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Caremar, un lavoratore: ci hanno tolto anche il diritto al posto

Dalla Redazione

 

ISCHIA – Il 16 novembre è vicino e i lavoratori della Caremar sembrano non mollare di un millimetro sulla scelta di intraprendere una protesta che si prospetta lunga ed agguerrita. Infatti, dallo scorso 6 novembre, data in cui il tavolo delle contrattazioni tra Caremar e i sindacati Federmar Cisal e Ugl Trasporti si era concluso con un nulla di fatto, la società, ormai parte del gruppo Snav-Rifim, non ha dato segni di apertura.

Uno dei dipendenti Caremar ci ha raccontato i motivi che hanno portato ad indire lo sciopero di lunedì e ci ha spiegato quali sono le rivendicazioni dei lavoratori.

«Siamo partiti da una gara a doppio getto, cioè: da una parte c’erano 6milioni di euro che bisognava versare al Ministro delle Infrastrutture per prelevare la Caremar e dall’altra i soldi che servivano per mandare avanti la società ogni anno, da premettere che la Caremar ogni anno riceveva dallo Stato per coprire i servizi essenziali, 19milioni e 800mila euro» ha esordito il dipendente. «La gara è stata fatta a ribasso e con circa  10-11 milioni di euro è stata vinta. A questo punto però, i conti non quadrano più e quindi viene chiesto a noi lavoratori di pagarne il prezzo, per poter rientrare nel budget. La società ha deciso, per tanto, di cambiare la nostra turnistica, che per altro era stata proposta in deroga del Ministero del Lavoro, per permetterci di svolgere il nostro lavoro in modo dignitoso. I nostri turni vanno dalle 14 alle 16 ore al giorno, la società con degli escamotage ha fatto si di ridurre l’orario di lavoro effettivo, scorporando i cosiddetti tempi morti, cioè ad esempio, il tempo in cui la nave è ferma al porto per trenta minuti, contandoli come se si trattasse di tempi di riposo- ha spiegato la nostra fonte- io però assicuro che in quei trenta minuti, a bordo, non riposa nessuno: i marinai fanno le pulizie, in sala macchina si continua lavorare per mettere a posto i generatori, il comandante e il direttore continuano con il loro lavoro senza sosta, ci vorrebbe addirittura qualcun altro a darci una mano. In questo modo-ha continuato il lavoratore- sono scesi a 12-13 ore di lavoro al giorno, cambiando la turistica. Cioè, se prima c’era un rapporto di lavoro 1:1 cioè, un giorno di lavoro di 14-16 ore e un giorno a casa, gestiti in modo da lavorare 4 giorni consecutivamente a bordo, per poi avere i 4 giorni successivi di riposo, compensando le ore in più fatte a bordo, ora invece, per ridurre il personale, questo turno è stato disatteso ed oggi, il personale si trova a fare 7 giorni a bordo ed 1 a casa. Prendiamo una giornata tipo di un comandante che lavora sette giorni a bordo per 12-13 ore, deve essere sempre vigile al 100% dovendo avere a che fare con il traffico, il cattivo tempo, le manovre, oppure d’estate con il continuo carico di auto, camion, passeggeri. Inoltre, a volte questo giorno di riposo non è neanche continuato perché, le navi non sono come le auto che, per dire, si fermano ad Ischia e in questo modo l’equipaggio va  a casa. Le navi possono fermarsi anche a Napoli o a Capri. Quindi se ad esempio ti capita di smontare a Capri, devi rimanere a Capri, ritornando a casa solo l’indomani mattina, quando poi magari il turno della mattina successiva parte da Napoli, quindi in quella giornata devi imbarcarti nuovamente per trovarti a Napoli. In pratica, non si smonta mai. Per altro quando si smonta e si scende a terra ad esempio a Procida, a Capri o a Napoli, noi non sappiamo dove andare, non ci viene garantito né un alloggio per la notte, né un luogo dove pranzare o cenare. Siamo praticamente abbandonati sulla banchina- ha raccontato il dipendente- ma per loro noi siamo in riposo. Stanno mettendo anche in discussione il nostro diritto al pasto».

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Il problema però non si limita esclusivamente al cambiamento dei turni, ma alla stessa forma contrattuale che è stata proposta ai lavoratori: «Loro vorrebbero farci fare 4-5 mesi in questo modo assurdo e poi 2 mesi a casa, non pagati per altro. Perché in tutto ciò, questi signori vorrebbero anche toglierci i contratti a tempo indeterminato, che siamo riusciti ad ottenere dopo una causa durata circa due anni e pagando 6-7mila euro di spese, in quanto in 15 anni la Caremar, non ci ha mai garantito l’indeterminato. Quindi- ha spiegato- si vorrebbero eliminare i contratti a tempo indeterminato, procedendo ad una nostra retrocessione, cosa che non ci garantirebbe il reintegro a conclusione dei 4 mesi. Molti di noi lavorano in Caremar da oltre 15 anni, quest’azienda l’abbiamo mandata avanti noi, con i nostri sacrifici, e adesso ci troviamo in questa situazione allucinante».

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Il carico di lavoro a cui verrebbero sottoposti i dipendenti e i nuovi turni, inoltre, andrebbero a ridurre la sicurezza a bordo: «Ovviamente, in questo modo si mette in discussione anche la sicurezza della nave, perché la nave ha diverse problematiche: motore, generatore, ecc. Se io, mentre sto facendo un lavoro, devo smontare e risalire su un’altra nave, dovrò dire alla persona che mi sostituirà cosa stavo facendo e allo stesso modo un’altra persona, sulla nave dove salirò, dovrà lasciare il lavoro che stava facendo. Chi si occupa di gestire questa situazione? Si arriverà nel giro di tre, quattro mesi che le navi saranno allo sfascio. Si sta assistendo ad una spersonalizzazione del lavoro che porterà anche ad una perdita di sicurezza del natante.

Per cui non ne facciamo una questione di soldi-ha dichiarato il dipendente- anche se poi si procederà anche al taglio degli stipendi, siamo già stati avvisati che dal 31 dicembre sarà disdetta tutta la contrattazione integrativa, come per esempio gli straordinari».

«Non capisco come nel 2015 le autorità competenti permettano tutto questo- ha commentato stupito- perciò abbiamo deciso di scioperare. Il 16 novembre inizieremo lo sciopero che poi andrà ad oltranza. Noi a questo punto, se loro hanno intenzione di andare avanti con questo atto di forza, chiediamo che venga applicato il contratto nazionale di lavoro, il quale prevede che qualsiasi lavoratore marittimo deve lavorare 8 ore. Cosa che a loro, in ogni caso, non sta bene, perché gli servirebbe più personale. Per altro- conclude la nostra fonte- posso dire che siamo sottoposti ad un vero e proprio ricatto, nel senso che chiunque si interessi di questioni sindacali o cerchi di denunciare quello che succede, parlandone ad esempio con la capitaneria di porto, rischia di essere mandato a casa, in licenza».

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