CRONACA

I fondi pensione crescono e rendono il doppio del TFR

Lo si evince dalla presentazione della relazione annuale legata all’attività svolta dalla COVIP nel 2021. Ecco tutto quello che c’è da sapere

Si è tenuta nei giorni scorsi la presentazione della Relazione annuale sull’attività svolta dalla COVIP nel 2021. Oltre a illustrare lo stato dei settori vigilati (fondi pensione e casse di previdenza) – le cui risorse hanno complessivamente superato 310 miliardi di euro riguardando circa undici milioni di soggetti tra iscritti e pensionati – il Presidente della COVIP, Mario Padula, si è soffermato sulle prospettive evolutive di tali settori, anche alla luce dell’attuale situazione.

I FONDI PENSIONE

L’offerta
Alla fine del 2021, i fondi pensione in Italia sono 349: 33 fondi negoziali, 40 fondi aperti, 72 piani individuali pensionistici (PIP) e 204 fondi preesistenti. Il numero delle forme pensionistiche operanti nel sistema è in costante riduzione. Oltre venti anni fa, nel 1999, le forme erano 739, oltre il doppio.

Gli iscritti e le adesioni
A fine 2021, il totale degli iscritti alla previdenza complementare è di 8,8 milioni, in crescita del 3,9% rispetto all’anno precedente, per un tasso di copertura del 34,7% sul totale delle forze di lavoro. Le posizioni in essere sono 9,7 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, che fanno capo allo stesso iscritto). I fondi negoziali contano 3,4 milioni di iscritti, quasi 1,7 milioni sono gli iscritti ai fondi aperti e 3,4 milioni ai PIP “nuovi”; circa 620.000 sono gli iscritti ai fondi preesistenti. Quanto ai divari di genere e generazionali, si confermano tendenze già documentate. Gli uomini sono il 61,8% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). La distribuzione per età vede la prevalenza delle classi intermedie e più prossime all’età di pensionamento: il 50,3% degli iscritti ha età compresa tra 35 e 54 anni, il 31,9% ha almeno 55 anni. Quanto all’area geografica, la maggior parte degli iscritti risiede nelle regioni del Nord (57%).

Risorse, contributi e prestazioni
Alla fine del 2021, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si attestano a 213,3 miliardi di euro, in aumento del 7,8% rispetto all’anno precedente: un ammontare pari al 12% del PIL e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. 2 I contributi incassati nell’anno sono circa 17,6 miliardi di euro, tornando a crescere su livelli precedenti la pandemia. Ne sono affluiti 5,8 miliardi ai fondi negoziali (+5,5%), 2,6 miliardi ai fondi aperti (+12,7%), 4,9 miliardi ai PIP (+6,8%) e 4 miliardi ai fondi preesistenti (+3,1%). I contributi per singolo iscritto ammontano mediamente a 2.790 euro nell’arco dell’anno. Il 27,2% del totale degli iscritti complessivi alla previdenza complementare (circa 2,4 milioni) non ha effettuato contribuzioni nel 2021. Oltre un milione di individui non versa contributi da almeno cinque anni. Su tale fenomeno, peraltro, incide in misura significativa il meccanismo delle adesioni contrattuali nei fondi negoziali, particolarmente con riguardo a settori, come quello edile, caratterizzati da elevata discontinuità occupazionale. Le voci di uscita per la gestione previdenziale ammontano a 11,4 miliardi di euro. Le prestazioni pensionistiche sono state erogate in capitale per 5,1 miliardi di euro e in rendita per circa 460 milioni di euro. I
riscatti sono pari a 2 miliardi di euro e le anticipazioni a 2,3 miliardi di euro, in gran parte riferite a spese sanitarie per l’acquisto o la ristrutturazione della prima casa. Nell’anno sono state erogati circa 1,3 miliardi di euro di rendite integrative temporanee anticipate (RITA), per lo più concentrate nei fondi pensione preesistenti.

