CULTURA & SOCIETA'

Si celebra l’ascensione di Gesù al cielo con i credenti che mescolano fede e tradizione: questa mattina scatta l’usanza popolare tutta ischitana di lavarsi il viso nella bacinella di acqua ricolma di petali di rose

LE NUOVE GENERAZIONI COLGANO IL SENSO FASCINOSO DI QUESTO ATTO DEVOZIONALE E LO CONSERVINO PER LA FEDE DI CUI SONO ANIMATI - La trasmissione alle nuove generazioni delle antiche pratiche, popolari o religiose che siano, è un dovere per rispetto alla nostra storia e alla nostra millenaria cultura. Lavarsi il viso questa mattina con l’acqua benedetta e profumata di fiori significa glorificare l’Ascensione di Gesu’ in cielo e rimanere nella festa liturgica che coinvolge le famiglie che amano il senso della tradizione e lo spirito che l’accompagna

L’ ascensione, la festa di chiesa che tutti i credenti aspettano, almeno quelli che alla fede uniscono la tradizione che si fortifica in famiglia praticandola e da essa non ci si allontana. L’isola d’Ischia cattolica e devota da sempre segue i riti con manifesta passione specie quelli di maggiore suggestione. Giovedì 26 maggio scorso, per la Chiesa è stata ufficialmente l’ascensione di Gesù al cielo, una solennità che cade quaranta giorni dopo la Pasqua e che riveste una notevole importanza nella liturgia Cattolica, segnando la fine del soggiorno terreno di Gesù.

Con questa festa che da alcuni anni la chiesa celebra di domenica, ossia questa domenica a livello liturgico, si spegne e poi si mette da parte il cero pasquale, a testimonianza della dipartita di Cristo dagli Apostoli e dagli uomini. La tradizione vuole la che la sera della vigilia dell’ascensione, vale a dire ieri sera, venga lasciato sul davanzale delle finestre o in loggetta e balcone, per tutta la notte, un bacile d’acqua pieno di petali di rose, fiori e foglie di agrumi raccolti con cura nel proprio giardino o di quello del vicino. E’ credenza che Gesù, alla mezzanotte, salendo in Cielo alla gloria del Padre accompagnato dai suoi angeli, benedicesse le acque. E quindi secondo chi ci crede, Gesù stanotte lo ha fatto. Infatti questa mattina, è usanza che tutti i componenti della famiglia si siano lavati o si lavino il viso con l’ acqua benedetta in segno di purificazione. In passato, quando l’Ascensione coincideva con il giovedì, il rito si svolgeva in tale giorno della settimana e non di domenica, come da molti anni accade.

Per questo atto devozionale è anche bene sottolineare che lavare il viso con le rose risulta essere un’esperienza davvero gradevole e molto salutare per la pelle, che rimane naturalmente morbida e vellutata come pochi prodotti commerciali riescono a garantire, segno più meramente terreno della purificazione e rinascita spirituale cui la pratica religiosa rimanda. Riscoprire le antiche usanze comuni, anche e soprattutto quelle legate alla religione per i fedeli, rappresenta un’espressione di identità popolare. La trasmissione alle nuove generazioni delle antiche pratiche, popolari o religiose che siano, è un dovere per rispetto alla nostra storia e alla nostra millenaria cultura. Lavarsi il viso questa mattina con l’acqua benedetta e profumata di fiori significa glorificare l’ Ascensione di Gesu’ in cielo e rrimanere nella festa liturgica che coinvolge le famiglie che amano il senso della tradizione e lo spirito che l’accompagna.

Le nuove generazioni colgano il senso fascinoso di questo atto devozionale e lo conservino per la fede di cui sono animati. La festività dell’Ascensione è molto antica e viene attestata già a partire dal IV secolo. Per la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti, l’Ascensione si colloca di norma 40 giorni dopo la Pasqua, cioè il giovedì della sesta settimana del Tempo pasquale, ovvero quello successivo alla VI domenica di Pasqua. Nel Credo degli Apostoli viene menzionata con queste parole: «Gesù è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine». Nella Chiesa ortodossa l’Ascensione è una delle 12 grandi feste. La data della celebrazione è stabilita a partire dalla data della Pasqua nel calendario ortodosso. Essa è conosciuta sia con termine greco Analepsis (salire su) sia con Episozomene (salvezza).

Quest’ultimo termine sottolinea che Gesù salendo al cielo ha completato il lavoro della redenzione. Più chiari ancora gli Atti, che nominano esplicitamente il monte degli ulivi, poiché dopo l’ascensione i discepoli «ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. La tradizione ha consacrato questo luogo come il Monte dell’Ascensione. Secondo una concezione spontanea e universale, riconosciuta dalla Bibbia, Dio abita in un luogo superiore e l’uomo per incontrarlo deve elevarsi, salire. L’idea dell’avvicinamento con Dio, è data spontaneamente dal monte e nell’Esodo (19,3), a Mosè viene trasmessa la proibizione di salire verso il Sinai, che sottintendeva soprattutto quest’avvicinamento al Signore; “Delimita il monte tutt’intorno e dì al popolo; non salite sul monte e non toccate le falde. Chiunque toccherà le falde sarà messo a morte”. Il comando di Iavhè non si riferisce tanto ad una salita locale, ma ad un avvicinamento spirituale; bisogna prima purificarsi e raccogliersi per poter udire la sua voce. Non solo Dio abita in alto, ma ha scelto i luoghi elevati per stabilirvi la sua dimora; anche per andare ai suoi santuari bisogna ‘salire’.

