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Ecco perché l’isola non ha bisogno di depuratori

ESCLUSIVO – Il Golfo pubblica la relazione dell’Università Federico II di Napoli che conferma quanto già sostenuto da più parti: con un sistema di condotte efficienti non servirebbero strutture costose e invasive

I depuratori non servono. O meglio, non sono assolutamente – come si sostiene da più parti – l’unica strada che può percorrere l’isola per tutelare l’ambiente e il proprio mare, che rappresentano un bene prezioso e unico. Il nostro giornale, per la verità, già in tempi non sospetti aveva lanciato quella che era stata ritenuta una provocazione, ma adesso c’è anche l’autorevole parere di esperti che spiegano in maniera chiara come il problema può essere risolto anche in maniera diversa. Meno invasiva, senza costi che andrebbero a ricadere sui cittadini contribuenti (in termini di bollette Evi) e senza mettere su tre mega impianti che tra i tanti pro certo avrebbero pure più di qualche contro. Lo si evince da una relazione dell’Università Federico II di Napoli firmata dai professori Francesco Aliberti ed Enrico Gargiulo ed avente ad oggetto “Acque reflue nei Comuni dell’isola d’Ischia: proposte operative per la rapida soluzione delle problematiche relative all’impatto ambientale degli scarichi urbani e termali”.

5 MILIONI DI EURO CHE ADESSO POSSONO FAR FRUTTARE

Il documento è stato trasmesso ai sindaci dei sei Comuni dell’isola e per una volta, per rendere l’idea di quello che vuole rappresentare, è il caso di partire dalla fine. Aliberti e Gargiulo, nel tirare le somme, scrivono infatti che “a nostro avviso, quanto sopra riportato e con forza segnalato nelle varie riunioni tenutesi sul tema in Regione Campania, è una priorità non prontamente e operativamente accolta: perciò riteniamo utile che sia sollecitato il Ministero dell’Ambiente, competente in materia, ad una riunione per la revisione della finalità dell’operato del commissario straordinario per la depurazione. In pratica, passando da ‘interventi per la depurazione dei reflui dell’isola’ a ‘Gestione integrata dei trattamenti dei reflui urbani e termali di Ischia’, dando priorità ad opere come la separazione del collettamento acque pluviali-termali e reflui, e le condotte sottomarine che permettono nell’immediato la mitigazione del rischio”. Già, le condotte. Ad Ischia, proprio sotto l’Hotel San Pietro, ce n’è una che è costata la bellezza di cinque milioni di euro, profonda cinquantacinque metri e che arrivi fuori costa per circa centoventi metri. Dopo un adeguato pretrattamento potrebbe essere utilissima e consentirebbe di evitare la spesa prevista per un depuratore che probabilmente – se si va avanti di questo passo – forse a stento vedranno i nostri nipoti (ci riferiamo a quello della collina di San Pietro,visto che gli impianti di Casamicciola e Forio sono addirittura fermi all’anno zero. Ma visto che siamo partiti dalla fine, è forse opportuno riannodare i fili del discorso.

TUTTI I VANTAGGI DELLO SMALTIMENTO TRAMITE CONDOTTE

I due professori insistono nel rimarcare i vantaggi dello smaltimento attraverso le condotte sottomarine e scrivono tra l’altro che “per mitigare ulteriormente l’impatto antropico le tecniche di smaltimento in mare, da diversi decenni, si sono evolute nelle condotte sottomarine già in uso consolidato nel mondo. Questa tecnica si è rivelata fruttuosa allorquando le condotte sono ben progettate e ancorate a regola d’arte ai fondali marini. Infatti il rilascio di liquami, prettamente urbani, portati a distanza dalla costa ed  al di sotto del termoclino comporta la loro rapida diluizione negli stati profondi, nei quali l’auto depurazione naturale continua ad agire con benefici effetti sulla flora e fauna marina in aree che non interferiscono con la fruibilità dell’ambiente marino incrementando la numerosità e la diversità delle biocenosi, e quindi anche la pescosità, con la conseguente salvaguardia della fascia marina costiera e completando così la filiera della depurazione. Proprio per Ischia tale circostanza può essere considerata favorevole vista la batimetria dei litorali dell’isola e il conseguente volume di diluizione cui saranno sottoposti gli scarichi”. Sempre gli esperti dell’Università Federico II osservano ancora che la tecnologia di smaltimento attraverso condotte prevede tempi di costruzione di gran lunga più brevi di quelli richiesti per un impianto di trattamento e che la gestione di una condotta è di gran lunga semplificata rispetto a quella richiesta da un impianto di depurazione”.

