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Ore d’attesa per il futuro del porto turistico di Lacco Ameno

Ieri mattina davanti al Consiglio di Stato è stato discusso il ricorso del Comune contro l’ordinanza cautelare del Tar che aveva consentito alla Marina di Capitello di mantenere la gestione della struttura nonostante la scadenza della concessione

Ore di attesa a Lacco Ameno. È stato discusso ieri mattina davanti al Consiglio di Stato il ricorso del Comune contro l’ordinanza cautelare del Tar che aveva consentito alla società Marina di Capitello di mantenere la gestione del porto turistico, nonostante la scadenza della concessione. Ovviamente nessuno si sbilancia sul possibile esito, che però non dovrebbe tardare a essere reso noto. I legali di fiducia dell’ente si sono riportati alle motivazioni contenute nell’atto d’appello, contestando innanzitutto la mancanza di giurisdizione dei giudici amministrativi di primo grado.

La vicenda è ormai nota. Il Comune intende riprendere il controllo dell’importante infrastruttura, controllo finora rimasto nelle mani della società Marina di Capitello Scarl, già concessionaria del porto turistico lacchese in virtù di una convenzione quinquennale, ma scaduta lo scorso 9 giugno. Tale convenzione peraltro era già stata considerata risolta dal Comune durante il mandato del Commissario Prefettizio, visto l’inadempimento da parte della società, che non aveva versato i canoni annuali all’ente. Il provvedimento di risoluzione per inadempimento era stato contestato dalla società, ma dopo due decisioni cautelari a favore, il ricorso era stato definito nel merito con la dichiarazione di difetto di giurisdizione da parte del Tar. Dal momento che la società non aveva riassunto il giudizio nei termini di legge, le misure cautelari erano decadute, quindi la risoluzione per inadempimento era tornata immediatamente ad essere efficace. Anche in virtù di tale risoluzione, che ai sensi del codice civile opera automaticamente, secondo il Comune non ci sarebbe stata alcuna possibilità di invocare e applicare il cosiddetto Decreto Cura Italia per concedere una proroga semestrale alla società concessionaria, consentendole di gestire per un’altra stagione turistica l’infrastruttura portuale. Inoltre la Società, pur avendo proposto giudizio arbitrale, non aveva però richiesto al tribunale ordinario misure cautelari per paralizzare l’efficacia del provvedimento di risoluzione per inadempimento, che quindi è tuttora valido ed efficace.

I legali di fiducia del Comune puntano sulla carenza di giurisdizione del Tar nel concedere misure cautelari nella fase esecutiva della convenzione con la società, da considerarsi risolta per inadempimento: il concessionario non aveva versato il canone annuo

Tuttavia il “cuore” del ricorso del Comune è costituito dalla sostanziale contraddittorietà della pronuncia del Tar, che da parte sua aveva già dichiarato con apposita decisione la propria carenza di giurisdizione, mentre successivamente ha adottato due provvedimenti di sospensione, motivandoli in maniera incoerente e appunto contraddittoria con la precedente decisione. I legali del Comune, gli avvocati Lorenzo Lentini e Nicola Patalano, nell’appello hanno evidenziato che in quella sentenza i giudici amministrativi di primo grado avevano “ritenuto che la cognizione sulle vicende del rapporto convenzionale esistente inter partes sia demandata al giudice ordinario”, e facendo riferimento a numerose pronunce del Consiglio di Stato, hanno sottolineato che la controversia in questione relativa alla scadenza della convenzione, alla non applicabilità del regime di proroga legale (art. 103 D.L. 18/2020, decreto “Cura Italia2) e all’inammissibilità di rinnovo/proroga negoziale, investe la fase esecutiva del rapporto convenzionale, senza esercizio di poteri autoritativi.

Conseguentemente il Tar non avrebbe cognizione sugli atti impugnati, proprio perché non poteva eludere la sua precedente decisione, dopo aver contraddittoriamente dato atto nella stessa ordinanza appellata della competenza del Tribunale ordinario e della pendenza del giudizio arbitrale tra le stesse parti.

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È su questa contraddizione che il Comune punta a veder riconosciute le proprie ragioni, in quanto la carenza di giurisdizione non può essere superata invocando i poteri cautelari del Tar, come del resto è previsto dal codice del processo amministrativo. Il difetto di giurisdizione esclude la concessione delle misure cautelari, visto che spetta al giudice ordinario ogni competenza cautelare quando pende un giudizio arbitrale (come è nel caso in questione). In sostanza, si sarebbe verificata una sorta di “invasione di campo”, perché se il rapporto tra Comune e società era già stato risolto come stabilisce il codice civile, era impossibile “conservarne” gli effetti, come invece il Tar ritenuto di fare.

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Il Tar aveva riconosciuto con una precedente sentenza pronunciata tra le stesse parti che le vicende relative al rapporto tra società e Comune sono demandate al giudice ordinario: gli avvocati dell’ente puntano su tale contraddizione

Comunque, pur senza considerare la risoluzione per inadempimento risalente all’estate 2020, il Comune ha rimarcato che la convenzione è poi scaduta irreversibilmente il 9 giugno. Un’estinzione naturale che supera ogni interesse a contestare la stessa risoluzione per inadempimento. Dunque, secondo i legali del Comune il Tar non poteva applicare alcuna proroga, e comunque già con una precedente decisione aveva dichiarato la propria mancanza di giurisdizione.

Ecco in sintesi il ricorso del Comune, che punta a veder definitivamente riconosciuto il proprio ruolo di unico concessionario del demanio portuale, e a non vedere pregiudicato in maniera irreversibile l’interesse pubblico specifico a gestire lo scalo, pregiudizio che già è stato arrecato con le varie concessioni di misure cautelari alla società durante l’estate scorsa, consentendo alla Marina di Capitello di mantenere tuttora la gestione del porto. Al di là dell’esito dell’attuale procedimento, che resta di natura cautelare, la discussione del merito della vicenda è stata fissata dal Tar a fine marzo: una data che secondo alcuni potrebbe favorire la società nella prospettiva di strappare un’ennesima stagione di gestione con espedienti “cautelari”, in barba alle udienze giudiziarie amministrative e agli altri procedimenti in corso, quello davanti al giudice ordinario e quello dinanzi al collegio degli arbitri.

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