CULTURA & SOCIETA'

1 agosto 1865: gioia e dolore per l’emigrazione di due giovani freschi sposi lasciarono lo Schiappone su di un carretto per cercare fortuna in Algeria

Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto scesero per la via impervia dello Schiappone, un misero centro agricolo, e su una carretta giunsero al Porto d'Ischia, ultimato da pochi anni dal Re Borbone. Da lì, con un traballante battello, partirono per Napoli. Erano già stremati, ma sempre fiduciosi nell'avvenire. Rimasero in attesa per qualche giorno sul molo, e poi finalmente salirono su un nuovo battello diretto a Marsiglia. Ancora tanti giorni di attesa, affamati e stanchi, in quel porto in cui si parlava una lingua sconosciuta. E infine la sospirata partenza. Il vapore di lungo corso “Dante Alighieri” solcava placide acque, ma all'improvviso venne una furiosa tempesta. I poveri passeggeri credettero che fosse giunta la loro ultima ora. Pregavano e si raccomandavano a Dio. O alla Madre di Dio, come facevano i due sposi, memori della beata Vergine dello Schiappone. La tempesta alla fine cessò e il battello riprese la sua corsa verso l'ignoto…

Una data che rimane nella storia dello Schiappone insieme ai suoi due giovani protagonisti,tra Chiummano ed il Vatoliere, più vicino al Testaccio che a Barano. Le vecchie carte ingiallite dicono che era il primo agosto del 1865, centocinquantasei anni fa, che cadeva di martedì, un martedì non come tutti gli altri, perché su quella collina dove si pregava e ci si raccomandava alla Madonna di Montevergine, aleggiava sin da alcuni giorni prima dei preparativi, una triste atmosfera che preannunciava il distacco dal luogo caro che sistava per lasciava e dove erano state vissute sane ed indimenticabili fanciullezza e prime gioventù. Un martedì, anche particolarmente caldo per la calura piombata in quel periodo in tutta l’isola, coincidenza curiosa, un po’ come oggi.

Era peraltro anche la stagione spensierata dei bagni a mare ai Maronti, laloro spiaggie,che per alcuni si interrompevano per il progetto di emigrazione programmato mesi prima. Come del resto fu per i protagonisti della storia che sto per raccontarvi. L’emigrazione ischitana dell’800 e ‘900 da tutte le località dell’isola è stata ricca di episodi interessanti che hanno riguardato nuclei famigliari sul loro nascere, provenienti essenzialmente da mestieri come la pesca e l’agricoltura. Fra le tante storie colpisce quella che vede protagonisti nello scenario Isola d’ Ischia-Algeria due giovani freschi sposi dello Schiappone, Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto antenato della scomparsa Maria D’acunto di Piedimonte. Ma prima di partire i due giovani che da ragazzi avevano frequentato la chiesa su alla collina per le messe domenicali, il catechismo e la festa della madonna con processione e sfuochi d’artificio, avvertirono il bisogno ed il dovere di incontrare ancora una volta Don Giorgio Lombardi l’ anziano sacerdote che li aveva battezzati, dato loro la prima comunione, uniti in matrimonio e tenuti da piccoli a lezioni di catechismo in quella chiesa né piccola e né grande ma senz’altro capace di contenere a riprese tutta la popolazione della contrada ed i pellegrini dell’isola che di primo mattino dell’8 settembre di ogni anno si mettevano in cammino su per la salita, per raggiungere il piccolo santuario nel giorno della solennità della Madonna e renderle il devoto omaggio. Quella chiesa che per loro era una seconda casa conservava per i due giovani ricordi struggenti legati alle belle cerimonie religiose del Natale e di Pasqua, ma in particolare della festa della Madonna cosiddetta dello Schiappone. Era l’attesa occasione per “ ingegnare” il vestito nuovo, le scarpe nuove, la borsetta nuova per lei e il cappello e la cravatta nuovi per lui. Il piacere e la soddisfazione di sentirsi ammirarti da amici e parenti, ma anche invidiati per il viaggio che avrebbero fatto verso nuove terre lontane per costruirsi un nuova vita e conquistar fortune.

AGOSTO 1865 - SULLA NAVE FRA GLI ALTRI EMIGRANTI DIRETTI IN ALGERIA
AGOSTO 1865 – SULLA NAVE FRA GLI ALTRI EMIGRANTI DIRETTI IN ALGERIA

