CULTURA & SOCIETA'

A San Giuseppe fu rientro precipitoso dalla Svizzera

Quando il cafone si arricchisce d’apparenza o veste una divisa

All’alba del 18 marzo scorso a Davos platz si levava il sole, quando i miei tre infaticabili figli e peraltro colti di Diploma di Scuola superiore, emigrati col coraggioso pioniere Antonio Maria (4), Noemi Maria (5) con Vito, Giovanni Paolo (6) con Mariangela, alle ore 7,05 partirono in fretta dalla stazione ferroviaria verso Thusis e in bus verso Bellinzona, di qui ancora in treno al confine di Chiasso e dopo i rituali controlli a Milano centro, qui alcune partenze cancellate, ma alle ore 16,40 partiva provvidenziale “Italo” per Napoli, però raggiunta dopo le 22, tardi per ultimo traghetto perso, nonostante taxi al Porto di Massa: a piedi al Beverello in cerca di un riparo per trascorrere notte invano richiesto a Polizia e Finanza (“l’uomo guarda alle apparenze, ma Dio guarda al cuore”, 1Sam 16,7), infine la interpellata Protezione Civile ordinava alla “Security” di ripararli in biglietteria al Porto di Massa sino all’atteso traghetto Caremar delle ore 6, dopo i controlli antivirus.

Al porto d’Ischia finalmente nel solare giorno di San Giuseppe, con gli Amici Carabinieri e la quarantena a casa in Via San Liguori 7, grazie a Dio! Purtroppo il contagio da “Coronavirus” era arrivato anche in Svizzera, pure a Davos nel Cantone dei Grigioni, proprio lì, a oltre 1560 m di quota, Davos considerata la città più elevata d’Europa e innevata sede annuale invernale del “Forum economico mondiale”. Eppure, chissà perché l’orgoglio del pezzente cafone arricchito confidava nella potenza delle stracolme e prospere banche svizzere col Segreto bancario (ovviamente il cafone lo ritiene come una escatologica sorta di Segreto di Fatima o come un padrino!) e della secolare politica estera di neutralità, dovuta -sia chiaro- non al desiderio di pace (dal sànscrito e indoeuropeo “pak”=stabilità, armonia, unità condivisa), ma alla preoccupazione di custodire la stabilità delle banche e dei suoi gnomi: è infatti noto anche nei manuali di geografia che la Svizzera opulenta costituita da 26 cantoni o regioni, un Paese di immigrazione la maggior parte proveniente dal Sud Italia, è il salvadanaio dei ricchi della terra, i quali pertanto la vollero “neutrale”! In tal modo l’orgoglio del cafone arricchito presume di rappresentare un caso particolare in Europa, non facendo nemmeno parte di quell’Unione Europea-UE (fallita) e Paese contraddistinto appunto da una interessata neutralità sin dal 1674, anno fatidico (per loro) della prima Dichiarazione di neutralità; dai primati per le industrie del latte e cioccolata (Nestlè, Emmentaler, Nescaffè, scatolame di carne); farmaceutiche (Roche, Novartis); orologi (Casio, Citizen, Seiko, Swatch); comitati vari: Croce Rossa, Onu, Fifa, Assicurazioni. L’orgoglio cafonal riteneva perciò la Svizzera dover essere sotto il patrocinio di un padrino immune dal contagio del “Coronavirus”, nonostante dal nord Italia, già infettata, ci fosse un continuo, sazio viavai della ricca finanza!

Ma il Segreto bancario elvetico (abolito a partire dal 2018 per le somme estere, ma ancora valido per i residenti e la popolazione svizzera) non poteva certo neutralizzare l’invisibile nemico, il virus che mieteva già, per esempio, nell’italico e florido lombardo-veneto. E così il cafone arricchito fu costretto anche lui a chiudere, addirittura a minacciare come il dispettoso e inconsolabile rosicone Don Mazzarò, cui il medico “polizei” diagnosticò una malattia micidiale, ed egli, scalciando gli innocenti gallinacei, urlò disperato: “roba mia, roba mia, viènitine con me!”; oppure mastro Don Gesualdo, altro avido cafone arricchito, becco e morto disperato, personaggio sempre del grande scrittore sìculo Giovanni Verga. Protagonisti opulenti davvero poco attraenti, perché nell’anima avari e pezzenti. Dov’è finito l’obliato leggendario eroe nazionale svizzero Guglielmo Tell del 1308? Dove la bandiera nazionale quadrata rossa con l’obliata Croce bianca al centro? Il proverbio napoletano: “Fìdate d’o signore ‘mpuverito, ma non fidare del sagliuto!”(Fìdati del signore impoverito, ma non fidarti del povero arricchito!). I cultori di Letteratura latina conoscono il santo scrittore Girolamo nella significativa Epìstola 120: “Il ricco o è un ladro o è erede di un ladro”. E dunque, carissimi, non fatevi giustizia da voi stessi, ma lasciate fare all’ira divina. Sta scritto infatti: -“A me la vendetta, sono io che ricambierò, dice il Signore”- (Rm 12,19). Papa Francesco ricorda: “La bara non ha tasche!” (continua)

*Pasquale Baldino – Responsabile promotore diocesano Cenacoli Mariani; docente ordinario Liceo; poeta (e-mail: prof.pasqualebaldino@libero.it)

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