CRONACA

Le terme “salvezza” del turismo, per Ischia un’occasione perduta?

Diverse strutture alberghiere del Paese puntano sulle cure termali per provare a rendere meno drammatici i bilanci di un anno di pandemia, che ha squassato l’industria turistica. Sulla situazione isolana abbiamo ascoltato alcuni addetti ai lavori

Che il turismo sia stato uno dei settori maggiormente colpiti dall’epidemia da covid-19 è noto a tutti. La difficoltà di spostamento recide alla base le potenzialità di uno dei pilastri dell’economia, non solo isolana. E in un momento nerissimo come questo c’è chi si arrangia sfruttando le possibilità residue consentite dalle norme e da alcune peculiarità. Una di esse è il turismo termale e curativo, che per decenni è stato uno dei biglietti da visita dell’isola d’Ischia anche ben prima del “boom” turistico degli anni ’50-’60. È quello che hanno fatto e stanno facendo numerose strutture alberghiere d’Italia dotate di terme, puntando su offerte che valorizzano la possibilità di trattamenti fisioterapici e curativi, in quanto diversi hotel sono presidi medici: quindi è consentito lo spostamento con una prescrizione medica per cure termali di balneoterapia redatta dal proprio medico curante, o anche un’autocertificazione per viaggio per motivi di salute con menzione della balneoterapia con finalità preventive e profilattiche, terapie per le quali diverse strutture sono regolarmente autorizzate.

In sostanza, si sceglie la zona e trovare l’albergo adatto e con la semplice autocertificazione, o ancora meglio con la prescrizione del medico, è possibile andare in vacanza in un’altra Regione. Il DPCM stabilisce infatti che si possano valicare i confini per «comprovati motivi di lavoro, salute o necessità».

Naturalmente non è tutto così semplice, come spiega Giuseppe Di Costanzo, presidente dell’Associazione Termalisti Ischia: «Anche sull’isola è stata usata questo tipo di offerta, visto che le terme, in quanto dal punto di vista sanitario sono un presidio LEA, cioè di livello essenziale di assistenza, quindi non possono essere costrette alla chiusura.

Giuseppe Di Costanzo: «Nell’anno appena trascorso a Ischia il fatturato termale c’è stato, seppure non alto come in passato»

Quindi le terme, inteso come esperienza curativa, sono consentite, al contrario dei “centri benessere”: anche se secondo l’Oms ciò che concorre al benessere psicofisico viene considerato “salutare”, essi sono soggetti ad altre normative e possono operare soltanto in determinati periodi e per determinate cure. In alcuni Paesi europei, dove le cure termali non sono considerati come livelli essenziali di assistenza, gli stabilimenti termali sono stati chiusi. A Ischia nell’anno appena trascorso il fatturato termale c’è stato, seppure non molto alto come in passato».

Ovviamente non si deve pensare che un’offerta termale possa essere considerata come un modo per aggirare le norme anticontagio: «Si tratta di una funzione esclusivamente sanitaria – aggiunge Ermando Mennella, vicepresidente di Federalberghi Ischia – quindi chi arriva in un albergo dotato di terme lo fa per motivi di salute, per curarsi, non per turismo. A Ischia le cure termali sono state spesso intese come qualcosa di “ludico”, ma in realtà è sempre un trattamento sanitario, ecco perché con un’autocertificazione o con una prescrizione medica ci si può spostare da una regione all’altra anche in periodo di pandemia.

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Ermando Mennella: «illusorio pensare di usare l’espediente delle cure termali per salvare l’attività turistica in forte crisi, mentre non c’è alcun aiuto da parte dello Stato. Purtroppo noi ischitani siamo i primi a non credere nelle terme come reale fonte di ricchezza»

È illusorio pensare di usare tale “espediente” per salvare l’attività turistica, che è sostanzialmente ferma, il settore è in forte crisi, e non c’è alcun aiuto da parte dello Stato. In questo contesto, si potrebbe pensare a incentivare a sottoporsi alle cure termali gli stessi isolani che ne hanno bisogno. Purtroppo noi ischitani siamo i primi a non credere nelle terme come fonte di un’economia reale, nemmeno quando erano migliaia le persone che venivano a curarsi sull’isola».

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Eppure, proprio in un momento di profonda crisi generale, le terme avrebbe potuto essere qualcosa a cui aggrapparsi per mantenere, anche se in un settore di nicchia, un minimo di economia utile. «Certo, ma non è affatto facile – spiega l’ingegner Giancarlo Carriero, patron del celebre Hotel della Regina Isabella – perché parliamo sempre di attività invernali che sull’isola non hanno mai avuto vita agevole.

Giancarlo Carriero: «L’insularità complica l’ipotesi del termalismo invernale, parallelamente da anni si parla di allungamento della stagione turistica, ma tutto è reso ancora più difficile dalla pandemia»

E allargando il discorso dal termalismo al turismo tout-court sappiamo bene che, se finora è stato difficile provare ad allungare la stagione turistica al periodo invernale, adesso in piena pandemia un discorso del genere è ancora più arduo, se possibile. Di certo influisce anche l’insularità: chi ha bisogno di cure termale dal punto di vista sanitario sceglie generalmente strutture più agevolmente raggiungibili, rispetto a un’isola come la nostra. Si pensi a persone di una certa età, che magari d’inverno per le proprie cure deve scegliere una località che dal punto di vista logistico è meno impegnativo raggiungere». Insomma, mai come in questo caso, tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, e una volta di più il covid-19 non ha fatto altro che rendere più evidenti certe carenze mai realmente affrontate negli anni in cui una pandemia sembrava ancora pura fantascienza.

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