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Clementina la “castellana” non ci sta e svela le tante “nuove verità”

Il difficile rapporto fra i due defunti  fratelli Antonio e Gabriele Mattera comproprietari del Castello d’Ischia,  finchè sono stati entrambi in vita, non ha fatto bene né a loro stessi e né alla conduzione gestionale dello storico ed antico maniero. L’uno (Antonio ?) si sentiva vittima dell’altro. Neanche dopo la loro scomparsa la situazione famigliare è  migliorata. La compagna di Antonio, del quale ieri  è ricorso  il quarto anniversario della morte, Clementina Petroni, non ci sta, ed afferma che “stanno venendo fuori tante altre verità”. Poichè l’argomento è delicato, abbiamo chiesto a Clementina  di svelarci di suo, queste verità, che secondo lei, stanno venendo fuori, invitandola a rispondere,  alla sua maniera, alle nostre domande nella seguente intervista.

Quando hai conosciuto Antonio Mattera e cosa di lui ti ha attratto?

“Sono trascorsi 40 anni da quando nel febbraio del 1977 conobbi Antonio Mattera, proprietario dei due terzi del famoso Castello Aragonese. Ero giovane, ed apprezzai la sua semplicità e signorilità. Non amava apparire. tutt’altro, era schivo e riservato. Non era incline a scendere a compromessi, e tale sua scelta  dovuta alla sua indole rigida, spesso gli ha creato dei problemi con i vari amministratori  di turno, poiché non ossequioso e riverente. Troppi bastoni fra le ruote ha incontrato lungo il suo percorso, anche per i piccoli progetti al fine di valorizzare la sua vasta area situata a levante.  Quest’ultima coi fasti degli aragonesi nel 1500, era la città fortificata  dove all’epoca 2000 famiglie, chiese, parrocchie, case nobiliari  dei Cossa, Calosirto, Lanfreschi, Assante, ed altri nobili ed illustri casati. Fu rifugio di regine e nobildonne che scappavano dai loro feudi della terra ferma.  Il Maschio del Castello ormai  in totale stato di abbandono, è ritenuto uno dei più importanti cenacoli del Rinascimento. Intellettuali da tutta Europa si riunivano tra le possenti mura. Antonio nella sua lunga vita è  stato realmente “custode” attento e scrupoloso del suo vasto territorio ricco di storia, di arte, di cultura. Non ha stravolto, non ha speculato. Fu generoso col fratello Gabriele, al punto che molto spesso lo aiutava  con i propri soldi , a restaurare i beni di quest’ultimo, e lui era ancora scapolo”.

 Come proseguiva il sodalizio con fratello Gabriele?

“Nel 1980 di comune accordo con Gabriele cominciò con le “Manifestazioni  del Castello Aragonese”.  Quantunque le spese per locandine, inviti e guardiania erano divise al 50%, Gabriele voleva il più delle volte che venissero allestite nella chiesa dell’Immacolata, mentre il Carcere Borbonico di proprietà di Antonio, rimaneva spesso nell’ombra.  Ci facevo caso io,  non Lui, preso com’era a difendere il Castello. Circa 20 anni fa, senza clamore, senza fare rumore, senza fare pubblicità, senza alcun finanziamento pubblico, aprì agli isolani ed all’intera umanità i circa 2 Km  del percorso di levante. Aveva restaurato chiese, sacrestie, torri di avvistamento, il terrazzo degli ulivi (giardino dove passeggiava Vittoria Colonna e la sua corte), palmenti, il cellaio, antichi percorsi con saliscendi di gradoni e gradini, il Museo Casa del Sole con le sue ampie sale, giardini, terrazzi, cortili, cocci di varie epoche, la mostra pittorica di tre foriani, Bolivar, Peperone, Clementina Petroni. Tutto questo lo rese gioioso, felice come non mai, stimolato anche dalla mia  presenza di giovane donna, che amava antiche vestigia, pietre  storiche, era al settimo cielo quando scavando con mani  venivano alla luce un lavatoio, un forno, una scala”.

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Due fratelli con visione diversa di concepire la valorizzazione del Castello. Antonio cosa pensava?

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“Il Museo Casa del Sole, articolato complesso appartamento di monaci brasiliani, di greci che venivano dall’oriente, sarebbe  potuto diventare un albergo di lusso con le circa 18 stanze  ed ubicato a pochi passi dall’ascensore. Ma Lui, Antonio, non avrebbe mai concepito una cosa del genere. Sarebbe stato un lusso per pochi, un bene storico sottratto all’umanità intera. Ha difeso il Castello dai vari attacchi  esterni. Ma si stremò, fin quasi alla fine dei suoi giorni, quando il fratello Gabriele gli fese chiudere il famoso  e mitico Night Club Castillo, e nacquero decine di contenziosi che durarono anni  a colpi di carte bollate”.

Perché il secondo ascensore che Antonio voleva non ha mai visto la sua luce?

“Anno 1994, in quell’epoca nacque nostro figlio Giovanni. Il suo sogno per l’appunto era di voler costruire un’ascensore al passo con i tempi, che avrebbe avuto una capienza di circa 40 persone rispetto alle 6 persone di quello odierno, con vetri laterali che lo avrebbero reso panoramico  e quindi meno soffocante e angusto per molti che soffrono di claustrofobia e ansia. Nonostante i permessi, i progetti, milioni di lire spesi per il pozzo verticale scavato nella roccia (ne sa qualcosa l’architetto Pasquale Mazzella), Antonio non ha mai potuto realizzare quella struttura della quale se ne sarebbe potuto avvantaggiare l’intero Castello e le migliaia di  visitatori. Il motivo è che fu bloccato da Gabriele  e famiglia. L’ingresso del nuovo ascensore si sarebbe dovuto costruIre accanto a quello dell’ascensore attuale. Per non lasciare in “eredità” a nostro figlio  Giovanni anche le decine di cause legali che durano anni, fece diverse transazioni col nipote Nicola. Quantunque molto bravo a difendersi, era stanco (anche per l’età) di lottare, poiché le energie venivano a mancare. Si premurò anche di togliere la licenza del Pub e del Night Castillo al nipote Oscar, il quale si era sempre vantato  di esserne il proprietario”.

Com’ era lo stato d’animo di Antonio nell’ultimo periodo della sua vita ?

“Nei momenti più critici, quando lo vedevo stressato fra i tanti faldoni di carta bollata, intento a studiare la strategia  per difendersi, mi diceva sempre le testuali parole; “Titti, le vie della Provvidenza sono infinite”.  Il Castello si difende da solo, però  dobbiamo pure dargli una mano. Quando Antonio era teso, si rilassava nel laboratorio, dove decoravamo  la ceramica,  dipingevamo quadri ad olio. Era bravissimo al tornio, con il quale realizzava piatti, ciotole, vasi etcc. Amava molto la fotografia bianco e nero. Nella camera oscura  di casa, ha stampato centinaia di foto. Grazie a Lui ho imparato tanto. Antonio è spirato la mattina del 19 novembre 2013, esattamente 4 anni fa.  Pochi mesi dopo il devastante incendio del Pab Castillo. Fu un colpo duro che si tenne dentro, come era solito fare.  Forse aveva capito, ma non commentò. Se ne andò in punta di piedi, senza clamore, senza fare rumore, così come aveva da sempre caratterizzato la sua vita.  E’ stato un galantuomo, tante verità stanno venendo fuori”.

Antonio Lubrano (antoniolubrano1941@gmail.com)

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