L’allocazione degli investimenti
L’allocazione degli investimenti effettuati dai fondi pensione (escluse le riserve matematiche presso imprese di assicurazione e i fondi interni) registra la prevalenza della quota in obbligazioni governative e altri titoli di debito, per il 53,7% del patrimonio: il 16,8% sono titoli di debito pubblico italiano.
In aumento al 22,6% i titoli di capitale (rispetto al 19,6% del 2020) e anche le quote di OICR, passate dal 15,5 al 16%. I
depositi si attestano al 6,7%. Gli investimenti immobiliari, in forma diretta e indiretta, presenti quasi esclusivamente nei fondi preesistenti, rappresentano l’1,9% del patrimonio, sostanzialmente stabili rispetto al 2020. Nell’insieme, il valore degli investimenti dei fondi pensione nell’economia italiana (titoli emessi da soggetti residenti in Italia e immobili) è di 40 miliardi di euro, il 22,7% del patrimonio. I titoli di Stato ne rappresentano la quota maggiore, 29,6 miliardi di euro. Gli impieghi in titoli di imprese domestiche rimangono marginali, seppure in leggera crescita. Il totale di 4,7 miliardi è meno del 3 per cento del patrimonio: in obbligazioni sono investiti 3 miliardi, in azioni 1,7 miliardi. A questi si aggiungono gli investimenti domestici detenuti attraverso quote di OICVM, pari a 2,3 miliardi. Gli investimenti immobiliari in Italia risultano pari a circa 3 miliardi.

I rendimenti e i costi
Pur con un’elevata volatilità, l’andamento dei mercati finanziari nel 2021 è stato nel complesso positivo grazie alle iniziative messe in atto da governi e banche centrali per fronteggiare la pandemia, sostenendo la domanda a livello globale e alla diffusione dei vaccini, con il conseguente allentamento delle restrizioni. Ne hanno beneficiato anche i rendimenti dei fondi pensione. Al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali e i fondi aperti hanno avuto in media un rendimento pari, rispettivamente, al 4,9 e al 6,4 per cento; per i PIP “nuovi” di ramo III, il rendimento è stato dell’11 per cento.
Per le gestioni separate di ramo I, che contabilizzano le attività a costo 3 storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,3 per cento. Nello stesso periodo il TFR si è rivalutato, al netto delle tasse, del 3,6 per cento. Considerando gli ultimi 10 anni, il rendimento medio annuo dei fondi pensione negoziali è stato del 4,1 per cento, quello dei fondi pensione aperti il 4,6 per cento e quello dei PIP “nuovi” di ramo III il 5 per cento, mentre è stato del 2,2 per quelli di ramo I. Nello stesso periodo, la rivalutazione media annua del TFR è stata dell’1,9 per cento.
Nel 2021 è proseguito l’iter per l’introduzione dei Pan-European Personal Pension Products (PEPP), nuovi strumenti di previdenza complementare di tipo individuale. Il Regolamento europeo, approvato nel 2019, è in vigore dal mese di marzo di quest’anno.
Oramai è prossima l’emanazione del decreto legislativo di adeguamento della normativa nazionale. Nel convincimento che i PEPP possano svolgere un ruolo positivo nel sistema, intensificando la concorrenza e dunque migliorandone l’efficienza, la COVIP ha attivamente partecipato ai lavori, anche finalizzati, in sede internazionale, a disciplinare numerosi aspetti applicativi delle nuove disposizioni. L’auspicato positivo contributo dei PEPP al mercato nazionale presuppone un approccio equilibrato, già a partire dal modello di vigilanza: serve infatti una effettiva progressiva armonizzazione delle pratiche di vigilanza a livello europeo; occorre anche la chiara conferma, a livello nazionale, del modello già in vigore per le forme pensionistiche complementari di tipo individuale (fondi aperti e PIP), che prevede una competenza concorrente tra la vigilanza della COVIP, sulla natura previdenziale dei prodotti e gli aspetti connessi, e la vigilanza delle altre Autorità di settore, prevalentemente con finalità di stabilità delle imprese bancarie, finanziarie e assicurative. Con riguardo alla diffusione dei PEPP, svolgerà un ruolo importante anche il regime fiscale. In attuazione dei criteri previsti dalla Legge di delegazione europea 2019-2020, ai PEPP dovranno essere estesi benefici fiscali analoghi a quelli riconosciuti alle forme pensionistiche nazionali. Sarà importante calibrare i benefici in modo da realizzare un campo di gioco livellato in cui si possa pienamente dispiegare la concorrenza con i prodotti esistenti. In tale quadro, va fatta una riflessione attenta sull’applicazione del medesimo regime di agevolazioni a PEPP che adottino modelli non consentiti alle forme nazionali, quali le gestioni individuali di portafoglio. Le gestioni individuali, tipicamente più costose delle gestioni collettive e rivolte a una collettività più abbiente, non integrano quelle caratteristiche di accessibilità da parte di platee ampie e diversificate, che rendono meritevoli i prodotti previdenziali di un regime di agevolazioni.

Ads
Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex