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Nel nome del padre (e del figlio), così si snoda la politica ischitana

ISCHIA. Nel nome del padre. E del figlio, possiamo tranquillamente aggiungere. All’appello manca soltanto lo Spirito Santo, a tanto nessuno potrebbe avere la presunzione di poter arrivare. Per adesso almeno, fermo restando che alla Provvidenza mai bisogna mettere limiti. Il fatto è che alcuni episodi accaduti di recente non soltanto confermano come sulla nostra isola le nuove generazioni stentino ad emergere ed a soppiantare padri e (in alcuni casi) nonni, ma addirittura siano “schiavi” degli stessi, dai quali finiscono con l’essere utilizzati come semplici pedine. L’ultimo caso accaduto ad Ischia riteniamo sia la punta dell’iceberg ed in alcuni casi con tanto di recidività. Protagonisti sono due giovani isolani, peraltro anche due giovani professionisti, non certo gli ultimi arrivati. Partiamo da Antonio Mazzella, il quale si immola sull’altare della patria: gli interessi di famiglia prima di tutto e allora fa niente il fatto che in consiglio comunale si sia approdati con il voto di cittadini che ti hanno spedito in minoranza: Ischia Ambiente, un assessorato, un po’ di marketing turistico per rilanciare l’isola e qualche spicciolo ancora da definire valgono bene una messa, pardon un salto della quaglia. Antonio è un giovane alla prima esperienza politica, la speranza è che Enzo Ferrandino tenga a lungo in piedi la sua nuova maggioranza altrimenti si sarà “bruciato” dopo appena un anno di rodaggio nel civico consesso.

Ma c’è un caso ancora più eclatante e che davvero meriterebbe un’analisi sociologica prima ancora che politica. Parliamo di Roberta Boccanfuso, il cui nome per la seconda volta nel giro di un anno torna a “risuonare” alle cronache isolane. Succede che nella trattativa che porta Mazzella in maggioranza si inserisca anche l’ex vicesindaco d’Ischia Luigi Boccanfuso, che ottiene così di poter scegliere un assessorato in quota rosa. E, naturalmente, pensa l’interessato, chi meglio della figlia? Che così si ritrova in giunta di punto in bianco, senza nemmeno sapere come. Per carità, non è certo la prima volta che si verifica un caso del genere e magari non sarà neppure l’ultimo, ma come dimenticare il clamoroso precedente del 2017? Un nugolo di esponenti politici sposa la causa del candidato sindaco Gianluca Trani ma alcuni pezzi da novanta stagionati (eccezion fatta per Carmine Bernardo), decidono di tirarsi fuori. Succede pure che Salvatore “Bambeniello” Mazzella e Luigi Boccanfuso candidino come consiglieri comunali il figlio Antonio e la figlia Roberta. Ebbene, durante la campagna elettorale proprio quella Roberta Boccanfuso non sarebbe mai salita su un palco né tantomeno avrebbe proferito una sola parola durante un comizio, né si sarebbe resa artefice di una sola iniziativa. Microfono e luci della ribalta tutti per il papà: insomma, non proprio il massimo della vita per chi è una persona comunque competente, preparata e con delle peculiarità. Ma che oggi nessun addetto ai lavori ha mai visto mezza volta: lacuna che adesso finalmente verrà colmata, o almeno così dovrebbe essere, dopo aver ricevuto l’investitura ad assessore. Non vorremmo fare “invasione di campo” guardando anche all’alveo familiare, ma se poi ragioniamo sul fatto che un marito a Forio scende in campo con Stani Verde per combattere quello che definisce un “sistema” (evidentemente marcio) e dall’altro a dieci chilometri di distanza la moglie venga in soccorso per continuare ad alimentarne un altro evidentemente “poco ortodosso”, capirete come effettivamente qualcosa non va.

Ovviamente quelli che vi abbiamo citati sono soltanto due esempi, altrettanti anelli di una catena che certo non si esaurisce qui. Come dimenticare ad esempio Abramo De Siano che ovunque andava non mancava di sponsorizzare il figlio Ambrogio, altro valente professionista, e che a un certo punto ha candidato la figlia Valeria al consiglio comunale di Ischia “costringendola” – prima della sentenza del Consiglio di Stato che la estromise al posto di Maurizio De Luise – ad un estenuante tour de force tra Milano e l’isola verde per poter essere presente alle sedute di civico consesso. E ancora, per tornare a tempi più recenti, andate a vedere quanti “capoccioni” alle ultime elezioni amministrative (su tutti l’ex sindaco Franco Regine) hanno candidato nipoti, figli, parenti più o meno lontani o le classiche “teste di legno”. Poi però ci sono anche quelli che non hanno rivestito il ruolo di sparring partner ma le ombre paterne le hanno seguite e da protagonisti. Troppo facile pensare a Dionigi Gaudioso e Carmine Monti. I loro papà. Giosi e Luigi, “il professore” e “il tappo”, hanno rappresentato due icone della politica in quel di Barano e Lacco Ameno: il secondo purtroppo ci ha lasciato lasciando un vuoto incolmabile (era benvoluto da tutti) ma del primo la leggenda narra che all’ottantina abbondantemente superata nel Comune collinare non si muova una foglia – politicamente parlando – senza il suo placet. Insomma, casi in cui essere figli d’arte non era il massimo per emergere. Ma c’è anche chi ce la fa. Così, giusto per non raccontare soltanto storie imbarazzanti, che la dicono lunga sulla lenta discesa negli inferi del nostro tessuto politico. E dunque, di rimando, sociale.

Gaetano Ferrandino

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