LE OPINIONI

Tatuaggi, soia, miele, acqua, lambic

I tatuaggi all'hennè, si pensa che non siano dannosi. Ciò non è vero, perché il liquido utilizzato contiene anche parafenilindiamina, un reagente comunemente usato nelle tinture per capelli

Nel momento stesso in cui decidiamo di lasciare che la nostra pelle parli per noi, stiamo comunicando al mondo aspetti del nostro carattere che a volte noi nemmeno conosciamo.

Negli ultimi anni vi è stata una vera esplosione di tatuaggi, ma anche un aumento di coloro che con il tempo si è poi pentiti di esserseli fatti fare. Da alcune ricerche di mercato è emerso che quasi il cinquanta per cento dei tatuati ha intenzione di farseli togliere. Purtroppo la caratteristica principale del tatuaggio è di essere permanente e il procedimento di asportazione può essere complicato, doloroso e lasciare brutte cicatrici.

Ad esempio, è molto difficile asportare i disegni dal dorso delle mani e dei piedi, proprio per la mancanza di sottocutaneo: essendo poi delle zone molto vascolarizzate possono rimanere cicatrici deturpanti.

La bizzarria di coloro che si sono tatuati sulle parti genitali paga pegno: operazione dolorosa che deve essere fatta solo da mani esperte.

Più complesso il problema dei tatuaggi al volto o al collo, la sostituzione di un tatuaggio con una brutta cicatrice può essere la soluzione peggiore e creare più problemi rispetto all’originale. Inoltre non bisogna dimenticare che i tatuaggi con il tempo tendono a cambiare colore e scolorire anche notevolmente, legato al fatto che i pigmenti vengono in parte riassorbiti: si pratica quindi una specie di “ripasso” con inchiostri specifici per ravvivare i colori. Dal punto di vista medico alcune indagini hanno dimostrato che i tatuaggi monocromatici sono meno allergizzanti di quelli multicolori: infatti, i colori introdotti sotto la pelle facilmente danno reazioni allergiche. Bisogna inoltre sfatare un mito, quello cioè che i tatuaggi all’hennè non sono dannosi, in quanto “naturali” e non permanenti. Ciò non è vero perché il liquido utilizzato contiene anche parafenilindiamina, un reagente comunemente usato nelle tinture per capelli e vietato in molti paesi, in fotografia, nei processi di fotocopiatura e litografia e nella colorazione di pelli e pellicce.

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Tanto per girare il dito nella piaga, il tatuaggio che presenta rischi è il trucco permanente eseguito su palpebre e contorno delle labbra. Eseguiti spesso, in centri estetici in condizioni igieniche non perfette e oltre a creare possibili reazioni allergiche possono generare pericolose infezioni.

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La Soia: fa proprio bene?

Con una dichiarazione a sorpresa, l’Agenzia fran­cese per la sicurezza sanitaria degli alimenti, ha messo in guardia le mamme transalpine dicendo chei neonati e i bambini con meno di tre anni non dovrebbero mangiare prodotti a base di soia perché contengono isoflavoni, sostanze di cui ancora non si conoscono gli effetti a lungo termine. Questo tipo di avvertenza ha colto veramente di sorpresa la comunità scientifica perché gli isoflavoni di soia erano addirittura considerati inibitori delle cellule cancerose attraverso un meccanismo complesso derivante dalla loro caratteristica chimica di essere estrogeni vegetali. E’ emerso che gli isoflavoni interferiscono con il sistema ormonale di diverse specie animali.

Lambic: birra o vino?

Sta tornando di moda il Lambic, una bevanda molto diffusa in Belgio nel XVI secolo, considerata dagli esperti l’anello mancante tra la birra e il vino. Alla beva, infatti, risulta piatta e molto secca, proprio come un vino, ma con una gradazione (5% vol.), aroma e sapore simili alla birra. A livello europeo il Lambic ha ottenuto il riconoscimento di prodotto con attestazione di specificità. Ma cosa è? È una birra acida la cui fermentazione spontanea avviene durante il processo di fabbricazione. Caratteristica essenziale è il suo invecchiamento che può durare anche tre anni in botti di legno, già utilizzate precedentemente nell’invecchiamento di vini e distillati. Questo dà al Lambic un tipico colore ambrato e varie sfumature di sapore fruttato, come ad esempio quello di vaniglia, rilasciato naturalmente dalle pareti in legno della botte. La miscela di grani utilizzati per produrre il mosto deve per legge contenere almeno il 30% di frumento non maltato: il resto può essere malto d’orzo, di mais, di riso o di segale. Il Lambic è anche utilizzato per la produzione della Gueuze, chiamata lo champagne del Belgio: questa bevanda infatti nasce dall’assemblaggio di due o più Lambic con rifermentazione in bottiglia.

