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Carannante non andava arrestato, ecco le motivazioni del Riesame

Illustriamo i particolari dell’ordinanza con cui il Tribunale ha disposto l’annullamento della misura cautelare nei confronti del’ex assessore del Comune di Procida, difeso dall’avvocato Luigi Tuccillo

Il Tribunale del Riesame ha completamente smontato il quadro di presunta gravità indiziaria che aveva indotto il Gip ad applicare l’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per l’avvocato Carannante, che un mese fa aveva ottenuto l’annullamento del provvedimento. L’ex assessore del Comune di Procida, come è noto, era stato accusato del reato di tentata estorsione aggravata, ipotesi indirizzata anche verso la coindagata Rita Giuditta Giaquinto, ex assistita di Carannante, e proprietaria di un fondo confinante con un immobile del cugino, l’imprenditore Costagliola, presunta vittima del tentativo di estorsione.

L’imprenditore, pur di costruire sul confine, per compensare la violazione delle norme in materia di distanze e la rinuncia della cugina ai propri diritti di veduta, si sarebbe offerto di eseguire alcuni lavori all’interno dell’appartamento della signora Giaquinto, predisponendo una bozza di accordo. Quest’ultimo non incontrò il favore della signora, che riteneva congruo rinunciare ai propri diritti in cambio di una adeguata somma di denaro. L’avvocato della donna quindi fissò un appuntamento con la controparte presso il proprio studio, dove l’imprenditore si presentò col proprio tecnico, redattore del progetto dell’edificio. In quell’occasione il vicino ribadì di non voler cedere denaro in cambio della possibilità di costruire in violazione delle distanze prescritte dalla legge. E, secondo l’accusa, arrivò a quel punto la richiesta di 20mila euro da parte della signora. Una richiesta che invece, secondo la difesa, a prescindere dalla cifra, non può essere in alcun modo riconducibile a un tentativo di estorsione, accusa alla cui formazione concorrerebbe il ruolo pubblico ricoperto da Carannante, il quale avrebbe sollecitato controlli sul cantiere allo scopo di ostacolare l’imprenditore.

Il collegio giudicante ha ritenuto assente ogni intento estorsivo o minatorio da parte di Carannante nelle trattative tra la signora Giacquinto e l’imprenditore Costagliola, titolari di due fondi confinanti

Il Tribunale del Riesame ha in ogni caso ritenuto fondato il ricorso di Carannante, difeso dall’avvocato Luigi Tuccillo. Nelle motivazioni dell’ordinanza che ha annullato la misura cautelare, i giudici riflettono innanzitutto sulle contraddizioni tra il contenuto della denuncia e ciò che emerge dalle conversazioni registrate e intercettate, particolarmente in due occasioni, entrambe nel dicembre 2018. Nel primo incontro, il 3 dicembre, avvenuto nello studio di Carannante, quest’ultimo aveva riferito che la signora Giacquinto avrebbe chiesto una contropartita di 20mila euro, aggiungendo che ella era molto arrabbiata. L’imprenditore Costagliola in seguito decise di avere un nuovo colloquio con Carannante, e di registrarlo a sua insaputa.

Le dichiarazioni rese da Costagliola riguardo all’incontro del 3 dicembre e quanto poi accaduto, a distanza di pochi giorni, in occasione del secondo incontro, hanno indotto il Tribunale a una prima considerazione. L’intervento dell’avvocato Carannante avviene perché la signora Giacquinto, consapevole che il parente era in procinto di realizzare un manufatto sul confine delle due rispettive proprietà e preso atto che, probabilmente, l’uomo avrebbe anche realizzato delle luci nel muro del fabbricato posto sul confine con il suolo di sua proprietà, ritenendo di ricevere un danno da tali opere e non essendosi accontentata dei piccoli interventi manutentivi gratuitamente svolti nella sua abitazione dal cugino imprenditore, decide di non concludere alcun accordo scritto col Costagliola (come da lui propostole e sottopostole in visione con “raccomandata a mano”, con cui si sarebbe impegnata a tenere libere da ostruzioni le ‘luci’ del vicino) e di ‘trattare’ in modo formale il ristoro dovutole per il danno che lei ha ritenuto di essere in procinto di subire. La donna quindi si rivolge all’avvocato Carannante e gli conferisce l’incarico di agire nel suo interesse, determinando in 20mila euro il valore del ristoro. A questo punto avviene il primo incontro del 3 dicembre, durante il quale, come Costagliola riferisce, l’avvocato espone all’imprenditore lo stato d’animo della cliente che “spazia a 360 gradi, non è più solo una questione dei lumi ingredienti”, espressione secondo il Tribunale che non ha alcun significato minaccioso (come invece veniva ritenuto dal tecnico Lubrano, presente solo al secondo incontro).

