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Svolta condoni, via al rilascio senza l’ok della Soprintendenza

È un provvedimento in un certo senso “storico” quello emesso dal giudice Capuano alcuni giorni fa. Un provvedimento che potrebbe segnare una svolta di enorme importanza nel campo dell’edilizia e precisamente nell’annoso iter relativo all’esame delle numerose istanze di condono. Una materia che interessa direttamente o indirettamente la gran parte dei cittadini isolani, alle prese con una precarietà che coinvolge anche coloro che hanno i titoli per beneficiare degli effetti delle  leggi 47/1985 e 724/1994, quelle che sono comunemente conosciute rispettivamente come “primo” e “secondo” condono. Diversi uffici tecnici dell’isola attendevano una pronuncia dello stesso tenore dell’ordinanza emessa dal giudice penale della sezione distaccata del Tribunale di Ischia, il quale ha accolto il ricorso inoltrato da una cittadina di Barano contro l’ordine di demolizione inserito nel R.e.s.a. (il registro esecuzione sanzioni amministrative), stabilito dalla Procura della Repubblica di Napoli. All’origine della vicenda c’è uno dei tanti episodi di costruzione edilizia realizzata senza un originario e legittimo titolo abilitativo, per i quali la magistratura aveva fra l’altro stabilito con sentenza passata in giudicato la consueta intimazione alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi. Arrivò poi l’ordine di demolizione per le opere edilizie in questione, ma il destinatario  aveva a suo tempo depositato tempestivamente un’istanza di condono ai sensi della legge 724 del 1994.

Parallelamente erano stati compulsati gli uffici comunali affinché venisse sollecitamente esaminata la domanda di sanatoria perché, come ha ricordato lo stesso giudice Capuano nel provvedimento rifacendosi alla recente giurisprudenza,  «la sospensione dell’esecuzione [..] in attesa della definizione della procedura relativa al rilascio di un provvedimento di sanatoria, può essere disposta solo allorché sia ragionevolmente e concretamente prevedibile che in un breve lasso di tempo l’autorità amministrativa o quella giurisdizionale adottino un provvedimento che si ponga in insanabile contrasto con l’ordine di esecuzione».

Nel caso specifico, il responsabile paesaggistico del Comune di Barano aveva dato parere favorevole all’istanza di sanatoria, che poi come da prassi doveva essere esaminata dalla Soprintendenza: il via libera di quest’ultima è necessario affinché l’Ufficio tecnico comunale possa finalmente definire la domanda del cittadino, rilasciando il condono. Non si può dunque prescindere dall’autorizzazione della Soprintendenza.  Quest’ultima tuttavia non aveva emesso il responso né nei termini previsti dalla legge, né in seguito. L’inerzia della Soprintendenza, rimasta silente, ha indotto il responsabile paesaggistico del Comune a interpretare tale atteggiamento come un silenzio-assenso. In sostanza, la Commissione si è “surrogata” per così dire alla Soprintendenza in virtù delle sue competenze, comunque relative alla tutela del paesaggio, rilasciando l’autorizzazione paesaggistica. Sulla scorta di tale provvedimento, a sua volta l’Ufficio tecnico di Barano ha rilasciato il permesso a costruire in sanatoria. Ottenuto il sospirato titolo, il cittadino rappresentato e difeso dall’avvocato Michelangelo Morgera ha chiesto l’incidente di esecuzione, depositando il permesso dinanzi al giudice per dimostrare la legittimità del provvedimento ottenuto dal Comune di Barano, anche grazie alla consulenza del geometra Trani, e ottenere così la sospensione dell’ordine di demolizione.

Il giudice ha infatti il potere-dovere di controllare la legittimità dell’atto concessorio sia sotto il profilo dell’esistenza dei presupposti per la sua emanazione, sia sotto il profilo dei requisiti di forma e sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio. In mancanza di tali presupposti, il giudice è  tenuto a disapplicare la sanatoria. È facile comprendere che la decisione  del magistrato resta il vero sigillo della legittimità del titolo rilasciato dal Comune. C’era un precedente sfavorevole:  circa un decennio fa, sulla scorta dell’articolo 9 della legge regionale n.10 del 2004, alcuni Comuni rilasciarono una serie di concessioni in sanatoria, prescindendo dall’autorizzazione della Soprintendenza. Tuttavia, proprio a causa della mancanza di un esplicito provvedimento di quest’ultima, il giudice penale ritenne illegittimi quei condoni, che non videro applicazione pratica. Da quel momento, gli uffici tecnici comunali nell’esaminare ciascuna istanza  sono sempre rimasti prudentemente in attesa del via libera dalla Soprintendenza, non prendendo alcuna iniziativa anche in caso di prolungato e perdurante silenzio da parte dell’ente preposto alla tutela del paesaggio. La circostanza ovviamente creava di fatto un blocco dell’esame delle domande di condono, che non potevano essere definite dall’ufficio tecnico senza la parola risolutiva della Soprintendenza.

LEGGE MADIA. La chiave di volta è dunque nel diverso valore attribuito al silenzio della Soprintendenza, che fino a poco tempo fa era interpretato come un silenzio-rifiuto. Tuttavia l’entrata in vigore della cosiddetta “legge Madia”, la n. 124 del 2015, ha modificato tale interpretazione, introducendo il silenzio-assenso tra le amministrazioni pubbliche. All’articolo 3, che modifica la legge sul procedimento amministrativo n.241 del ’90, si legge infatti che «nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente», per poi stabilire che una volta  decorso tale termine senza che sia stato comunicato l’assenso, quest’ultimo è da intendersi come  acquisito. In pratica, per snellire i tempi procedurali e semplificare l’attività amministrativa, viene ribaltato il significato da attribuire all’inerzia dell’ente. È proprio tenendo presente tale norma che l’avvocato Morgera ha inoltrato la richiesta di incidente di esecuzione al giudice penale, auspicando l’applicazione della legge nel caso del proprio assistito. Il dottor Capuano, dopo l’analisi degli atti prodotti e richiamandosi a una lunga serie di pronunce della Corte di Cassazione, ha accolto il ricorso disponendo la revoca dell’ordine di demolizione  emesso dalla Procura.

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CONSEGUENZE. Di fatto, con questa decisione il giudice penale ha riconosciuto come pienamente legittimo un permesso di costruire in sanatoria basato sull’assenso del responsabile paesaggistico comunale, stante il perdurante silenzio della Soprintendenza. Le conseguenze sono facilmente prevedibili: numerosi uffici tecnici comunali, verosimilmente in attesa di una pronuncia giurisprudenziale in grado di sbloccare quella sorta di “imbuto” costituito dalla richiesta di autorizzazione paesaggistica rivolto alla Soprintendenza, potranno dare nuovamente impulso alla definizione delle istanze. Adesso, l’ordinanza di accoglimento emessa nel caso in questione può realisticamente segnare un precedente giurisprudenziale di capitale importanza, oltre che una significativa svolta per le migliaia di istanze di condono edilizio rimaste ferme in attesa di un cenno da parte della Soprintendenza, legittimando dunque le giustificate aspettative di tanti cittadini che ancora attendono un responso definitivo circa il destino del proprio patrimonio edilizio, anche dopo decenni.

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Francesco Ferrandino

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