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Lavori sul lungomare di Citara, il processo volge al termine

Volge al termine il processo riguardante l’esecuzione dei lavori sul lungomare di via Giovanni Mazzella, fino a Citara.  Oggi sarà dato spazio alla discussione finale e alle conclusioni delle parti, per una vicenda giudiziaria originata  dalle indagini svolte ormai sette anni fa. Il processo partì nel 2013,  quando la Procura della Repubblica di Napoli ipotizzò diversi reati nella conduzione delle opere di riqualificazione del litorale foriano, che vanno dalla truffa al falso materiale e al falso ideologico per quattro persone, reati contestati ai tre imputati: l’architetto Giovanni Matarese, direttore dei lavori e responsabile del VII settore presso il Comune di Forio; Dario Amoroso, che rivestiva il ruolo di responsabile del procedimento, e il collaudatore Giuseppe Castagliuolo. Il quarto, Nicola Malinconico, amministratore delegato della società “Italstrade” che si aggiudicò i lavori di riqualificazione del lungomare, vide inizialmente stralciata la sua posizione.

Nella scorsa udienza l’architetto Matarese volle rendere alcune spontanee dichiarazioni, definendo “inspiegabile” la fermezza degli inquirenti nel cercare presunte irregolarità e soprattutto nell’ignorare gli atti che testimonierebbero la piena correttezza delle operazioni, effettuate a regola d’arte. Il professionista respinse l’accusa di truffa consistente nell’aver dolosamente omesso, in violazione del codice degli appalti e del relativo regolamento di attuazione, di verificare le richieste di pagamento allegate agli stati d’avanzamento dei lavori, e rispedì al mittente anche l’accusa di falso, perché dai documenti contabili non sarebbe rilevabile alcuna irregolarità: secondo l’imputato, gli inquirenti avrebbero cercato a ogni costo ciò che non c’era. Amoroso rese invece una completa testimonianza, illustrando sinteticamente la cronistoria dell’appalto e l’inizio delle opere, precisando che al momento in cui assunse l’incarico la procedura d’appalto era già conclusa, e spiegando in relazione all’accusa di truffa che le norme non prevedono la verifica degli allegati alla certificazione degli stati di avanzamento dei lavori.

Riguardo la contestazione del reato di omessa denuncia, Amoroso ribadì che non rientrava nelle sue competenze il controllo delle fatture. Il punto focale del processo che volge a conclusione è costituito dal destino di oltre duemila metri cubi di materiale di risulta prodotto nel corso dei lavori, che secondo l’accusa non sarebbe stato smaltito secondo le disposizioni legislative vigenti. In ballo ci sono anche le presunte discrasie tra quanto il Comune di Forio aveva corrisposto alla Italstrade per il trasporto, gli oneri di discarica e lo stesso smaltimento, e la spesa documentata, ma anche tra la cifra previsto per l’acquisto di conglomerati bituminosi, e quella che secondo gli inquirenti  fu documentata tra le spese.

 

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