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Non è tutto, ci sono altri vantaggi citati nella relazione, tra cui “i costi della messa in opera di una condotta e la relativa gestione (in pratica manutenzione zero) sono, analogamente, di gran lunga limitati rispetto a quelli di un impianto e soprattutto che “le condotte richiedono comunque i trattamenti preliminari di grigliatura, dissabbiatura, disoleazione, disinfezione e, alla bisogna, sedimentazione primaria, comuni a quelli richiesti dagli impianti. Dette opere possono essere interamente integrate per il futuro impianto da realizzarsi a completamento dell’intera opera”. Attenzione poi al passaggio successivo che è decisamente esplicito: “Nella realtà dell’isola d’Ischia le condotte trovano già larga applicazione e le recenti analisi effettuate dall’ARPAC lungo i litorali dell’isola testimoniano che, sebbene ci siano condotte non pienamente efficienti e con pretrattamenti da perfezionare, già oggi i risultati ottenuti possono ritenersi più che accettabili”. Insomma, il ragionamento è molto semplici: se con delle condotte che spesso fanno acqua da tutte le parti, il nostro mare “tiene botta”, immaginate se queste fossero sostituite con alcune nuove. Potrebbe davvero essere la soluzione a tutti i problemi.

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ECCO PERCHE’ I DEPURATORI NON SONO IL MASSIMO

Vanno bene le condotte, dirà il lettore, e fin qui ci potrebbe anche stare. Ma qualcuno potrebbe chiedersi: quali “controindicazioni” presentano i depuratori? I professori Aliberti e Gargiulo soddisfano anche questa curiosità e lo fanno in maniera chiara, comprensibile anche ad un non addetto ai lavoro. Scrivono infatti: “Di contro gli impianti di depurazione, pur essendo indispensabili per la mitigazione degli impatti dei reflui urbani e soprattutto per quelli industriali, presentano rispetto alle condotte sottomarine: tempi lunghi per la realizzazione; costi notevoli; gestione assidua, complessa e onerosa; produzione di fanghi residui, in notevole quantità, da smaltire separatamente; impatto notevole in termini di Co2 prodotta, nelle varie fasi di realizzazione e gestione routinaria”. Insomma, ci sono una serie di controindicazioni di cui ci siamo già occupati in passato, e che soprattutto andrebbero inevitabilmente a influire (e ovviamente in termini negativi) sulle tasche dei cittadini isolani. Poi viene anche specificato che “nella realtà dell’isola d’Ischia la problematica relativa alla depurazione è resa più complessa dalla mescolanza dei reflui urbani con gli scarichi termali, preziosa risorsa locale, che, se non condottati separatamente, rendono inefficienti gli impianti di depurazione. La separazione delle acque reflue da quelle termali è in programma, ma attuabile in tempi non certo brevi come richiesto per la salvaguardia dell’ambiente marino, corpo recettore obbligato per i reflui isolani”.

Ma allora quale sarebbe il progetto ideale per Ischia? C’è una risposta anche a questo, i professori della Federico II sostengono che comprende quanto segue: “Condotte separate per scarichi termali e fecali: i primi direttamente da smaltire con condotte dedicate, i secondi da sottoporre a trattamento preliminare; impianti di trattamento, riattando quelli esistenti e, alla bisogna, costruendone di nuovi; condotte sottomarine per lo smaltimento dei reflui urbani depurati”.

ECCO LA SCALETTA DEGLI INTERVENTI PROGRESSIVI

Francesco Aliberti ed Enrico Gargiulo, comunque, non lasciano niente al caso e spiegano anche che una programmazione oculata richiede interventi progressivi. Bisognerebbe così partire dalla costruzione di condotte sottomarine con impianti di trattamento preliminare in attesa della separazione delle condotte fecali e termali. Quando questo passaggio sarà avvenuto, si possono dedicare le condotte costruite alle sole acque termali. Poi bisognerebbe passare alla costruzione o al riattamento degli impianti esistenti che saranno dimensionati in base alle sole quantità di reflui urbani con riduzione dei costi ed una resa ottimale non dovendo più fare i conti con gli “ostacoli” dei reflui termali. Infine, la costruzione delle condotte dedicate ai reflui o l’utilizzo di quelle già realizzate.

C’è poi l’ultima osservazione, che chiude il cerchio: “Considerando, inoltre, i tempi lunghissimi che hanno caratterizzato le programmazioni della depurazione dei reflui, a partire dal PS3 di storia memoria ed ancora oggi in fase di completamento, nonché ai progetti relativi a realtà locali, quanto programmato può permettere un immediato e notevolissimo contenimento dell’impatto ambientale attuale. Costruire prima gli impianti e poi le condotte comporterebbe il perdurare di impatti elevati nel tempo; costruire prima le condotte e poi gli impianti, laddove necessario, mitiga nell’immediato ogni impatto, risultando certamente la soluzione migliore nella gestione generale della problematica. Proprio considerando i tempi, dopo aver avvalorato l’efficacia immediata di quanto proposto, vanno raffrontati tempi di oltre cinque lustri per gli impianti di trattamento, rispetto a quelli di un anno circa per le condotte sottomarine”. Insomma, meditate gente, meditate…

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Marco

Ed i reflui industriali?

Stefano Frigerio

Non sono d’accordo con lo smaltimento sottomarino. Ok per gli scarichi organici e biologici, ma questi professori non spiegano che fine farebbero poi i metalli, i detersivi, i farmaci disciolti che comunque vengono scaricati nei wc ed in questo caso non avrebbero nessun trattamento finendo appunto per alimentare la flora e fauna marina.

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