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Negozi sfitti, il vento della crisi colpisce il cuore di Ischia

Da Ischia a Forio, passando per Lacco Ameno e Casamicciola, non si contano i locali sfitti, segno di una crisi del commercio galoppante che non riesce più a intercettare la volontà di acquisto di turisti e quindi clienti propensi a spendere nei negozi isolani

Serrande abbassate, vetrine vuote, manichini denudati e cartelli affittasi e vendesi in bella mostra. Gli avvisi colorano con cromie paradossalmente vivaci le sfumature di una crisi che si fa sempre più evidente e preoccupante, un declino in atto da anni che non sembra trovare un freno. Da via Roma fino al borgo di Ischia Ponte, passando per Corso Vittoria Colonna, la passeggiata invernale è deprimente. A Lacco Ameno è anche peggio, nel piccolo corso i negozi chiusi e in affitto non si contano. Stessa litania anche a Forio. Pochi i negozi aperti, troppi quelli vuoti, in attesa di nuovi locatari.

Molti negozianti hanno gettato la spugna, qualcuno ha chiuso dopo una stagione estiva deludente, altri perché i prodotti che un tempo andavano a ruba ed erano una garanzia nel cuore pulsante dell’isola ora non riescono più a sostenere i costi. Resistono qualche mese, vendono poco e poi sono costretti a chiudere. E non è detto che lanciandosi sul low-cost e sullo street food il successo sia garantito. Ischia è una piazza commerciale particolare, difficile, dove le vendite mutano in base al tipo di turista che decide di passare le vacanze sull’isola. Il commerciante cerca come può di intercettare le intenzioni di spesa, ma tutto muta troppo in fretta e a pagarne le conseguenze sono gli imprenditori sfortunati, che hanno scommesso male sui desideri d’acquisto degli ospiti che visitano l’isola.

E’ evidente a tutti che a subire maggiormente la crisi sono stati quei negozi che hanno puntato negli anni sulla qualità e l’eccellenza. Buona parte dei grandi marchi sono scomparsi dai corsi principali dell’isola, altri resistono ma il timore di perdere le grandi firme nell’immediato è un timore che si fa mese dopo mese sempre più concreto. Resistono e crescono i venditori di souvenir, di limoncelli e di abiti a buon mercato, segno di una cambiamento dei tempi e della risma dei flussi turistici. Ma anche loro tentennano, colpa anche di chi non aggiunge novità a un mercato già saturo. L’isola continua a registrare arrivi invidiabili, ma la capacità di spesa media di chi sceglie di venire a Ischia è indiscutibilmente mutata. Decisamente più esigua. Vanno forti i ricordini a buon mercato, ma gioielli, vestiti firmati, artigianato di qualità e prodotti enogastronomici di alto livello stentano a trovare mercato. Segno che il cliente raffinato sceglie altri lidi.

E i risultati di questa crisi di vendite (e anche d’identità) è visibile. Ad ogni passo lo sguardo dell’ischitano, ma soprattutto del turista della bassa stagione, non può fare a meno di notare la desolazione che aleggia sull’isola. Sono decine i negozi chiusi, in attesa di trovare imprenditori coraggiosi che riescano a trovare il giusto compromesso tra successo economico e qualità del prodotto, un equilibrio difficile da trovare ma che è necessario rincorrere per riuscire a ridare linfa al settore turistico asfittico, immotivatamente dato il mirabolante ventaglio di occasione che offre l’isola d’Ischia.

“I motivi? Sono diversi – dichiara Marco Bottiglieri, referente isolano dell’Aicast – ci sono richieste di fitti troppo alti, poi anche gli acquisti on-line contribuiscono alla diminuzione degli acquisti sul territorio. Ieri – ha ricordato il gioielliere – ci sono stati 1.300 consegne di pacchi Amazon sull’isola, un fenomeno che registra un incremento del 30% rispetto l’anno scorso. Poi naturalmente c’è il turista low-cost poco propenso a spendere quando è in vacanza. A ciò va aggiunto che il Corso ischitano è poco attraente, elegante e non sempre ben frequentato. I negozi di Sant’Angelo ad esempio – spiega Bottiglieri – risentono meno della crisi perché possono contare su un tipo di clientela più stanziale e abituale, cosa che non accade invece sul corso di Ischia”. Fenomeno prevedibile causato dal mutamento veloce del turismo ischitano. Mettere al riparo il commercio isolano da tali oscillazioni non è semplice almeno finché sarà ancora orientato al low cost.

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Sergio

I fitti di migliaia di euro al mese costringono i commercianti a proporre prezzi troppo alti: a Ischia Ponte per un ristorantino ci vogliono 3.000 euro al mese.
I proprietari dei locali si passino una mano sulla coscienza.

adolf

Paradossalmente conviene più comprare su internet che andare in giro per negozi. E la colpa è anche dei negozianti. Spesso non espongono i prezzi, e sono mediamente più alti di quelli che si trovano su internet. L’acquisto su internet lo faccio da casa e mi viene consegnato fino a casa la maggior parte delle volte senza spese aggiuntive. Una volta che mi arriva a casa me lo guardo per bene e se non mi piace lo restituisco anche qui senza spese aggiuntive. Il prezzo mi viene rimborsato senza tante storie. E evidente che se il commerciante del negozio non comprende la sfida che viene dall’e-commerce è destinato a chiudere. Personalmente andrei anche a comprare nel negozio di vicinato….. ma voglio la comodità di vedere la merce esposta su internet con la descrizione completa e il prezzo (la vetrina ormai è solo per chi passeggia e guarda ma poi lo compra su internet). Poi potrei anche andarlo a ritirare in negozio.

Rossy

Ischia vive di turismo ma i veri ischitani a cosa vanno incontro?
A vetrine belle da guardare ma da non toccare.
Prezzi alle stelle.
Ma dove andremo a finire?
Come diceva Totò, in galera ti mando.

Antonio Di Gennaro

Un altro motivo, a parte l’acquisto su internet, sono queste catene di franchising che sono sbarcate a Ischia. Questi negozi che sono di solito molto grandi, tengono il vantaggio di avere un vasto assortimento di prodotti anche a buon mercato, pur di non sempre ottima qualità. Inoltre molte volte la gente vi entra dentro solo per guardare e toccare con mano i prodotti esposti, anche senza comprare niente e di andare via senza patire l’imbarazzo di aver visitato il negozio e non aver comprato niente, come succede nei piccoli negozietti; magari col proprietario che ti saluta con non troppa simpatia.
Poi come se non bastasse sono arrivati i cinesi, prima con piccoli negozietti e successivamente con dei veri maxistore, in cui la gente passa ore a curiosare e alla fine trova sempre un oggetto utile o inutile che sia da comprare. La soluzione a tutto questo qual è? Non esiste una soluzione ormai l’andazzo è questo: prima si è partiti con i negozi di alimentari, per poi passare ai negozi di abbigliamento e infine quelli di oggettistica e casalinghi. Per molti proprietari di immobili commerciali non resta che gestirsi il negozio in famiglia con i pochi o se è fortunato sufficienti guadagni; oppure non resta che trasformare il magazzino in abitazione, ove sia possibile, visto in questo campo ci sta ancora una grande richiesta, soprattutto d’estate. La gente se da un lato non vuole comprare niente, dall’altro lato devono vivere per forza in una casa. Altrimenti dovrebbero provare in extremis ad abbassare drasticamente il canone in modo da dare dell’affittuario la possibilità di sopravvivere.

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