Ecco Maria Di iorio e Francesco D’Acunto erano consapevoli di lasciare tutto questo. Ma davanti a loro stavano per aprirsi nuovi scenari di vita, esperienze tutte da provare e da vivere e poi da far sapere con prime lettere ai genitori ed ai nonni ed agli amici più stretti come era andato il viaggio, come era stato il primo impatto con la nuova terra che li accoglieva ed in fin e quanto sopportabile era la nostalgia per il proprio paese lasciato. Il loro punto di riferimento principale dopo la propria abitazione, era la chiesa sulla sommità della salita,rifugio di tristi domeniche piovose, ma anche “casa” sublime di accoglienza per incontri e feste organizzate da Don Giorgio Lombardi sacerdote bravo e disponibile che Maria e Francesco non dimenticheranno mai, essendo stato l’ anziano prete loro prezioso consigliere. La chiesa, la cui immagine Maria e Francesco portetanno scolpita nelle loro menti per sempre, divenne parrocchia nel 1953 assumendo il itolo di Santa Maria di Montevergine ed ebbe come suo primo parroco Don Luigi Iorio. La chiesa sorse nel 1665 per iniziativa dei fratelli Rossi che vollero creare un luogo di eremitaggio. Durante gli anni ’80 fu oggetto di lavori di ampliamento e la proprietà passo ai fratelli Bertarelli Genovese. Il rustico sagrato presenta una facciata con due ordini di lesene terminanti in un cornicione che segue l’estradosso della volta. L’interno è a croce latina e presenta un’unica navata  ornata a stucco lungo le pareti e la volta a botte eseguita nell’800 da Domenico Savino. All’ingresso, all’interno di una nicchia posta a destra , vi è una statua lignea raffigurante Sant’Anna con la Vergine bambina di un ignoto scultore attivo nella seconda metà dell’800. Sull’altare vi era, invece, un quadro di fine ‘600 raffigurante la Madonna di Montevergine e Santi ad opera di un ignoto napoletano tutt’ora esposto alla venerazione dei fedeli durante ed in particolare l’8 settembre solennità di Maria Vergine.

I FIGLIOLETTI DI MARIA E FRANCESCO GIUSEPPINA ED EMILIO D'ACUNTO - SCHIAPPONE TERZA GENERAZIONE
I FIGLIOLETTI DI MARIA E FRANCESCO GIUSEPPINA ED EMILIO D’ACUNTO – SCHIAPPONE TERZA GENERAZIONE

Proprio In questo giorno d’estate di tanti anni fa, i due giovani isolani dello Schiappone lasciarono la loro terra per emigrare in Nord Africa. Era il 1 agosto del 1865, poco dopo l’Unità della Nazione. Dall’Italia partivano per terre più o meno lontane. Non solo per l’America del Sud (Argentina), ma anche per il Nord Africa, allora colonizzato dai Francesi. C’era lavoro e gli Europei convivevano abbastanza pacificamente con gli Arabi. E loro due, Maria Di Iorio e Francesco D’Acunto, lasciando il piacere dei bagni nel bel mare dei Maronti e la vendemmia nei vigneti di famiglia, si unirono a un gruppo in partenza per l’Algeria. Erano giovani, appena sposati, e cercavano anche loro la sognata fortuna. Scesero per la via impervia dello Schiappone, un misero centro agricolo, e su una carretta giunsero al Porto d’Ischia, ultimato da pochi anni dal Re Borbone. Da lì, con un traballante battello, partirono per Napoli. Erano già stremati, ma sempre fiduciosi nell’avvenire. Rimasero in attesa per qualche giorno sul molo, e poi finalmente salirono su un nuovo battello diretto a Marsiglia. Ancora tanti giorni di attesa, affamati e stanchi, in quel porto in cui si parlava una lingua sconosciuta. E infine la sospirata partenza. Il vapore di lungo corso “Dante Alighieri” solcava placide acque, ma all’improvviso venne una furiosa tempesta. I poveri passeggeri credettero che fosse giunta la loro ultima ora. Pregavano e si raccomandavano a Dio. O alla Madre di Dio, come facevano i due sposi, memori della beata Vergine dello Schiappone. La tempesta alla fine cessò e il battello riprese la sua corsa verso l’ignoto. Passarono ancora tanti giorni e poi finalmente si profilò la terra. con le sue case e il suo porto. Era Annaba, oggi Bona, che apriva le sue porte agli emigrati. Li accolse benevolmente e diede loro lavoro e dignità. Francesco cominciò a lavorare come operaio; Maria entrò in una casa di signori e fece la cameriera. Imparò non solo a pulire e cucinare, ma anche a cantare e a ballare. E a parlare francese (il marito, un po’ tonto, non lo imparò mai). E intento mise al mondo due figli: Emilio e Carmela. I bambini andarono a scuola e il maschio si diplomò maestro, però di francese, e conosceva anche l’italiano e l’arabo. Ma, quando tornarono in Italia, queste conoscenze non gli servirono a nulla. Tornarono perchè Francesco aveva troppa nostalgia della sua terra. Maria, invece, sarebbe rimasta per sempre in quella bella città in cui aveva trascorso i più begli anni della sua vita. Quando Francesco rifece la salita che portava allo Schiappone, forse i suoi occhi erano pieni di lacrime. Che ne sarebbe stato del figlio Emilio ? lui che non aveva mai fatto il contadino? Dove avrebbe trovato lavoro? Negli stati uniti d’America. vi trovò il lavoro, ma anche la morte. A poco più di trent’anni.

Foto Giovan GIuseppe Lubrano Fotoreporter

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