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La solitudine dell’amore

Gentile Professore, sono un uomo oramai maturo, ma sembra che tutta la mia esperienza passata non valga più nulla, in questo momento: avverto che una forza superiore, alla quale, per altro, non voglio oppormi, mi travolge per condurmi a una nuova storia di amore, che mette a repentaglio ogni equilibrio affettivo faticosamente conquistato nel tempo. Anche se mi rendo conto che questa passione potrebbe avere effetti devastanti e nuocere a chi mi vuole bene, sento che ho il pieno diritto a seguire il mio desiderio.          La donna di cui sono innamorato – la cui reciprocità di sentimenti mi pare un dono del destino – ha restituito senso alla mia vita: in gioco per me non è, dunque, un’infatuazione passeggera, ma un’affinità profonda a cui sento di non poter rinunciare.         Potrei cercare di condurre ancora a lungo una vita sentimentale  clandestina, ma non ne ho voglia: sento l’urgenza di uscire dall’ipocrisia e sottrarre all’ombra questo evento unico e fondamentale.         Nondimeno, il timore di far soffrire mia moglie e i miei figli, ai quali mi lega un grande affetto, mi tormenta e rischia di intaccare la mia determinazione e questo amore bellissimo.         Di certo, non sono il primo né l’ultimo a dibattersi in un dilemma analogo, sicché lei avrà visto molti altri casi simili. Saprà, dunque, come io mi senta lacerato e e dolorosamente solo di fronte a una scelta crudele. In virtù di ciò le chiedo il conforto di un riscontro.   

 

LA SOLITUDINE DELL’AMORE

 

«Chi ama la vita, deve forse amare il suo gioco d’incastri, entusiasmarsi non solo per il viaggio verso isole lontane, ma anche per la trafila burocratica relativa al rinnovo del passaporto. La persuasione, riluttante alla mobilitazione generale quotidiana, è amore di qualcosa d’altro, che è più della vita e balena soltanto nella pausa, nell’interruzione, quando i meccanismi sono sospesi, il governo e il mondo sono in vacanza nel senso forte di vacare, vuoto, mancanza, assenza, ed esiste soltanto l’alta e ferma luce dell’estate. Il mondo, come dice Borges, è reale, ma perché deve anche rompere tanto i coglioni? Quello che si vorrebbe, in fondo, è una pretesa modesta, solo poter marinare ogni tanto la scuola, pur conservando il rispetto per gli insegnanti.»

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Claudio Magris, Danubio, Garzanti, Milano 1986 – 2000, p. 375

 

         Gentile Lettore,

sebbene il suo caso non sia “nuovo”, in un’ottica collettiva, lo è senza dubbio  per lei. Se così non fosse, se lei non lo avvertisse nella pienezza della sua sensibilità, il dilemma non avrebbe più il valore di una scelta esistenziale, non rappresenterebbe un dramma e non evocherebbe indubbiamente la dimensione del desiderio.

La forza di Eros è enorme: genera mondi e li abbatte nella sua furia innovatrice; stabilisce legami e li scioglie – anzi, li recide con un colpo di spada, come fece Alessandro Magno sbarazzandosi del celebre “nodo di Gordio” (333 a. C.).

Questo nodo che, conservato in un tempio, secondo la leggenda, avrebbe conferito il potere sul mondo a chi avesse avuto la capacità di districarlo, appare un perfetto simbolo del potere inarrivabile della Necessità. La Necessità“Anánke”, per i Greci –  è l’archetipo che impone all’essere umano di piegarsi o morire, oppure di inventare soluzioni inaudite, al limite della “Hýbris” (quell’osare “tracotante”, che gli Antichi tanto deprecavano e ammiravano). Come ci ricorda James Hillman (1926 – 2011), il “Destino Immutabile” si declina quotidianamente nella società, nel lavoro, nell’amicizia, nella famiglia; assume le forme della Natura, della biologia, dell’istinto; e segna il limite imposto dal sovrapersonale all’individuo.

In qualche modo, lei procede adesso sul crinale tra queste due gigantesche spinte che sorgono alla Coscienza dall’Inconscio e se ne sente ferocemente lacerato. Non a caso, nel Medio Evo, per emulare la carica distruttiva della “Ruota del Destino” avevano approntato una terribile mortale tortura, chiamata “la ruota”, la quale, a ogni giro, smembrava lentamente i condannati, strappandogli gli arti nelle opposte direzioni. Ciò impone alla sua personalità un salto, un’evoluzione psicologica e spirituale, una soluzione creativa, ovvero originale, personale, senza precedenti.

Il problema più urgente è decidere (in Latino, originariamente, questo verbo descriveva l’atto sacrificale di spiccare la testa dal collo della vittima e, dunque, ha un’implicazione violenta e definitiva, che implica il lasciarsi alle spalle una vita, sia essa immaginaria o reale), decidere in cosa lei, in quanto essere umano, si rispecchi e si riconosca più autenticamente.

È questo un compito che la consegna necessariamente alla solitudine, appannaggio rituale dell’essere umano che si soggettivizza, ovvero che va incontro alla trasformazione di sé.

La sua volontà di far emergere «dalla clandestinità e dall’ombra» il nuovo amore testimonia, qualunque sarà la sua scelta, che c’è una consistente componente della sua vita psichica precedentemente accantonata, o inerte, che si è dinamizzata ed esige di trovare spazio nel presente assetto dell’esistenza e nei suoi sviluppi futuri, ovvero, come si suol dire in psicologia dinamica, di essere “integrata” al .

Alla determinazione, al coraggio di confrontarsi lealmente con se stesso e con le altre persone amate, si dovrà il senso di pienezza e realizzazione della sua esistenza, oggi benedetta e complicata da Eros.

 

 

 Francesco Frigione è psicologo e psicodrammatista analitico, psicoterapeuta individuale e di gruppo, docente di psicodramma in una scuola di specializzazione per psicoterapeuti, formatore di educatori e studenti, autore di progetti psico-socio-culturali in Italia e all’estero. Nato a Napoli, vive e lavora a Roma e a Ischia. Ha fondato e dirige il webzine e il quadrimestrale internazionali “Animamediatica”.

Contatti

E-mail: francescofrigione62@gmail.it

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