CRONACA

Un anno di pandemia, bilancio e prospettive

Il primo paziente italiano positivo al coronavirus, Mattia Maestri, fu ricoverato nella notte tra il 20 e il 21 febbraio all’ospedale di Codogno. Successive analisi porteranno a identificare altri casi di contagio già all’inizio di novembre 2019. Ad un anno di distanza è oggi utile tracciare un primo, anche se parziale bilancio, di questa pandemia sia a livello italiano che a livello internazionale. Cercherò in questa analisi di attenermi il più possibile ai dati ufficiali pur sapendo che, in realtà, molti di questi dati sono solo in parte rappresentativi di quanto realmente avvenuto, questo perché, soprattutto nella prima fase, i contagi rilevati ufficialmente erano nettamente al di sotto di quelli effettivi.

Comunque, essendo progressivamente aumentati i tamponi e, al contempo, essendo state affinate le tecniche di analisi, oggi i dati ufficiali risultano più affidabili. Desidero comunque premettere che questa enorme tragedia che ha colpito l’umanità richiede una grande solidarietà ed il superamento delle divisioni che sì sono spesso manifestate sia a livello nazionale che a livello internazionale. Sono pertanto vicino al dramma di tante famiglie, anche di amici, che sono state colpite duramente dalla pandemia e, come soggetto a rischio per ragioni anagrafiche, sono indotto ad avere una particolare sensibilità e gratitudine verso tutti quelli che in questa pandemia si sono generosamente prodigati, spesso anche a rischio della propria vita, per aiutare chi veniva colpito.

Venendo alla situazione attuale in Italia il quadro successivo offre un riepilogo attualizzato della situazione della pandemia, dove ci avviamo ormai inesorabilmente al triste traguardo dei 100.000 decessi. Le informazioni più interessanti, anche per gli scenari futuri, si possono però meglio dedurre dall’andamento dei diversi parametri delle curve epidemiche. In particolare, per quanto riguarda i contagi giornalieri, rappresentati in media settimanale, si può chiaramente identificare l’andamento delle ondate epidemiche. La prima ondata, da marzo a giugno 2020, manifesta un picco, a livello di contagi giornalieri (circa 6000) nettamente più basso della seconda ondata (circa 35000).

Anche l’andamento dei decessi è simile seppure con qualche settimana di ritardo rispetto al momento del contagio. Una delle ragioni di un picco più basso nella prima ondata è legata al fatto che, nella prima ondata, solo poche regioni del centro nord erano state colpite duramente mentre sud e isole erano sostanzialmente indenni. L’altro elemento significativo è rappresentato dal numero ridotto di tamponi che venivano effettuati. Inizialmente, quindi, molti casi sono sfuggiti ai rilievi ufficiali. Alla prima ondata è seguita una lunga pausa estiva dove il livello del contagio era molto basso essenzialmente per le favorevoli condizioni climatiche e logistiche. Al venir meno di queste condizioni favorevoli, a seguito del ritorno al lavoro e nelle grandi città, l’epidemia è divampata su tutto il territorio nazionale, alimentata da quelli che si erano contagiati nei luoghi di vacanza sia in Italia che all’estero. Pertanto, regioni rimaste quasi indenni nella prima ondata hanno conosciuto una rapidità del contagio addirittura maggiore di quelle più duramente colpite nella prima ondata.

Era un fenomeno atteso nelle aree con ridotto “tasso di attacco” e può essere efficacemente rappresentato paragonando allegoricamente il contagio ad un incendio che si diffonde prima nelle aree con vegetazione più secca, ma poi colpisce anche le aree inizialmente risparmiate. Il risultato è che il bilancio di questa seconda ondata è ben più pesante di quello precedente e c’è chi invoca un nuovo lockdown per frenare il contagio.

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La polemica, sempre più dura è di stretta, attualità. È chiaro che bisogna cercare un punto di equilibrio tra le esigenze prioritarie di tutela della salute e quelle di una sopravvivenza economica, legata al progressivo ripristino delle attività produttive. Finora le tensioni sociali sono state mitigate aumentando l’indebitamento di circa 160 miliardi euro, mentre è chiaro che il Recovery Plan, se ben gestito (ed è questa la sfida!) porterà nel medio periodo alla crescita economica, ma nel breve ad ulteriore indebitamento. Fortunatamente la figura di Draghi rappresenta una autorevole garanzia per i mercati internazionali e quindi questo significativo aumento del nostro debito non dovrebbe generare un aumento dello spread.

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Quanto alle misure di contenimento del contagio la priorità assoluta va ovviamente alla vaccinazione, ma ognuno di noi può dare un contributo positivo con un comportamento più prudente. Qualcuno si ricorderà del mio articolo, pubblicato il 16 maggio del 2020 su questo giornale, dal titolo inequivocabile “Adelante Pedro con juicio”. In quell’articolo presentavo una simulazione dell’andamento epidemico, che anticipò, con ottima approssimazione, l’andamento effettivo fino a fine giugno. Purtroppo, i nostri comportamenti estivi hanno portato alla dura situazione attuale, una ragione in più per rinnovare quell’invito alla prudenza individuale.

La situazione attuale è oggi molto più complessa per i molteplici nuovi fattori che determinano l’andamento epidemico: in positivo i vaccini, in negativo le varianti virali e la velocità della loro diffusione, che determinano una drammatica lotta contro il tempo. Monitorando la curva dei contagi si nota però che le misure restrittive e selettive area per area, sono efficaci anche se di maggiore complessità gestionale e generano un minore impatto sulla vita economica e sociale. Un lockdown generalizzato, come quello di marzo, appare invece difficilmente sostenibile.

L’Italia dei tre colori ha permesso un approccio equilibrato e dimostra che è possibile controllare il contagio ad un livello sostenibile. Il sistema premiale che lega il grado di apertura alla diminuzione del livello di contagio rappresenta uno stimolo per comportamenti più prudenti da parte di tutti noi. La recente introduzione della “zona bianca” in quelle regioni dove si sia raggiunto stabilmente un livello di contagio inferiore ai 50 nuovi contagi a settimana ogni centomila abitanti rappresenta l’asintoto a cui tendere in questa fase. Ad oggi nessuna regione gode di questi requisiti e, probabilmente, la prima sarà la Sardegna. La Campania invece, pur avendo parametri abbastanza buoni, è ancora lontana da questo traguardo, anche se presenta finora il tasso di letalità più basso a livello nazionale (1,6% contro il 3,4% medio a livello nazionale). Complessivamente, con questo andamento generale, se saremo prudenti e salvo l’emergere di nuove varianti del virus ancora più contagiose e letali, per fine maggio, con un clima più favorevole potremmo aver superato il periodo più critico ed avere una stagione turistica positiva.

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