ARCHIVIO 5POLITICA

Torre Saracena, i “conti” di Franco Regine: «Non potevamo fare di più»

 

Di Francesco Ferrandino

FORIO. C’è soprattutto sorpresa nelle reazioni dei protagonisti, ex amministratori della Torre Saracena, la società deputata alla gestione della raccolta dei rifiuti, ora in liquidazione, che nel 2007 fu chiamata a ereditare la già difficilissima situazione della progenitrice Pegaso spa, all’indomani della richiesta di deduzioni della Corte dei Conti, in modo particolare per le conclusioni a cui quest’ultima sembra arrivata. L’alta magistratura contabile pretende infatti spiegazioni su un danno erariale pari a quasi otto milioni di euro, una voragine creata dalle due società nei rispettivi anni di esercizio (dal 1991 al 2007 per la Pegaso, dal 2007 al 2010 per la Torre Saracena). Tuttavia la Corte, pur dopo aver tracciato la complessa vicenda societaria delle due aziende, in modo piuttosto sorprendente arriva a individuare i responsabili della pesantissima situazione debitoria nei componenti degli organi d’amministrazione della Torre Saracena, che di fatto si trovarono a ereditare uno scenario già decisamente compromesso dal punto di vista finanziario, oltre ad affermare erroneamente che tali soggetti fossero gli stessi amministratori della Pegaso, nonostante sia notoria la totale diversità dei consigli d’amministrazione delle due partecipate, di cui una (appunto la Pegaso) a capitale misto pubblico-privato, e l’altra, la Torre Saracena, che aveva come unico “padrone-committente” il Comune di Forio. All’epoca dei fatti, l’amministrazione comunale era guidata da Franco Regine, che ha dichiarato: «Premetto che della richiesta della Corte non ho ancora avuto formale conoscenza, e che ne ho avuto notizia soltanto leggendo il vostro giornale. In ogni caso, tengo a precisare che ogni provvedimento riguardante la società partecipata Torre Saracena, l’ho sempre adottato su mandato del Consiglio Comunale. Quindi mi sembra piuttosto strano che soltanto io venga coinvolto in questa vicenda, quasi il Comune fosse composto esclusivamente dal sottoscritto, o come se io fossi un dominus assoluto delle società partecipate». Lei era il legale rappresentante dell’ente: «Certo – continua l’ex primo cittadino – ma ogni passaggio societario, che fosse di fallimento o di costituzione di nuova società, è stato adottato sempre su mandato e con deliberazione del Consiglio comunale. Comunque, aspetto che mi notifichino personalmente la richiesta, per poter chiarire la mia posizione. Fra l’altro, la Torre Saracena è stata messa in liquidazione verso la metà del 2010, quindi i fatti in questione potrebbero essere già stati colpiti dalla prescrizione. Vedremo». La Corte dei Conti, nel documento, individua nel Comune, da Lei guidato all’epoca, un “cattivo socio” o anche un “cattivo pagatore”: «Guardi – riprende Regine – durante i miei anni al vertice dell’amministrazione, abbiamo preso numerose importanti decisioni, anche coraggiose, come quando ci siamo accorti che la Pegaso, con soci privati, accumulava debiti su debiti, e siamo passati alla costituzione di una società interamente pubblica. Quando abbiamo costatato che anche quest’ultima non era in grado di fermare l’emorragia, vista anche l’onerosità del servizio, abbiamo avuto il coraggio di passare a una conduzione totalmente privata: non mi sembra che gli altri comuni isolani abbiano ancora avuto l’ardire di prendere un’analoga decisione. C’è poi da considerare che l’onerosità del servizio venne accentuata dall’emergenza rifiuti, che richiese molto lavoro straordinario». Il presidente del consiglio, Michele Regine, afferma che il piano finanziario della società era fortemente sottodimensionato e inadeguato rispetto alle necessità del servizio, circostanza che venne più volte comunicata al Comune: «Il Comune aveva gravissimi problemi finanziari, è questo il motivo per cui non si poteva procedere a un esborso superiore a quello previsto dal capitolato: le difficoltà di bilancio non ci consentivano di rifinanziare ulteriormente la società. E se la Corte mi chiama in causa quale rappresentante dell’ente, dovrebbe coerentemente chiamare in causa anche i componenti del consiglio comunale e della giunta dell’epoca, visto che io sono stato in pratica un esecutore materiale degli atti deliberativi». Anche l’avvocato Cristiano Rossetti, all’epoca componente oltre che presidente del consiglio d’amministrazione della Torre Saracena, dichiara di non aver ancora ricevuto formalmente la notifica del documento da parte della Corte dei Conti: «Le dichiarazioni di Michele Regine (riportate ieri da “Il Golfo, ndr) mi trovano completamente d’accordo perché credo che abbiano centrato i nodi fondamentali della vicenda. Siccome non ho ancora letto il documento, da quanto ho capito non mi pare ci sia un addebito specifico nei confronti degli amministratori della Torre Saracena visto che, a quanto sembra, viene contestato soprattutto l’operato della Pegaso e del Comune. A noi viene contestata la responsabilità “morale” di non aver tenuto conto che il Comune fosse un “cattivo pagatore”, ma è chiaro che noi non potevamo avere formale contezza di questa caratteristica, che la Corte eleva a “parametro”, basato peraltro su un presupposto errato, cioè che noi fossimo gli stessi amministratori della Pegaso, cosa assolutamente e notoriamente inesatta. Quindi al momento ogni ulteriore commento mi sembra fuori luogo». Mancata notifica, per ora, anche per l’avvocato Ambrogio Del Deo, altro ex consigliere d’amministrazione della partecipata: «Noi componenti della Torre Saracena non abbiamo mai avuto nulla a che fare con Pegaso. Io – afferma Del Deo – fui “cooptato” all’epoca dal Sindaco come consigliere d’amministrazione, e sin da subito palesai la mia insofferenza verso le modalità di pagamento del Comune, al punto che sotto la gestione del presidente Fiorillo si addivenì non più a una mera azione stragiudiziale, bensì a intentare  vere e proprie cause contro il Comune, sia per il conferimento dell’aumento del capitolato sia per il recupero delle fatture emesse e non pagate. Abbiamo spesso avuto aspre controversie col Comune, per poter svolgere adeguatamente un servizio il cui committente era lo stesso ente: una situazione paradossale. Non si poteva certo “mangiare aragoste e pagare carne di maiale”,  come diceva in modo molto esemplificativo uno dei componenti del consiglio d’amministrazione, ora purtroppo scomparso. Accadevano episodi quasi incredibili». Ad esempio? «Ricordo una diatriba incentrata sul fatto che il Comune spesso emanava delle ordinanze dove ci obbligava a raccogliere determinati tipi di rifiuti, oppure in orari non previsti dal contratto: ebbene, i preventivi da noi redatti venivano approvati dal Sindaco mentre l’Ufficio Tecnico del Comune affermava che il primo cittadino non poteva approvarli né poteva emettere ordinanze contingibili e urgenti, ma nei fatti accadeva, e noi eravamo obbligati ad adempiere a tali ordinanze». Un corto-circuito istituzionale: «Sì, e tenga conto che eravamo in piena emergenza rifiuti: un eventuale rifiuto poteva anche significare beccarsi una denuncia per mancato adempimento di un ordine superiore: in quel momento il sindaco era un ufficiale di Governo, che si interfacciava direttamente col Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso. Non capisco come la Corte dei Conti possa addossarci responsabilità contabili altrui».

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex