CRONACAPRIMO PIANO

Un affare da 19.600.000 euro

La cessione dell’impero Calise sulla carta vale una cifra spropositata: la massa debitoria si aggirerebbe attorno ai 18 milioni, 1.600.000 euro è invece la richiesta dei titolari come buonuscita. Restano due le cordate in gara, una isolana, ma intanto un indizio arriva dall’ipotesi concordato preventivo…

Sul caso relativo alla cessione di tutti gli asset col marchio “Calise”, man mano che passano i giorni iniziano a diradarsi una serie di nubi. Che, se da un lato rendono più chiaro quello che sta accadendo, dall’altro certamente lasciano intendere che la conclusione della trattativa – a meno di clamorose sorprese – sia ancora ben lungi dall’essere portata a compimento. E dalle indiscrezioni che circolano dalla terraferma non ci vuole nemmeno molto a capire il perché. Facciamo il punto della situazione con ordine. In questo momento ad essere fortemente intenzionato a rilevare immobili e brand di Emiddio Calise (lo storico Bar di Piazza Marina a Casamicciola con il palazzo sovrastante, la struttura di Piazza degli Eroi, l’Isola Fiorita e la gestione del Calise al Porto) c’è un’azienda napoletana conosciuta ed apprezzata che opera nel settore da diverso tempo. Che è avanti non diciamo nella trattativa, ma certamente nell’acquisizione di una serie di documentazioni, tra cui bilanci, debiti pregressi, e tutto quel carteggio che in una trattativa così complessa serve soprattutto ai consulenti per farsi un’idea. Ma di recente, come vi abbiamo raccontato con debito anticipo qualche tempo fa, è apparsa all’orizzonte anche la cordata isolana che fa capo a una nota holding alberghiera di casa nostra ossia i Di Meglio (Dimhotels, per intenderci). I cui rappresentanti hanno dapprima formulato la loro volontà di conoscere lo “stato dell’arte” per valutare la possibilità di formulare eventualmente una proposta d’acquisto.

Ma anche i Di Meglio sono entrati ufficialmente nella partita, se è vero come è vero che chi segue la trattativa ha già ottenuto copia di una serie di atti e ne sta aspettando degli altri, proprio con l’intento di non lasciare nulla al caso. Ma attenzione, perché sbrogliare questa “matassa” si presenta operazione tutt’altro che agevole. Non ci sono certezze, ma se come sembra la massa debitoria ammonta a circa 18 milioni di euro, è chiaro che il costo che dovrebbe sobbarcarsi l’acquirente sarebbe “monstre” con tutto il rispetto per quello che viene messo sul “piatto” (che secondo chi ha una competenza specifica rispetto alla nostra sostiene non arrivare nemmeno alla metà, e forse stimando anche il tutto per eccesso). Ma non finisce qui, perché a quanto sembra i Calise avrebbero chiesto anche una buonuscita di 1.600.000 euro. Insomma, per accaparrarsi quello che fu l’impero di Emiddio, calcolatrice alla mano, servirebbero qualcosa come 19.600.000 euro. Con tutta la delicatezza del caso e senza voler urtare la suscettibilità di nessuno, crediamo di poter affermare che non si tratta di bruscolini.

Ma c’è una novità, che rappresenta a quanto sembra più di un indizio. La società che gestisce le attività griffate Calise non è assolutamente fallita e negli ultimi tempi si sta ventilando l’ipotesi del cosiddetto concordato preventivo. Si tratta di una procedura concorsuale del diritto fallimentare italiano cui può ricorrere un debitore (sia esso un imprenditore individuale, una società o un diverso ente) avente i requisiti che si trovi in uno stato di crisi o di insolvenza, per tentare il risanamento anche attraverso la continuazione dell’attività ed eventualmente la cessione dell’attività a un soggetto terzo oppure per liquidare il proprio patrimonio e mettere il ricavato al servizio della soddisfazione dei crediti, evitando così il fallimento. Si tratta di un istituto giuridico che, nell’ordinamento italiano, trae origine dalla moratoria disciplinata dall’abrogato Codice del commercio del 1865. La disciplina della procedura di concordato preventivo è contenuta nella legge fallimentare (Regio Decreto 16 marzo 1942 n. 267) ed è stata più volte rivisitata negli ultimi anni da parte del legislatore con interventi mirati a favorire il superamento della crisi d’impresa. Ma tornando a utilizzare una terminologia più semplice, cosa vuol dire quello che vi stiamo appena esponendo? Che verosimilmente ci sarebbe la garanzia da parte di un potenziale acquirente a versare una determinata somma per chiudere l’affare, che in verità noi allo stato dell’arte non conosciamo.

A questo punto quell’importo deve essere sufficiente per soddisfare le pretese di tutti i creditori, e soltanto in tal caso la procedura può andare in porto evitando il “default”. Certo, c’è sempre il rischio che qualcuno potrebbe non accettare e chiedere il fallimento, ma siamo davvero sicuri che vista la situazione attuale la strategia potrebbe convenire a qualcuno? Insomma, ricapitolando se le cose stanno così vuol dire che qualche potenziale acquirente ha scoperto le carte sul tavolo della trattativa, facendo la prima mossa. E non si tratta di sicuro della cordata isolana, che invece un’offerta potrebbe lanciarla a breve. Insomma, le schermaglie continuano in una trattativa dove evidentemente nulla può essere lasciato al caso, nemmeno il più piccolo dettaglio. E chi come noi assiste e segue – con tutte le difficoltà che questo comporta, vista la comprensibile riservatezza – l’evolversi degli eventi, non può che rimanere in attesa e porsi un auspicio: che il futuro del Calise e la storia che si porta dietro finiscano in buone mani. Crediamo sia davvero il minimo, ma oggi rischia quasi di trasformarsi in un’impresa.

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