CULTURA & SOCIETA'

Anteprima del Natale per gli ischitani d’America in festa che celebrano oggi l’attesa ricorrenza del tacchino, il “Thanksgiving-day” che coinvolge anche gli americani che vivono sull’isola

La festa americana del Ringraziamento nell’artistica illustrazione della pittrice isolana Angela Impagliazzo - Il tacchino in America simbolo sacro popolare immolato per il ringraziamento al signore questa sera nel tradizionale cenone di rito, saranno consumati in tutti gli Stati Uniti d’America la bellezza di 45 milioni di tacchini sacrificati sull’altare dell’appetito – Grande attesa per la festa dell’anno che è sentita dagli americani doc più del Natale e dell’Indipendenza – Il cenone è rigorosamente consumato in famiglia – Il clima di festa privata fra gli oltre cento americani che vivono nella nostra isola – La storia dell’evento che risale al 1621 e coinvolge i pionieri dell’epoca

Oggi per gli ischitani in America è festa grande, così come lo è per la folta schiera degli americani residenti nella nostra isola. E’ festa grande alla pari del Natale e della giornata dell’ Indipendenza che cade il 4 di luglio. E’ festa grande perché ricorre la giornata del Ringraziamento o Thanksgiving Day, che è una festa celebrata negli Stati Uniti ogni quarto giovedì di novembre mentre in Canada ogni secondo lunedì di ottobre. Quindi, se gli ischitani di Toronto e Montreal in Canada, hanno già festeggiato, oggi 28 novembre quarto giovedì del mese, lo faranno alla grande gli ischitani d’America e gli americani che vivono a Ischia anche se in forma strettamente familiare e privata.

Il tutto culmina col ricco pranzo dell’anno, dove viene sacrificato sull’altare dell’appetito l’animale storico della secolare tradizione, il Tacchino, in ringraziamento al Signore per ogni cosa buona trovata e vissuta nella nuova terra raggiunta. La preparazione a questa ricorrenza coinvolge un po’ tutti, perché ciascuno è lieto di vivere i giorni della vigilia nella dolce attesa della festa che puntuale arriva dispensando gioia ed emozioni. Quando ai primi del ‘900, migliaia di ischitani dai vari comuni dell’isola, emigrarono in America per cercare migliori motivazioni di vita, si imbatterono in avvenimenti tradizionali locali completamente estranei alla loro cultura, alle loro usanze paesane al proprio senso dell’amor patrio e della religione che per essi si riduceva a solo casa e chiesa. Fecero fatica a capire una festa che aveva come simbolo il tacchino con tanto di significato storico e sociale che essi, presi da altri interessi non capivano. Dovettero, almeno in parte, americanizzarsi, per immedesimarsi nella nuova cultura della terra che li ospitava. E fu così anche per loro festa pienamente recepita,tanto che, col passar delle generazioni, è diventata la ricorrenza dell’anno a cui meglio si dedicano. In California, in particolare a San Pedro, a New York, nel New Jersey, a Filadelphia, a Boston non c’è casa di ischitano emigrato o figli con nuova famiglia di vecchi ischitani emigrati scomparsi, che in questo giorno non sia avvolta dall’atmosfera festosa dell’atteso Thanksgiving Day, ossia del giorno del Tacchino e per meglio dire, del giorno del Ringraziamento, così come lo intendono gli americani. Prima dell’ora del Cenone che si aggira intorno alle 19,00, in tutte le case degli americani e dei nostri compaesani emigrati o figli di compaesani scomparsi, campeggiano addobbi che annunciano l’arrivo del prossimo Natale e prototipi colorati di tacchini di varie dimensioni, da quello gigante al centro del salone a quello medio da tavolo, e per finire a quello mini da tavolinetto e da comodino.

Ce li trovi negli uffici, nelle banche, nella scuola per ricordare la ricorrenza. Insomma , l’omaggio incondizionato al Re Tacchino in attesa di fargli vivere il più “glorioso” dei sacrifici in onore della specie, della storia e della tradizione. In questo giorno di festa, in America, nelle case degli ischitani emigrati ed in quelle degli americani residenti sull’isola, improvvisarsi chef da cucina per imbottire ed arrosolare per benino il Tacchino pronto per il “sacrificio” ‘ è l’ambizione del papà in famiglia che per l’occasione gli piace porsi a centro dell’attenzione del commensali, specie se fra essi vi sono invitati extrafamilia (quest’ anno però non vi saranno causa Covid). Il gusto va oltre la soddisfazione. Le famiglie ischitane storiche emigrate in America e loro discendenti, oggi rendono omaggio a questa festa americana in rispetto della tradizione e dei loro padri che da ignari la iniziarono. Ricordare i nomi ci pare doveroso: Famiglie Lauro, Pilato, Boccanfuso, Sogliuzzo, Buono, Amalfitano, Barile, Di Frenna. Artiano Trani, Pugliese, Zabatta, Iodice, Bristol, Colonna, Mellusi, Iacono, Mattera, Grimaldi, Costa, Califano, Camello, D’Abundo, Patalano, Monti, Carbone, Regine, Di Meglio,Cacciutto, Di Massa, Curci, Di Leva, Buonocore, Vuoso, Mazzella, Cigliano, Sasso, Pirozzi, Ungaro, Sorrentino, D’Ambra, De Girolamo, Di Bernardo, Morelli, Galante, De Luca, Mascolo, Vuoso. Cos’è il giorno del Ringraziamento? Il primo giorno del Ringraziamento viene comunemente fatto risalire al 1621, quando nella città di Plymouth, nel Massachusetts, i padri pellegrini si riunirono per ringraziare il Signore del buon raccolto. Nel 1863, nel bel mezzo della guerra di secessione, Abramo Lincoln proclamò la celebrazione del giorno del Ringraziamento, che da quel momento diventò una festa annuale e perse gradualmente il suo contenuto cristiano. Oggi rappresenta una delle feste più importanti per i nordamericani. In Europa la celebrazione è conosciuta grazie ai film e telefilm di importazione in cui viene rappresentata spesso come l’occasione di riunirsi attorno al famoso tacchino per ringraziare (Dio, la vita, gli amici, i parenti) per ciò che si ha.  La tradizione vuole che la cena venga sempre organizzata a casa, mai al ristorante, con familiari e amici. Il tacchino, che in ogni famiglia viene cucinato secondo la propria ricetta “segreta”, è accompagnato da salsa gravy, puré di patate, patate dolci, salsa di mirtilli, verdure e torta di zucca. La storia dei tacchini risale al popolo degli Aztechi, nelle Americhe appena conquistate, che li offrirono in dono agli spagnoli che li importarono in Europa. In breve tempo la sua presenza divenne così abituale da far dimenticare a tutti la sua provenienza. Ironicamente, l’americanissimo tacchino è stato poi “reimportato” più di un secolo dopo sulle coste del Massachusetts dai Padri Pellegrini del Mayflower che hanno dato inizio al suo consumo intensivo. E oggi, anche nell’aspetto, i 45 milioni di tacchini che vengono serviti sulle tavole statunitensi il quarto giovedì di novembre sono solo lontani parenti di quelli assaggiati dai conquistadores.

Fotoricerca di Giovan Giuseppe Lubrano Fotoreporter

lubranoantonio516@gmail.com
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