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I giudici dunque ritengono che quanto avvenuto nel corso degli incontri tra il Carannante e il Costagliola nel dicembre 2018 non può essere interpretato come ricostruito dal denunciante, visto che “non emerge in modo chiaro e in equivoco l’intento estorsivo del ricorrente che, invece, dopo aver ribadito la propria veste di avvocato e di essere portatore della volontà della cliente che è molto ‘arrabbiata’ per il torto e il danno che ritiene di essere prossima a subire, ‘tratta’ con la controparte l’ammontare del danno che la cliente chiede che le venga liquidato”. L’avvocato Carannante nel corso del colloquio registrato non minaccia il Costagliola intimandogli il pagamento della somma di denaro né paventa un’azione a largo raggio della signora adirata. Carannante, proseguono i giudici, non minaccia ritorsioni legali o denunce in caso di mancato accordo ma si limita a spiegare che la cliente si è molto incattivita. In particolare, spiega che la donna si è rivolta a lui perché si è sentita ‘presa in giro’ ma che non era in grado di spiegare cosa fosse scattato in quanto la signora si lamentava non solo delle luci “ma spazia a 360 gradi, non è più una questione di luci ingredienti”. Al Costagliola è tutto chiaro ma manifesta assoluta tranquillità per tutte le opere che si accinge a realizzare perché il tecnico Lubrano lo ha tranquillizzato. Non nutre nessun timore per quanto riferitogli dal legale e anzi, è pronto a rispondere ad eventuali azioni della donna: “chiaramente ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria”, disse.

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A fronte delle risposte del Costagliola l’avvocato Carannante si limita a rispondere che avrebbe riferito alal cliente che lui era tranquillo, che non sapeva ancora se avrebbe fatto i lumi ingredienti “e che in ogni caso li avrebbe fatti secondo quanto previsto dalla legge”.

Il Tribunale ha escluso la gravità indiziaria del delitto di tentata estorsione, aggravata dal ruolo di assessore del Comune di Procida, a carico di Carannante

Il Tribunale rileva che se il legale avesse voluto minacciare il Costagliola, si sarebbe comportato diversamente e, ignaro della circostanza che il colloquio era registrato, a fronte dell’atteggiamento dell’imprenditore, sarebbe stato chiaro in ordine al contenuto della minaccia: pagare o essere denunciato. E invece, di ciò non vi è traccia. Quindi “l’impressione” avuta dal Costagliola dopo l’incontro del 3 dicembre, “appare non supportata da alcun in equivoco comportamento estorsivo da parte del legale.

I giudici ridimensionano anche le dichiarazioni del vigile urbano Intartaglia secondo cui Carannante avrebbe più volte sollecitato interventi di controllo sul manufatto del Costagliola ma che lui, non ritenendolo una priorità, non aveva dato disposizioni in tal senso, fino a quando il Comandante della Polizia municipale diede lui stesso l’ordine per i controlli. Lo stesso comandante precisò che non era la prima volta che l’assessore Carannante sollecitava interventi dei vigili per verificare la regolarità dei cantieri, “essendo un assessore molto attivo del Comune di Procida, per cui segnalava tantissime situazioni relativamente al paese, anche di natura non edilizia al fine di svolgere il ruolo istituzionale”, e dichiarava che in taluni casi le richieste erano “collegate a persone che vengono seguite dal predetto in qualità di avvocato”. Quindi, secondo il Tribunale, tali dichiarazioni non consentono di attribuire un significato illecito all’intervento del Carannante nell’interesse della propria cliente, visto che l’indagato non esita a sollecitare interventi di controllo anche quando sono coinvolti gli interessi dei propri clienti, ma è anche vero che egli opera abitualmente in tal modo senza che vi siano elementi da cui desumere l’intento estorsivo.

Fra l’altro, un ulteriore rilevante elemento che secondo i giudici dimostra l’estraneità di Carannante alle accuse è costituito dal fatto che già nel febbraio 2019, cioè due mesi dopo gli incontri tra l’avvocato e l’imprenditore, i rapporti tra Carannante e la signora Giacquinto erano mutati. Le indagini documentano infatti che in quel momento la signora è assolutamente insoddisfatta dell’operato del proprio legale che, a suo dire, si sarebbe addirittura ‘venduto al nemico’, cioè all’imprenditore, non avendo fatto nulla per agevolarla e, perfino avendo avvisato il Costagliola che la signora era in procinto di presentare una denuncia ai Carabinieri. Dunque, scrive il Tribunale, quando il 19 febbraio 2019 Lubrano riferisce all’imprenditore che Carannante lo aveva avvisato che la Giacquinto era furiosa ed era in procinto di recarsi dai Carabinieri, così invitandoli a trattare con la donna il ristoro richiesto, in realtà l’indagato non intendeva effettuare alcuna minaccia. Diversamente, Carannante avrebbe agito in accordo con la cliente che, invece, stufa dell’inerzia del legale, aveva deciso di agire da sola.

In alcune conversazioni successive, intercettate dagli investigatori, la donna si lamentava perché anche il secondo avvocato a cui si era rivolta, il Carannante appunto, non voleva farle presentare la denuncia ai Carabinieri, visto che l’imprenditore aveva un progetto approvato, cosa che aveva indispettito la signora inducendola a fare a meno dell’avvocato e a recarsi poi dai militari. Dunque, secondo il collegio giudicante, il racconto della donna, in cui ella assume di essere vittima e i cui responsabili sono addirittura i due avvocati cui si era rivolta, è coerente con la conversazione tra Carannante e il tecnico Lubrano del 19 febbraio, un giorno prima della denuncia ai Carabinieri da parte della signora. E i due controlli al cantiere di Costagliola vennero effettuati solo dopo tale denuncia; nel frattempo la signora aveva anche “licenziato” l’avvocato Carannante. Di conseguenza, siccome gli esiti investigativi non consentono di ritenere esistente la gravità indiziaria del delitto tentato, il Tribunale ha annullato l’ordinanza disponendo l’immediata liberazione dell’indagato.

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