LETTERE E MIRACOLI DEL SANTO
LETTERA DI SAN GIOVAN GIUSEPPE AL FRATELLO TOMMASO ANTONIO CALOSIRTO -“Apprendo da fra Rufino che ad Ischia vi sono delle tribolazioni. Questa cosa non mi fa meraviglia, poichè quando il fuoco cova in un posto, non può stare molto tempo senza esalare! E piacesse a Dio che il fuoco di Ischia fosse solo materiale, causato dalle esalazioni sulfuree di cui è piena! Ma poveri isolani, che non conoscendo questo fuoco ne accendono uno sempre nuovo con il vento della superbia, tirato fuori dalla pietra infernale dell’odio, che produce continuamente scintille e si va accendendo dappertutto, per trovare legna secca pronta a bruciarsi. Se pensassero ai loro antenati e vedessero gli incendi che patiscono e patiranno all’Inferno, come cesserebbero di soffiare quel vento e di suscitare scandalo.
Dove ha regnato questo vizio, vi è un segno molto chiaro: si fa il contrario di questo, cioè non si fa del bene a chi ti fa del male e non si ama col cuore chi ti odia.” […] – (lettera di San Giovan Giuseppe al fratello Tommaso Antonio Calosirto – 22 novembre 1695)
LETTERA DI SAN GIOVAN GIUSEPPE ALLA FAMIGLIA – “Vi lascio a Dio. Non mi scrivete più. Mondo addio! Ischia addio! Madre, fratelli, amici, addio! Voglio solo godere del mio Crocifisso Gesù e della sua Santissima Madre Maria mia protettrice e Madre. Iddio vi benedica e consoli tutti”.
(1669 – Carlo Gaetano Calosirto . Novizio Alcantarino – Frate Giovan Giuseppe della Croce)
I MIRACOLI DEL SANTO – FRATE CENTO PEZZE . “Lasciate stare questi stracci, sono l’abito del mio sposarizio con Cristo” , così San Giovan Giuseppe della Croce rispondeva ai confratelli ed alle persone con cui si intratteneva, quando gli chiedevano se era il caso o meno di indossare un nuovo mantello che lo potesse meglio riparare dal freddo e dal vento. La frase storica del Santo, relativa al suo famigerato mantello, ha cavalcato i tempi ed impressionato le giovani generazioni sane di oggi , abituate ad altri agi, ma sempre più coscienti che seguendo l’esempio di San Giovan Giuseppe, i valori della vita corrente possono in positivo raggiungere altezze inimmaginabili. In pratica non sarà semplice , ma almeno idealizzando il messaggio francescano del Santo concittadino, la vicinanza a San Giovan Giuseppe è avvertita più tangibile, specie in questi giorni di festa dedicati al Santo.
MIRACOLO PER IL FIGLIO DI 4 ANNI DELLA MARCHESA SPADA – Nella rappresentazione della vita del Santo piena di miracoli, c’è un episodio di una spiccata morale che lascia riflettere, che riguarda una nobildonna napoletana, la Marchesa Spada di cui Frate Giovan Giuseppe era il confessore preferito. La marchesa Spada aveva perso un figlio di 4 anni a causa del vaiolo. Lo amava tanto che pregò il Santo di restituirglielo vivo,benché le avesse predetto che, crescendo, sarebbe diventato la vergogna della famiglia. Fra Giovan Giuseppe ordinò ai domestici si somministrargli un cucchiaino di manna di San Nicola. Ma essi non riuscirono ad aprirgli la bocca. Il Santo allora pregò e poi disse al defunto; “Gennarino, per santa obbedienza, apri la bocca e prendi la manna”. Il morticino risuscitò, crebbe, divenne un impenitente giocatore, finì in prigione e in esilio. Morì mendico, dando tuttavia segni di pentimento, come era stato predetto.
IL MIRACOLO DEI MULI CHE LO INVESTIRONO – Fra Giovan Giuseppe dal benefico influsso della sua protesta taumaturgica non escluse se stesso. Un giorno incontrò per Napoli una salmeria di muli. Nell’atto di scansarli, il corpo non gli ubbidì con agilità, ed egli cadde sotto lo zoccolo di uno di quegli animali. Furono subito avvertiti i suoi confratelli dell’incidente che gli era occorso e pregati di mandare una barca al Molo Piccolo, dove si pensava di trasportarlo. Il Santo, non volendo essere preso in braccio, si segnò il piede contuso e, come se nulla fosse stato, riprese il cammino.
IL MIRACOLO DEL SUO BASTONCINO
Un’altra volta era andato in Duomo a baciare l’ampolla contenete il sangue liquefatti di San Gennaro. Per la grande folla che lo urtava, da ogni parte, gli cadde di mano il bastone e non gli fu più possibile riprenderlo. Trasportato dalla ressa sotto il pulpito, mormorò: “ San Gennaro mio, io non voglio andare in carrozza, non voglio andare in calesse, non voglio andare in sedia all’ospizio di Ghiaia, ma senza la mazza come farò ?”. Non aveva ancora terminato l’orazione che vide il bastone venire verso di sé volando sulle teste della folla trasecolata.
IL MIREACOLO DELLA FARINA – Grazia Negra, nel giorno stesso della sepoltura di padre fra Giovan Giuseppe della croce, ebbe modo di sperimentare un miracoloso pezzetto del suo abito. Donna Negra era solita, con 28 libre di farina, farne circa 33 di pane. Accadde che per abbondanza di acqua la farina divenne molto liquida, non avendo neppure altra farina da aggiungere. Fu così che invocò il Servo di Dio e con fede viva pose un filo del suddetto abito nella pasta. Questa nel punto stesso si rese prodigiosamente dura, ma il miracolo venne moltiplicato poiché dopo che l’impasto diventò pane il peso era di 14 libre in più elle volte precedenti.
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