CULTURA & SOCIETA'

MOLTO FREDDO, MOLTO SECCO CON LIME. Tra l’assurdo e la realtà c’è la vana speranza

Di Lisa Divina

Nell’isola dove il buon senso si nasconde dietro le palme, uno Scorretto si pone la domanda “A che servono i giornali se a Ischia tutto resta com’è?”. I giornali? Beh, Amico mio, sono come gli ombrelloni sulla spiaggia: colorati, spesso inutili e, alla fine della giornata, tutti piegati dal vento della disillusione. Gettando un’ombra timida sulle promesse mai mantenute dal “sistema chiuso “governato” da sei o più sistemi differenti”, è come se avessimo un’orchestra di sei direttori che suonano ognuno una sinfonia diversa. Il risultato? Un caos armonico come un concerto di clacson in un tunnel. E “le “azioni mancate” per il bene comune?” Ah, quelle sono come le conchiglie sulla spiaggia: sembrano belle, ma alla fine ti tagliano i piedi. Ma poi, chi ha bisogno di piedi quando puoi navigare nel mare delle promesse inquinate. Ma oramai troppi eventi sull’isola si consumano nel disastroso finale del disincanto, lasciandoci scioccati dall’esodo inaspettato che spezza tutte le speranze riposte. Sì perché sulle nostre mensole invece di progetti da coltivare riponiamo mere speranze. Anche quando ci sono casi gravi, come bambini che fingono di essere adulti, ci vestiamo di buonismo e ci mobilitiamo nell’ipocrisia, facendoci sfuggire, forse, dettagli che potrebbero, poi, risultare fatali. Ma che ne sappiamo noi di cosa accade a casa degli altri? No, quello immaginiamo di saperlo e come! Anzi non ci importa quello che il tizio scrive sul giornale perché è noioso, ma, invece, ci diverte (confessiamolo) entrare nel merito di cosa è giusto e cosa è sbagliato nelle case altrui o addirittura nelle loro vite. Sindachiamo scelte incomprese e premiamo gesti mai manifesti, solo perché ci piace immaginare che le cose siano come ci convinciamo che siano. Ma leggere con comprensione l’articolo del tizio-giornalista che ha ricercato informazioni, ha studiato i dati e ha proposto una sua analisi sulla base delle esperienze, diventa uno sport per pochi che rimangono invisibilmente emarginati ai confini tra l’assurdo e la realtà.

Il cuore si stringe nel dolore comune e viscerale che la tragedia manifesta in tutti noi, per questo va preso atto (magari nel rispettoso silenzio) che le cose non sono come immaginiamo solo perché abbiamo così ben sperato. La realtà è truce e scioccante qualsiasi possa essere la narrazione che la porta al suo epilogo. Il dolore è reale quanto il fatto stesso che così è. Le domande? Ebbene quelle fanno e faranno sempre la differenza, invece di porre risposte ingiuriose come puntassimo scommesse su chi è andato più vicino al risultato, dovremmo porci domande oggettive che anelino alla verità senza sperare in questo o quello. L’unica domanda dovrebbe essere: Qual è la verità? Cos’è reale? Quali sono i fatti? É solo cercando onesta risposta a queste domande che si può porre contributo concreto alla semina di un’osservazione oggettiva, mirata allo sviluppo attivo di un finale quanto più dignitoso possibile a conti fatti. Potremmo cogliere l’attimo di lucidità generato dallo shock per renderci consapevoli della scomoda realtà invece di giacere chiusi nel tepore delle nostre false convinzioni. Dovremmo incendiare i cuori di nuove esperienze invece di accendere futili lumi e menti di speranze morte.

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