LE OPINIONI

«Caffè Scorretto» «La mancanza di visione e il danno che procura all’isola d’Ischia»

“Mancano i visionari” dice Vittorio, detto Vito. Ottantuno anni, progettista in pensione, ha realizzato una casa “solare” che da oltre 40 anni consente alla sua famiglia composta di dieci persone, di sfamarsi dell’energia che produce. Mancano i visionari, in Italia in particolare. Mancano i visionari sull’isola d’Ischia. Anzi quelli che si permettono di avanzare proposte nuove sono osteggiati, ostacolati e ridotti a “filosofi”, da chi per lo più vive nel pregiudizio rinforzato dalla convinzione che “no, non si può fare” mentre lo vedi nascondersi dietro qualche legge o, peggio, nell’operazione di far abortire spontaneamente ogni tentativo di ascolto, un’idea, un progetto che potrebbe funzionare, e tuttora funziona.

E pur non dovendo sfuggire agli studi e alle analisi (quelle fatte bene, però) a supporto, magari potrebbe funzionare associando la riconversione applicata alle abitazioni esistenti alla possibilità di prevedere sgravi “comunali” per chi intendesse iniziare la via dell’eco sostenibilità e produrre energia con la propria abitazione. E funzionerebbe se ciò fosse collegato a una gestione dell’energia in surplus, prodotta da ogni singola casa, da parte del comune. “No, non si può fare” li senti dire senza alcuna cognizione di causa. Qualsiasi cosa che già funziona in altre parti d’Italia, e d’Europa o nel mondo, non si sa come, a Ischia corre il rischio concreto di entrare in un buco nero. Non solo per la mancanza di visione, cui si unisce l’assenza di neuroni da inviare nella campagna militare a sostegno del ragionamento. Questo buco nero è alimentato in particolare da quel becero meccanismo che deve compensare tale assenza attraverso la pienezza e la sindrome del pavone, collegato a doppio filo col pregiudizio verso tutto ciò che assume le sembianze di una favola. “Bel progetto ma è una favola. A Ischia non funzionerebbe”, ci si sente ripetere spesso.

La settimana scorsa ho parlato dei taxi, della necessità di risolvere il loro problema, e il nostro ossia della collettività, che trova nel numero eccessivo di veicoli su strada il suo più grande nemico. Ho parlato, tra le altre cose, della necessità di dotarli di sistemi di pagamento alternativi alla moneta, per esempio le carte di credito. Nota a margine. Per circa 15 mila taxi, sparsi tra Milano, Roma e Napoli, tra qualche mese sarà possibile farsi pagare in Bitcoin per la corsa effettuata. “Scambio di moneta virtuale” attraverso una semplice applicazione. Poi il tassista può decidere se tenere la moneta in forma di cripto valuta o accreditarla sul proprio conto corrente nel corrispettivo in euro. Tutto ciò mentre qui ancora discutiamo se un regolamento unico, partendo dall’abolizione dei confini amministrativi tra comuni per i taxi, potrebbe funzionare e rendere così più agevole il lavoro per i tassisti e spingere a lasciare l’auto a casa favorendo l’adozione di tariffe per permetterlo. Un commento al “Caffè scorretto” della settimana scorsa, “Cercansi tassisti e di necessità virtù” pubblicato prima sul cartaceo poi sulla versione on line de Il Golfo, conteneva questo messaggio. “NOT IN MY NAME”, così si è firmato l’autore che mi ha scritto: “Ottime proposte in un paese normale non a Ischia e dove non ci riusciranno loro (i tassisti) a distruggersi o gli amministratori ci riusciranno le navette degli alberghi”. Intanto, grazie del complimento. Magari qualche tassista e amministratore lungimirante lo troviamo. Sono convinto però che le proposte debbano trovare seguito. Innanzitutto perché non si può più andare avanti in questo modo, ma è necessario, invece, darsi una svegliata e una svecchiata nel modo di ragionare, di pretendere e di adeguarsi al mondo che scorre veloce studiando nuove possibilità. L’abitudine ci distrugge.

Allo stesso modo ci distrugge la paura del cambiamento che si alimenta attraverso il mantenimento dello status quo. E questo ragionamento non si ferma ai taxi ma. Si espande inevitabilmente al turismo, ai rifiuti, alla raccolta della plastica e a ogni altro aspetto della vita quotidiana che ci interessa e col quale siamo intrecciati. Iniziamo a creare un ecosistema alternativo. Chi non sarà d’accordo sarà libero di non aderirvi. Fatti suoi se poi il mercato lo inghiotte e lo sputa fuori, comunque sarà stata una sua libera scelta. Il caso pratico per i tassisti si può fare. Un’autovettura ibrida consente oggi di abbattere i costi della sua gestione per circa il 70% (il costo per la benzina è tra i 20 e i 30 euro la settimana; l’auto ha un’autonomia di 150 – 170 Km), e il rientro dell’investimento iniziale è biennale, al massimo triennale. Non è lo stesso con quelle a benzina o diesel. Anzi, in questo secondo aspetto, i costi rischiano di aumentare e il mercato, alla fine, per sostenerli costringe ad aumentare i prezzi. Perché ragionando come si è sempre fatto e (non) affrontando i problemi che insistono, le questioni restano aperte. A volte diventano vere e proprie fratture non essendo in grado di risolversi da se. Personalmente eviterei di aspettare che o i tassisti, o amministratori fermi al medioevo o le fantomatiche navette spaziali che usano gli alberghi per i turisti o l’immobilismo pigro che notoriamente colpisce l’isolano, sia per noi, i promotori della disfatta del tessuto economico e sociale dell’isola d’Ischia.

Pagina Fb Caffè Scorretto di Graziano Petrucci

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Sempre ottime le sue proposte aspettiamo qualche lungimirante in tutte le categorie produttive dell’isola

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