CULTURA & SOCIETA'

“Uocchie sicche”: sguardo malvagio nei ‘Cento canti del popolo di Serrara d’Ischia’ del 1882

Per respingere il malocchio amuleti o sicuri oggetti sacri

Una serie autorevole di pubblicazioni del dr. Gaetano Amalfi, giurista, magistrato e antropologo, nato a Piano di Sorrento il 14 luglio 1855 da Giovanni e Maria Iacono di Serrara d’Ischia, deceduto a Napoli nel 1928: celebre, anche se poco conosciuto, il suo volume del 1882 dal titolo “Cento canti del popolo di Serrara d’Ischia” con gli approfonditi studi di ricerca antropologica sull’antico folclore anche ischitano, suscitano enorme interesse per la memoria che tuttora si conserva nelle narrazioni paesane e nei lavori scolastici degli allievi, con le brave Maestre, del plesso Elementare di Testaccio nel comune di Barano d’Ischia per l’anno didattico 2013/2014 nell’elaborato dal titolo “Le janare” (con piccanti particolari, come Agnesella e la figlia Rosa; le iniziative del Parroco don Ubaldo Conte) e che fummo gratificati dell’omaggio di una copia al fine di divulgazione culturale e giornalistica.

Un bel documentato storico-folcloristico a suffragio dell’opera del giurista e valoroso Magistrato sorrentino Amalfi, che nella brillante carriera di imparziale e noto Magistrato, ebbe la passione per le antiche memorie e tradizioni popolari del vissuto con cui entrò a diretto contatto, tanto da entrare con Torquato Tasso, anch’egli nato a Sorrento, nell’antologia dei grandi figli della Penisola. Proprio il canto centesimo (C) è dedicato dall’ironia popolare raccolta al seguente componimento (con numerosi altri che abbiamo grazie alla gentile disponibilità del testo -con presentazione del prof. Edoardo Malagoli- offertoci dal bravissimo attuale Parroco di Serrara don Angelo Iacono): – “ Maccarone (scioccone, commenti Amalfi) ‘o Napulitano;/ Santu Mamozio ‘o Puzzulano;/ Sciuondro (vezzoso) de mamma ‘o Prucetene;/ Ceca pisce (perché avvelenano i pesci col succo del totomaglio) ‘o Iscajiuolo;/ Attacca torze (coltivatori d’erbaggi) ‘o Vagnaruolo;/ Ammacca ‘a creta (lavorano l’argilla) ‘o Casamicciuolo;/ Ammacca maula (schiaccia malva, frolli) ‘o Lacchese;/ Manna creje (mannaggia domani, lat. ‘cras’=domani) ‘o Furiano;/ Aztanca la guagghia (afferra la quaglia) lu Panzese;/ Miettela ‘mpetto (mettila in petto, nascondila) lu Serrarese;/ Contrabbandiere ‘u Santangiolese;/ Mugnapecore (munge pecore) ‘u Funtanese;/ Pisciaciucco lu Murupanese;/ A Barano stanno ‘e letture (i dottori, per ironia);/ ‘O Testaccio ‘astòjate (asciùgati, pulìsciti dagli sguardi malèfici, sfavorevoli);/ Cuoglie ceràse lu Piese;/ Cuoglie mele lu Cruvonese;/ Attacca fascine lu Campagnase “ – .

Certo il folclore superstizioso di Testaccio, nell’800 settimo comune dell’isola d’Ischia e villaggio più vicino al celebre arenile dei Maronti e con monumenti storici (Torre aragonese, lapidi con traduzione dal latino dei propri bravi Allievi, casa e pendìo basolato Giorgio Corafà, Sudatorio, Chiesa e tela Maria SS Assunta, Registri parrocchiali) salvati dal degrado e abbandono grazie ai servizi giornalistici dello scrivente sul quotidiano “Il Mattino”che provocarono il provvidenziale intervento della Sovrintendenza ai Monumenti di Napoli presso il Comune di Barano d’Ischia col compianto dr. Pierluigi Mazzella, tramandano un’identità di “Uocchie sicche”, occhi secchi, ostili in grado di far seccare le piante; di “Uocchie ‘ncuolle”, occhi sul collo, addosso, cioè malocchio (spagnolo “mal de ojo”= male dall’occhio), o iettatura di “janare”(da Dianara, cioè sacerdotessa di Diana, dea della caccia) contro cui, per evitare che entrino, è opportuno porre un sacchetto di sale o una scopa con le setole all’insù davanti alla porta, contando le quali la strega avrebbe indugiato fino all’alba oppure con amuleti e riti. Insomma racconti curiosi di fattucchiere e spiritelli leggendari come i “munacielli” (piccoli monaci): addirittura negli scritti di Matilde Serao o “Questi fantasmi” di Eduardo De Filippo ove lo scambiato ‘munaciello’ è l’amante della moglie oppure più antico “Nu munaciello dint’a casa ‘e Pullecenella” di Antonio Petito 1901 o ancora “La gatta Cenerentola”1976 di Roberto De Simone dalla fiaba omònima di Giambattista Basile o “La patente” 1912 di Luigi Pirandello, poi col film “Questa è la vita” 1954 con Totò “jettatore”(gettare lo sguardo). Comunque la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa Cattolica (CCC 2015, 2016, 2017) condannano gravemente queste false credulità di idolatria per compensare il vuoto esistenziale e religioso. (continua)

*Pasquale Baldino – Responsabile diocesano Cenacoli Mariani; docente Liceo; poeta; emerito Anc-Ass Naz Carabinieri (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it)

Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex