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L’appello: fare chiarezza sull’isolotto di Vivara

PROCIDA – Leggo lo sfogo “incazzato” del dr. Retaggio e mi sorprende non poco la Sua indignazione visto che diverse vicende da lui citate sono state approfondite dalla stampa cittadina (cfr a vari articoli su Procida Oggi di qualche anno addietro).

Il Dr. Retaggio chiama in causa gli amministratori in carica nel 2002 ed essendo il sottoscritto uno dei cirenei che all’epoca era nel CdA dell’Ente, provo a fare chiarezza sulla questione della istituzione della Riserva Naturale Statale Isola di Vivara che, da quanto scrive, nemmeno al dottore è ben chiara.

L’istituzione della Riserva Naturale è solo l’apposizione di un ulteriore vincolo al territorio dell’isolotto che nulla toglie al diritto di proprietà. Quanto affermo corrisponde esattamente a quanto scritto dal Direttore Generale del Ministero dell’Ambientenella nota del 18/7/2007, sollecitata dal CdA dell’epoca perché la Regione Campania, sostenendo che con l’istituzione della Riserva l’isolotto era passato “ex lege” al Comitato di Gestione della Riserva, voleva esimersi dalla formale riconsegna del bene locato nel 1995, essendo il contratto scaduto nel 2004.

Alla luce di ciò non è affatto “naturale”, come sostiene il Dr. Retaggio e molti altri fautori della fruizione gratuita della riserva, che lo Stato non paghi. Il sottoscritto, che è stato anche membro del Comitato di Gestione della Riserva quando il presidente era il Duca Amedeo d’Aosta, ha sostenuto in tutte le sedi che alla proprietà spetta un’indennità per mettere a disposizione il territorio della riserva, se si vuole renderlo fruibile al pubblico. Altrimenti la riserva è solo un ulteriore vincolo gravante sull’isolotto e null’altro, così come il vincolo paesaggistico o quello idrogeologico.

Orbene, la Regione Campania, dopo la tirata d’orecchi del Ministero e la presa di posizione del CdA in carica nel 2007, si convinse a riconsegnare Vivara che aveva locato nel 1995e la proprietà chiese al Tribunale di Napoli un appositoaccertamento tecnico preventivo per avere una perizia dello stato in cui veniva riconsegnato il bene. Tale adempimento si concluse agli inizi del 2008, poco prima che lasciassi il CdA. L’Ente ha dunque diritto a pretendere dalla Regione l’indennità di occupazione dalla scadenza del contratto sino alla materiale riconsegna del bene locato, salvo ulteriori indennizzi per il mancato rispetto di clausole contrattuali.

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Di quanto accaduto successivamente non ho conoscenza diretta; credo che l’Ente abbia messo in mora la Regione per ottenere il dovuto, ma i tempi non sono brevi.

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Vengo, poi, alle rivendicazioni degli eredi ed alla sentenza della Corte d’Appello di Napoli, allo stato favorevole ai discendenti dei benefattori dell’Ente Albano Francescano chemi risulta essere stata impugnata dinanzi alla Cassazione per un giudizio, si spera, definitivo.

Relativamente alla questione della modifica dello Statuto secondo il volere del benefattore ho già pubblicamente spiegato che nel 1946 non era stato possibile attuarla in quanto contro la legge vigente all’epoca; Procida Oggi pubblicò anche la foto della lettera con cui il Prefetto bloccava la modifica richiesta.

Per quanto riguarda la sentenza, da quanto scrive il Dr. Retaggio pare difenda le tesi degli eredi; sostiene, infatti,che l’Albano Francescano trattenendo una quota della pensione degli ospiti tradisca la regola di ospitare gli indigenti gratuitamente.

Lo Statuto dell’Albano Francescano, risalente al 1934, prevede da sempre che gli ospiti paghino una retta e che chi è indigente sia ospitato gratuitamente. Dato che l’Ente provvede ai loro bisogni (vitto, alloggio, medicine, cure, etc) e che lo Stato con la pensione assicura un sussidio – del tutto insufficiente a garantire la loro sopravvivenza ma cheli rende non indigenti, cioè non “in stato di estrema povertà” – trattenere una quota della pensione non può in alcun modo essere considerato un corrispettivo, cioè il pagamento dei servizi usufruiti presso l’Ente, che è, e resta, innanzitutto un’opera di beneficenza ed assistenza!

Il Dr. Retaggio – che per le argomentazioni portate ha di certo letto la sentenza della Corte d’Appello di Napoli – avrebbe dovuto indignarsi proprio nel leggere quella sentenza che lascia intendere che l’Ente Albano Francescano si sia trasformato in un albergo, con tanto di diritti e doveri economici, cioè un’impresa commerciale!

Ritengo personalmente indegna tale rappresentazione della realtà dell’Albano Francescano di Procida e sfido chiunque a dimostrare che l’Opera Pia è un ente commerciale. Da procidano mi sono sentito profondamente offeso da una sentenza che, per scippare la proprietà di Vivara ai poveri di Procida, vuole lasciare intendere una simile falsità! E, mi dispiace sinceramente che il Dr. Retaggio, di cui ho stima e mi onoro di essere amico, ne abbia seguito la traccia per dare sfogo alla propria insoddisfazione informativa sulla vicenda. Peraltro, essendo buon amico e frequentatore del nuovo rappresentante del Comune nel CdA dell’Albano Francescano, avrebbe potuto facilmente colmare eventuali lacune d’informazione.

Tornando all’appello dei nostri sacerdoti – a cui lo stesso Dr. Retaggio dice di poter plaudire sebbene lo ritenga velleitario ed ingenuo – a mio giudizio esso deve essere apprezzato per aver partecipato alla popolazione di Procida la situazione in cui versa l’Ente di assistenza e beneficenza isolana.

E’, peraltro, evidente che le risorse raccolte non possono rappresentare la soluzione al disavanzo strutturale dell’Ente, da ricercare nell’ottenere una rendita dall’isolotto di Vivara, piuttosto esse servono a superare un periodo critico che dura ormai da circa 12 anni, cioè da quando Vivara non dà alcuna rendita, e per fare ciò occorre l’aiuto di tutti. La popolazione e le Istituzioni, che finora hanno guardato a Vivara senza tener presente che essa è essenziale alla sopravvivenza dell’attività dell’Albano Francescano, devono dare il loro supporto a tutti gli sforzi che mirano a riconoscere alla proprietà una giusta rendita. L’appello, quindi, deve servire a far crescere la consapevolezza che Vivara deve garantire l’assistenza ai poveri di Procida, come voleva il benefattore Dr. La Chianca, e può servire anche all’Ente per uscire dall’isolamento in cui molti l’hanno relegato, imputandogli strumentalmente le tante difficoltà nell’avvio della Riserva di Vivara, la cui attività potrà essere sia occasione di sviluppo per Procida e sia di rilancio per l’opera dell’Albano Francescano sull’isola.

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