CRONACAPRIMO PIANO

«Io, vittima degli hacker: così mi hanno derubata»

A Il Golfo la testimonianza di Arnalda Falco: con una telefonata truffatori professionisti di ultima generazione si sono introdotti all’interno del suo cellulare copiando i codici della sua carta e di fatto svuotandole il conto. Un racconto ricco di particolari e le tante ombre sull’episodio, poi denunciato alle forze dell’ordine

Per una volta è il caso di cominciare dalla fine. Perché, in una vicenda della quale ci siamo già occupati e che avrebbe dell’incredibile se non fosse che fatti del genere diventano sempre più frequenti, la morale è più importante di ogni altra considerazione: «Ci sono due cose sulle quali vorrei soffermarmi. La prima: mi reputo fortunata ad avere una famiglia alle spalle e un lavoro, oltre ad amici che mi hanno trasmesso serenità e invitato a stare tranquilla. Ma immagino se la mia disavventura l’avesse patita una persona più debole, e che magari se la passava male. Io non riesco a dormire e mangiare da giorni, una cosa del genere fa davvero male. A proposito, un’altra chiosa: a chi mi ha dipinto come un’ingenua non porto rancore, anzi auguro ogni bene…».

Chi parla è Arnalda Falco, vittima nei giorni scorsi di una incredibile truffa che ha visto ignoti (per adesso) svuotarle il conto corrente con una telefonata durata poco più di un minuto. Un’evoluzione delle truffe telematiche che si è poi scoperto essere stata perpetrata anche a danno di altri soggetti, in alcuni casi anche residenti sulla nostra isola. Riavvolge il nastro ed al cronista racconta ancora la sua (brutta) storia, partendo da come e quando ha scoperto di essere stata raggirata: «Giovedì scorso sono andata a pranzo a Ischia Ponte, quando si è trattato di pagare il conto ho utilizzato la mia carta di credito ma la transazione è stata rifiutata. La cassiera ha pensato al superamento del limite ma a me pareva impossibile. Comunque, uscita dal ristorante ho provato ad aprire l’app della mia banca col telefono cellulare ma mi sono accorta di non essere più collegata. Ho dovuto inserire nuovamente il codice ed il mio pin personale e mi sono ritrovata con il conto in rosso, completamente svuotato». Arnalda ha provato anche a capire cosa fosse successo, dopo aver sporto la regolare denuncia presso gli uffici del commissariato di polizia: «Ho contattato un autorevole esponente delle forze dell’ordine raccontandogli quanto mi era accaduto – spiega – e lui mi ha detto di aver letto recentemente sul Sole 24 ore delle nuove truffe che stanno mettendo in atto. Nuove tecniche di hackeraggio, con le quali di fatto ti “bucano” a tutti gli effetti il telefono. Non so come abbiano fatto ad intercettare la mia nuova carta di credito, durante la telefonata però di certo l’hanno attivata. Ho anche ricevuto una mail, alla quale però non ho dato peso».

Già, la carta di credito. Tutto è nato proprio quando si è trattato di sostituirla, e qui il racconto di Arnalda Falco si fa oltremodo interessante: «A inizio mese sono stata contattata dalla banca dopo che allo sportello automatico avevo provveduto a versare un assegno intestato alla mia persona. Il pomeriggio mi arriva una mail dicendo che io avevo effettuato l’operazione con una carta diversa dalla mia. Io mi insospettisco così come dinanzi a due telefonate, poi però riesco ad appurare che in effetti a contattarmi era stato davvero un dipendente della mia filiale. Mi reco in banca e mi viene sollevata la stessa obiezione, ma io mostra la marca facendo vedere all’interessato che è intestata a me. A quel punto la banca mi suggerisce di chiederne una nuova ed io ho provveduto». A quel punto, racconta ancora Arnalda, la situazione si fa ingarbugliata: «I conti cominciano a non tornarmi più: mentre facevamo la richiesta emerge un altro piccolo ostacolo. Sul mio documento era riportato il vecchio indirizzo dove abitavo prima, nel frattempo però ho cambiato casa e dunque loro hanno inserito il nuovo domicilio. Spiegando anche che, a seguito del covid, la carta non sarebbe più arrivata presso la filiale ma direttamente a casa. La sera ricevo una mail che parla di richiesta andata a buon fine, poi a quel punto mi arrivano due telefonate con prefisso 011, dunque Torino. Io non rispondo, pensando al solito call center che vuole proporre qualche tipo di abbonamento, poi ecco che arriva la terza telefonata da un dispositivo mobile con prefisso 350. A quel punto, dal momento che opero nel settore della ristorazione, rispondo ipotizzando che potesse trattarsi di una prenotazione. Dall’altra parte una voce si qualifica come operatore della banca, spiegandomi che stanno cercando di contattarmi da un numero fisso perché c’è un problema con la mia nuova carta che è tornata indietro. Mi dicono che riproveranno e che io devo rispondere, cosa che poi ho fatto». E, verosimilmente, è proprio nel corso di quella breve conversazione telefonica che i delinquenti eseguono la loro azione criminale all’insaputa di Arnalda Falco”.

«Ho una famiglia alle spalle e un lavoro, oltre ad amici che mi hanno trasmesso serenità e invitato a stare tranquilla. Ma immagino se la mia disavventura l’avesse patita una persona più debole, e che magari se la passava male. Io non riesco a dormire e mangiare da giorni, una cosa del genere fa davvero male»

Non finisce qui, perché la vittima della truffa telematica, dopo aver scoperto il raggiro, si è recata presso la sua filiale per chiedere spiegazioni. «Mi è stato detto che con ogni probabilità sono entrati nel mio telefono a causa di un virus – racconta – e sostenendo che l’errore era stato il mio. Addirittura mi hanno chiesto di visionare il cellulare, erano convinti che io avessi risposto a qualche messaggio favorendo così l’accesso degli hacker al dispositivo. Io non ho avuto problemi a far controllare il telefonino, spiegando anche di non aver mai inserito codici o quant’altro. Tra l’altro quando effettuo un pagamento tramite app o telefono mi arriva sempre il messaggio di conferma. Nel caso di specie, ovviamente, avendo il mio dispositivo hackerato finivano sui cellulari dei delinquenti». E così uno, due, più prelievi e l’operazione è stata portata a compimento. «Siamo risaliti ai movimenti, una serie di prelievi sono stati effettuati a Napoli presso la filiale di via Marina di Intesa San Paolo e quella di via Toledo del Monte Paschi». La speranza è che l’indagine possa portare all’individuazione dei responsabili ma è pura utopia credere di poter tornare in possesso del maltolto. Ma nel frattempo, dopo avervi raccontato questa storia, l’imperativo non può che essere uno: prudenza.

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