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Turismo e grandi numeri, ma è vera gloria?

A leggerli, ed anche a guardare il calendario (che per l’intero anno solare 2017 sotto questo aspetto non poteva essere più favorevole e benevolo), sembra quasi che la stagione turistica ad Ischia non potesse cominciare meglio di così. 42.000 arrivi nel ponte pasquale, altri 42.000 nel ponte della Liberazione, quello del 25 aprile. Numeri da località di villeggiatura “top”, poco da discutere. Abitualmente si dice che la matematica non è un’opinione ma quando parliamo di questo tipo di segmento è doveroso, opportuno e pure inevitabile fare un’eccezione. E dare conto di una serie di obiezioni mosse dagli stessi isolani – siano essi addetti ai lavori o meno – prima di passare a quelli che possono essere i banalissimi pensieri in libertà dello scrivente.

C’è chi sostiene, tanto per cominciare, che in quella moltitudine di migliaia di arrivi ci sono una miriade di soggetti che ormai hanno casa ad Ischia e ne approfittano per la classica scampagnata fuori porta con l’inizio della bella stagione e quando un fine settimana viene reso più lungo dal calendario. Il risultato, secondo gli analisti di turno (non sta certo a me dire se della domenica o meno) è che non si tratterebbe di presenze che alla fine della “campagna” porterebbero benefici al tessuto economico, giacché ci troveremmo in presenza in ogni caso di residenti o abituali frequentatori dell’isola, ormai acquisiti ed assimilati alla popolazione stanziale. Ma non è nemmeno questo il dato principale sul quale ci interessa sottolineare la nostra attenzione. L’aspetto da rimarcare è un altro e viene a mio modesto avviso troppo spesso trascurato se non dolosamente taciuto, ma che magari contiene la verità assoluta, ossia i numeri che maggiormente ci interessano. Provo a spiegarmi. Se la nostra isola colleziona un numero “X” di presenze nel corso di un anno e magari replica il risultato in quello successivo o magari addirittura lo aumenta più o meno sensibilmente, siamo tutti pronti a far saltare i tappi di champagne perché in un momento di crisi i numeri sono stazionari o addirittura in aumento. Ma si omette le verifica fondamentale: se nell’anno precedente il costo medio di una camera era ad esempio 10 e l’anno successivo – per mantenere inalterati gli standard di presenze – è sceso a 7, è chiaro che qualcosa non quadra.

Ed è proprio in quel momento che i conti cominceranno a non tornare e noi, presi ad analizzare i calcoli in maniera molto estemporanea e superficiale, continueremo a cullarci sugli allori (a parte gli imprenditori del settore, molti dei quali un po’ alla volta con le pacche nell’acqua ci stanno finendo per davvero). In realtà se le presenze rimarranno inalterate, il fatturato crollerà vertiginosamente, fino a produrre una redditualità insufficiente a far fronte finanche ad una gestione ordinaria. Il risultato sarà che si lavorerà semplicemente per creare quel flusso di movimentazione in grado – almeno si spera – di evitare la violenta aggressione degli istituti di credito. Che ad Ischia peraltro già si sono “pappate” alcune strutture anche di un certo prestigio, e l’effetto domino potrebbe non essersi ancora concluso. Non è un caso, peraltro, che i dati della Banca d’Italia diffusi proprio qualche tempo fa da questo giornale mostravano una “paurosa” discrasia tra quanto accumulato dagli isolani presso le banche e quella che vera invece l’esposizione debitoria verso le stesse. Un saldo che, una volta osservato, metteva in condizione anche un bambino della terza elementare di comprendere con immediatezza che quanto veniva prodotto non era sufficiente nemmeno per tamponare parte di un “maxi debito” che così finisce inesorabilmente per aumentare. E allora facciamo bene a gioire, perché portare a casa un risultato di questi tempi è comunque un fatto significativo, ma forse sarebbe meglio fermarsi a riflettere. Su un sistema che non solo, impostato in questa maniera, rischia di non funzionare più ma forse addirittura di scoppiare. Sempre che non lo sia già.

gaetanoferrandino@gmail.com

 

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