dagli uffici dell’Evi di via Leonardo Mazzella, di certo col beneplacito degli amministratori locali, ci si è messi in contatto anche con le autorità competenti. Facendo un ragionamento su quello che resta un nodo difficile da sciogliere: come la mettiamo con tre impianti per i quali, dicevamo, è stata stanziata la bellezza di cento milioni di euro? Tranquilli, si è arrivati ad una deduzione anche su questo (e per questo): siccome in due casi su tre siamo ancora alla fase progettuale e senza l’avvio dei lavori, si sarebbe ancora in tempo per chiedere di utilizzare soltanto una parte dell’investimento per la costruzione di nuove condotte (quelle sì che servono come il pane), magari con una lunghezza doppia  rispetto a quelle attuali, con lo stesso discorso valido anche per la profondità. Tra l’altro non ci sarebbe nemmeno bisogno di modificare i progetti in itinere, giacché la costruzione delle condotte è parte integrante della realizzazione dei depuratori. In questo modo il cerchio sarebbe chiuso, l’isola potrebbe avere un mare limpido e cristallino e dimenticare queste “creature”. Che, di punto in bianco, da magnifiche sirene sembrano essere diventati dei mostri. Che fanno paura.

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