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Detenzione abusiva dell’arma, assolti padre e figlio

Il fatto non sussiste: il gip ha prosciolto gli indagati, difesi dall’avvocato Nicola Lauro, da tutti i capi d’accusa

Sono stati assolti da ogni accusa di reato, “perché il fatto non sussiste”. Il Gip del Tribunale di Napoli dottoressa Leda Rossetti, ha infatti pronunciato ieri una sentenza di proscioglimento nei confronti di Francesco ed Emilio Iovine, entrambi assistiti e difesi dall’avvocato Nicola Lauro. Al primo era contestato il reato previsto dall’articolo 20 bis della legge 110/1975 perché nella località di Buonopane, zona in cui si può svolgere attività venatoria, aveva consegnato un fucile da caccia – regolarmente detenuto – al figlio Emilio, pur se quest’ultimo (secondo l’accusa) non era abilitato al maneggio dell’arma, non avendo conseguito alcun titolo autorizzativo all’esercizio della caccia. A Emilio Iovine era invece attribuito il reato previsto dagli articoli 4-7 della legge 895/1967, per avere illegalmente portato in un luogo pubblico il fucile da caccia. Altra imputazione, stavolta a carico di entrambi, era quella di concorso nei reati previsti dagli articoli 56 e 624 del codice penale, 625 n n.2 e 7 in relazione all’articolo 1 comma 1 della Legge 157/1992, perché nella stessa zona di Buonopane, col fucile citato, allo scopo di trarne profitto, avevano posizionato un richiamo elettromagnetico, e avrebbero commesso “atti idonei e diretti in modo non equivoco ad esercitare la caccia di animali in libertà, costituenti patrimonio indisponibile dello Stato, attività non portata a termine per cause indipendenti dalla loro volontà”, nello specifico per l’intervento dei Carabinieri Forestali. I fatti risalgono agli inizi di ottobre di due anni fa. Il pubblico ministero dottoressa Vincenza Marra nel settembre scorso aveva quindi chiesto il rinvio a giudizio per i due indagati.

La strategia difensiva ha dimostrato, con articolati richiami alla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che per configurare il delitto di porto e detenzione abusiva di arma è necessaria la continuità e la stabilità, circostanze assenti nel caso in questione

Durante l’udienza di ieri, l’avvocato Lauro ha impostato la strategia difensiva puntando a dimostrare che per configurare il delitto di porto e detenzione abusiva di arma è necessaria la sussistenza del carattere di continuità e stabilità di tale condotta.

Più in particolare, il legale ha provato che Emilio Iovine non era affatto “imperito all’uso delle armi”, in quanto i certificati allegati alla memoria difensiva dimostrano che l’uomo ha superato l’esame di abilitazione venatoria.

Inoltre, riguardo alla seconda contestazione, Ia Cassazione ha chiarito che in tema di locazione e comodato di armi da guerra o comuni da sparo, la illiceità della condotta è esclusa solo alla doppia condizione che I’oggetto materiale sia “obiettivamente qualificabile quale arma per uso scenico o destinata ad uso sportivo o di caccia, e che I’arma concessa in locazione od in comodato sia effettivamente destinata dal ricevente all’uso scenico, sportivo o venatorio” precisando, poi, che non sussiste in capo al cedente il reato nel caso di consegna in comodato di un fucile da caccia per l’utilizzo di una battuta di caccia a soggetto non munito di porto d’armi”. Peraltro, sotto diverso profilo la Suprema Corta ha chiarito che “per la configurazione del delitto di detenzione abusiva d’arma comune da sparo è necessaria una relazione stabile del soggetto con la cosa, in quanto il concetto di detenzione per sua natura implica un minimo di permanenza del rapporto materiale tra detentore e cosa detenuta ed un minimo apprezzabile di autonoma disponibilità del bene da parte del soggetto” (Cass. Sez. 1, sent. 20.5.2008, n. 20935, Rv. 240287) .

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Nel caso in questione, come chiarito dalla Cassazione, rileva il potere di fatto esercitato con caratteri di continuità e stabilità, quindi non la detenzione occasionale non accompagnata dall’ “animus detinendi”. È evidente che il presunto possesso dell’arma da caccia, da parte del signor Emilio Iovine è di natura precaria, protrattosi per pochissimi minuti, e sotto Ia costante osservazione del signor Francesco Iovine, legittimo detentore, malato di cuore, che stava procedendo a pochi metri di distanza, allo scopo di superare la pericolosissima scarpata montagnosa, ove poi, proprio a causa della maldestra operazione condotta, è precipitato, procurandosi i danni documentati dalla cartella clinica. Pertanto alla luce del principio stabilito dalla S.C., e delle concrete modalità del fatto, l’avvocato Lauro ha sostenuto che non può ritenersi configurato una relazione di stabile disponibilità, tale da richiedere l’obbligo di denuncia e da integrare, in conseguenza, il delitto di avere illegalmente portato in un luogo pubblico il fucile da caccia.

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Infine, per quanto riguarda il terzo capo d’accusa, il legale ha spiegato che la legge 157/92, che disciplina l’esercizio venatorio, contiene solo ipotesi contravvenzionali, così come è un’ipotesi contravvenzionale la caccia mediante richiamo acustico: da questo punto di vista la condotta non può essere punita a titolo di tentativo, proprio perché non previsto per le ipotesi contravvenzionali. Anche in tal caso l’avvocato Lauro ha dimostrato con numerosi precedenti giurisprudenziali che il fatto non è previsto dalla legge come reato, anzi la Cassazione aveva stabilito inoltre che, trattandosi di fatto contestato come tentativo, non fossero neppure applicabili le ipotesi contravvenzionali configurate dalla nuova legge.

Considerato il possesso solo precario del fucile, è evidente che la finalità non era quella di apprendere capi di fauna selvatica, ma esclusivamente di rendere possibile al padre Francesco Iovine di poter superare indenne la scarpata montagnosa, avendo le mani libere per potersi reggere ai vari appigli che incontrava lungo la discesa. Infine non può dirsi provato, anche sotto un profilo di semplice indizio, la riconducibilità ai signori Iovine del richiamo elettroacustico abbandonato tra la vegetazione, trattandosi di zona di campagna aperta notoriamente frequentata da un gran numero di cacciatori.

La tesi prospettata dalla difesa è stata sostanzialmente condivisa dal Gip che, visto l’articolo 425 del codice di procedura penale, ha stabilito di non doversi procedere nei confronti dei due indagati in ordine ai reati contestati, appunto perché il fatto non sussiste. Il magistrato ha inoltre disposto il dissequestro dei beni e la loro restituzione agli aventi diritto.

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