Miele a saldo

E’ in atto una vera invasione di miele sul mercato italiano a provenienza da paesi extracomunitari, quali la Cina, l’Argentina e la Romania. Dopo un temporaneo blocco dell’importazione, specie per il miele cinese, per la presenza di residui di antibiotici, la strategia aggressiva di mercato in questi paesi ha dato un vero scossone al già traballante mercato nazionale del prodotto. Agli apicoltori italiani, per produrre un chilo-grammo di miele, il costo si aggira circa su 1,50 €, mentre la Cina lo vende a 1 €. Dal punto di vista organolettico il miele italiano viene considerato di alta qualità perché in genere ha un basso tenore di idrossimetilfurfurale, un sottoprodotto che si forma dal glucosio del miele quando viene trattato tecnicamente per risanarlo, come avviene spesso per quelli esteri che sono vecchi e inaffidabili dal punto di vista igienico. E’ obbligatorio dichiarare in etichetta la provenienza del prodotto.

Sale con lo iodio

Ogni chilogrammo di sale iodato contiene 30 mg di iodio (con tolleranza + 40%, – 20%). Tale quantitativo, apparentemente infinitesimale, è in realtà molto importante, poiché il fabbisogno iodico per l’adulto è di soli 150 microgrammi il giorno. Il “sale iodurato” o “sale iodato“. Non va dunque confuso con il “sale marino” o il “sale integrale“, comunque più ricchi di iodio del tradizionale cloruro di sodio.
Questa iniziativa nasce da precise indicazioni del Ministero della Salute per prevenire le malattie della tiroide, purtroppo sempre più diffuse nonostante sia aumentato il consumo di pesce, che è l’alimento più ricco di questo minerale. La carenza di iodio infatti porta al cosiddetto gozzo endemico, cioè l’ingrossamento importante della ghiandola tiroide, oppure ad un ipotiroidismo secondario, in cui la ghiandola non è più in grado di produrre la quantità necessaria di ormoni. I disturbi più importanti sono la comparsa di astenia, aumento del colesterolo, facile faticabilità, bradicardia, scarsa resistenza al freddo.

Acqua minerale e acqua del rubinetto

Per legge l’acqua di rubinetto deve andare bene per tutti quindi le normative hanno stabilito livelli massimi anche per minerali che in una certa misura sono persino utili all’organismo, ad esempio il calcio, il ferro, il magnesio, il fluoro, sodio, ecc. Nella normativa relativa all’acqua minerale, in­vece, non è previsto nessun limite per i minerali non nocivi, per il semplice motivo che il consumatore può sceglie­re quella più adatta alle sue esigenze e prefe­renze. Sostanzialmente quindi le differenze tra acqua minerale e acqua del rubinetto sono due: la prima differenza è che per diversi minerali non sono previsti livelli massimi nell’acqua minerale. Mentre nell’acqua di rubinetto sì; la seconda è che l’acqua del rubinetto può essere trattata con i composti di cloro per neutralizzare eventualmente i microbi, mentre l’acqua minerale non può essere trattata con simili sostanze.

Pesce in scatola: questo sconosciuto

Nonostante la tendenza a inserire nelle etichette commerciali riferimenti sempre più precisi sulla filiera produttiva, una nota ufficiosa del Ministero delle Attività Produttive ha confermato che nei pesci trasformati e nelle conserve di pesce, come il tonno in scatola, la polpa di granchio, le cozze e le vongole cotte per fare il sugo, surimi, sardine in scatola, ecc., non deve essere indicata in etichetta la zona di pesca e neppure se si tratta di pesce pescato o allevato. Ciò deriva dal fatto che non esistono norme comunitarie specifiche.

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