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«Cannabis libera? Nel nostro paese regna l’ipocrisia»

La Corte Costituzionale ha bocciato il referendum sulla cannabis e, come era prevedibile, non si sono fatte attendere proteste e malumori, anche a Ischia. A Il Golfo le pungenti e amare considerazioni di Valerio Orlando de “I semi della discordia”

A seguito della decisione della Corte Costituzionale di rigettare il referendum sulla cannabis legale, si è sviluppato un aspro confronto tra il presidente della Corte, Giuliano Amato, e il comitato promotore del referendum circa la possibilità che il quesito potesse contenere errori di formulazione o che fosse posto in maniera errata.Come nel caso dell’altro referendum, ovvero quello sull’eutanasia, la situazione su determinati temi è tornata al centro dell’attenzione mediatica, e non solo. Infatti, sono stati tanti i cittadini che in rete hanno espresso la propria opinione a riguardo. Ma cosa ha fatto saltare il referendum sulla cannabis che nei mesi scorsi aveva raccolto un nutrito numero di firme? Amato ha così spiegato la decisione della Consulta: «Il quesito è articolato in tre sottoquesiti ed il primo prevede che scompaia, tra le attività penalmente punite, la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali. Se il quesito è diviso in tre sottoquesiti, io non posso toccare questo treno: se il primo vagone deraglia, si porta dietro gli altri due».In poche parole Giuliano Amato, durante una conferenza stampa, aveva fatto notare che ci fossero degli errori dicendo che non era stato possibile ammettere il referendum perché il quesito era formulato in modo tale da riguardare tutti gli stupefacenti, comprese le cosiddette droghe pesanti, e che anzi nella prima parte del quesito non si faceva nemmeno riferimento alla cannabis. I promotori, al contrario, hanno risposto a tono, dicendo che semmai è stata la Corte a non aver capito la formulazione del quesito e ad aver fornito un’interpretazione errata. Antonella Soldo,promotrice del referendum sulla coltivazione domestica della cannabis, ha affermato che ad essere stati affossati sono stati gli unici due referendum proposti dai cittadini con un’ampia raccolta di firme e mobilitazione. Insomma, la questione è piuttosto complicata e come sempre una parte dei cittadini è rimasta scontenta per la decisione che è stata presa. Anche a Ischia è possibile rintracciare un malcontento per nulla velato ed è per questo motivo che abbiamo deciso di ascoltare Valerio Orlando de I Semi della Discordia circa la bocciatura del referendum sulla cannabis. Ecco le sue impressioni:

La notizia, a dire il vero, era nell’aria. Hai mai sperato per un istante che potesse passare questo referendum, o non ci hai mai creduto?

«Io oltre ad essere un commerciante sono uno degli attivisti che, in compagnia di altre persone, si occupa della legalizzazione in Italia di tutto quello che ha a che fare con il mondo della cannabis. In passato ho fatto diverse campagne di sensibilizzazione e attualmente collaboro con i Radicali e con un piccolo partito che si chiama MeglioLegale, nato per la legalizzazione della cannabis e la decriminalizzazione dell’uso delle altre sostanze. A dire il vero, non ho mai pensato che il referendum potesse andare in porto per una serie di motivi.Ci ho sperato, ma purtroppo il movimento MeglioLegale non ha la forza parlamentare di altri partiti e questo, a mio modo di vedere, ha influito sul risultato finale, anche se sono state tante le firme raccolte a testimonianza che il tema della cannabis è molto sentito tra le persone. Nel nostro paese però su certe tematiche c’è ipocrisia e già con le votazioni sul referendum cercarono di metterci il bastone tra le ruote. Ricordo chesi votòonline con lo Spid e il risultato fu eccellente tant’è che venne superato di gran lunga il numero necessario per presentarlo in via ufficiale. Nonostante tutto già allora decisero di metterci in difficoltà e si appellarono ad alcune leggi, chiedendo informazioni sui votanti per accertarsi che fossero voti veri e non creati da un computer. Questo solo per far capire che alcuni temi evidentemente nel nostro paese sono ancora difficili da affrontare».

Sono state mosse molte critiche al quesito. La Corte Costituzionale, infatti, ha giustificato la bocciatura per via di errori di formulazione. Secondo te il controverso quesito era posto in modo scorretto o era chiaro?

«Il quesito era posto in maniera giusta, mentre è scorretto il meccanismo che regola quest’argomento. La legge sugli stupefacenti, infatti, è molto confusionaria e fuorviante inserendo al suo interno l’oppio, la coca, le piante da coca e quelle della marijuana. Essendo una legge del Novecento non fa le dovute differenze sulle varie sostanze e definisce dannosa anche la suddetta marijuana. Il modo in cui è stato posto il quesito era l’unico per renderlo valido, non potendo di punto in bianco cambiare la legge che purtroppo è anacronistica e non tiene in considerazione alcuni aspetti».

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Anche il referendum sull’eutanasia è stato bocciato. Credi che in Italia ci siano retaggi culturali del passato che impediscono di affrontare determinate tematiche?

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«Non credo che ci sia un retaggio culturale o del bigottismo su queste tematiche, parlerei piuttosto di altro, ovvero di incapacità del nostro governo nel gestire certe tematiche. Legalizzare oggi la marijuana avrebbe creato, a mio modo di vedere, molte problematiche e imbarazzo a un governo come quello italiano che storicamente non ha mai avuto il polso per farsi valere su determinate questioni e che non sa tenere duro quando si tratta di far rispettare le regole. Ad esempio, se domani si vendesse la marijuana al tabaccaio ci sarebbe sempre quella di contrabbando a prezzo inferiore e lo stato italiano non sarebbe in grado di sconfiggere quelli che la vendono illegalmente. Ecco, credo che si debba parlare di capacità molto limitate della classe politica italiana nel parlare di certe tematiche, piuttosto che di bigottismo o altro».

Per un’attività come la tua come influisce questa bocciatura del referendum?

«Per me il mondo che gira attorno alla cannabis è, in realtà, una passione perché nella vita io faccio altro. Avere il negozio I Semi della Discordia, poi, negli ultimi anni è diventato sì una sorta di secondo lavoro, ma alla fine dei conti è un qualcosa che mi piace e che faccio con impegno perché mi prende a livello emotivo. Di conseguenza, il risultato di questo referendum non influisce minimamente sulla mia attività. L’unica cosa che mi dispiace è che lo stato italiano ha deciso ancora una volta di favorire il mercato nero, sapendo di non avere le capacità per gestire una svolta che sarebbe stata storica per il nostro paese. Si è voluto solo procrastinare il confronto sul tema della cannabis, facendo un torto a tutti quelli che avevano creduto in questa battaglia».

Cosa consigli di fare adesso? È auspicabile ripartire con tutto l’iter per una nuova mobilitazione generale?

«Si, credo che ripartire con una nuova mobilitazione dal basso sia la cosa più opportuna da fare a breve. Con questo polverone del referendum, poi, spero che il piccolo partito MeglioLegale possa avere maggiore visibilità e che i giovani, che si affacciano alla politica per la prima volta, possano rivedersi e credere in battaglie come quella della legalizzazione sulla cannabis. A livello politico c’è sicuramente la volontà di portare avanti questo progetto che coinvolge tante persone».

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