Ads

Così lungo tutta la Bibbia, i riferimenti al “salire” sono tanti e continui e quando Gerusalemme prende il posto degli antici santuari, le folle dei pellegrini ‘salgono’ festose il monte santo; “Ascendere” a Gerusalemme, significava andare a Iavhè, e il termine, obbligato dalla reale posizione geografica, veniva usato sia dalla simbologia popolare per chi entrava nella terra promessa, come per chi ‘saliva’ nella città santa. Nel Nuovo Testamento, lo stesso Gesù “sale” a Gerusalemme con i genitori, quando si incontra con i dottori nel Tempio e ancora “sale” alla città santa, quale preludio all’”elevazione” sulla croce e alla gloriosa Ascensione. San Giovanni nel quarto Vangelo, pone il trionfo di Cristo nella sua completezza nella Resurrezione, e del resto anche gli altri evangelisti dando scarso rilievo all’Ascensione, confermano che la vera ascensione, cioè la trasfigurazione e il passaggio di Gesù nel mondo della gloria, sia avvenuta il mattino di Pasqua, evento sfuggito ad ogni esperienza e fuori da ogni umano controllo.

Ads

Quindi correggendo una mentalità sufficientemente diffusa, i testi evangelici invitano a collocare l’ascensione e l’intronizzazione di Gesù alla destra del Padre, nello stesso giorno della sua morte, egli è tornato poi dal Cielo per manifestarsi ai suoi e completare la sua predicazione per un periodo di ‘quaranta’ giorni. Quindi l’Ascensione raccontata da Luca, Marco e dagli Atti degli Apostoli, non si riferisce al primo ingresso del Salvatore nella gloria, quanto piuttosto l’ultima apparizione e partenza che chiude le sue manifestazioni visibili sulla terra. Pertanto l’intento dei racconti dell’Ascensione non è quello di descrivere il reale ritorno al Padre, ma di far conoscere alcuni tratti dell’ultima manifestazione di Gesù, una manifestazione di congedo, necessaria perché Egli deve ritornare al Padre per completare tutta la Redenzione: “Se non vado non verrà a voi il Consolatore, se invece vado ve lo manderò” (Giov. 16, 5-7). Il catechismo della Chiesa Cattolica dà all’Ascensione questa definizione: “Dopo quaranta giorni da quando si era mostrato agli Apostoli sotto i tratti di un’umanità ordinaria, che velavano la sua gloria di Risorto, Cristo sale al cielo e siede alla destra del Padre. Egli è il Signore, che regna ormai con la sua umanità nella gloria eterna di Figlio di Dio e intercede incessantemente in nostro favore presso il Padre. Ci manda il suo Spirito e ci dà la speranza di raggiungerlo un giorno, avendoci preparato un posto”. Il racconto delle Scritture e la celebrazione liturgica di questo mistero possiamo trovarli in miniature di codici famosi, fra tutti l’Evangeliario siriano di Rabula nella Biblioteca Laurenziana di Firenze, e in mosaici ed avori a partire dal sec. V. Il tema dell’Ascensione, si adattò bene al ritmo verticaleggiante dei timpani, sovrastanti le porte delle chiese romaniche e gotiche; esempio insigne il timpano della porta settentrionale della cattedrale di Chartres (XII sec.). Ma la rappresentazione, raggiunse notevole valore artistico con Giotto (1266-1337) che raffigurò l’Ascensione nella Cappella degli Scrovegni a Padova. Si ricorda inoltre un affresco di Buffalmacco (XIII sec.) nel Camposanto di Pisa; una terracotta di Luca Della Robbia (1400-1482) nel Museo Nazionale di Firenze; un affresco di Melozzo da Forlì († 1494) ora nel Palazzo del Quirinale a Roma; una tavola del Mantegna (1431-1506) a Firenze, Galleria degli Uffizi; una pala del Perugino († 1523) ora nel Museo di Lione; il noto affresco del Correggio († 1534) nella cupola della Chiesa di S. Giovanni a Parma; l’affresco del Tintoretto († 1594) nella Scuola di S. Rocco a Venezia. In un’ampolla del tesoro del Duomo di Monza, Cristo ascende in cielo, secondo una tipica iconografia orientale, assiso in trono; in altre raffigurazioni Egli ascende al Cielo fra uno stuolo di Angeli, di fronte agli sguardi estatici degli Apostoli e della Vergine.

Foto Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter

antoniolubrano1941@gmail.com

info@ischiamondoblog.com

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Più vecchio
Più recente Più Votato
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex