CRONACA

Il clima ‘pazzo’ e lo smog aumentano il rischio di maculopatie senili

Uno studio canadese, pubblicato sulla rivista 'Ophthalmic Epidemiology', ha evidenziato una correlazione significativa tra maggiore probabilità di gravi problemi alla vista e temperature più elevate

La crisi climatica e l’inquinamento atmosferico ad essa legato rappresentano un’urgenza anche per la salute degli occhi, una minaccia che va ben oltre quella finora considerata di congiuntiviti e occhio secco. Uno studio canadese, il più ampio mai realizzato, pubblicato sulla rivista ‘Ophthalmic Epidemiology’ e condotto su 1,7 milioni di americani over 65, ha evidenziato una correlazione significativa tra maggiore probabilità di gravi problemi alla vista e temperature più elevate. I risultati sono stati discussi in occasione dell’11esimo congresso internazionale Floretina Icoor, con il patrocinio di Fondazione Policlinico universitario ‘Agostino Gemelli Irccs’ e dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. I dati, raccolti tra il 2012 e il 2017 attraverso interviste telefoniche, postali e di persona, hanno dimostrato che la probabilità di sviluppare gravi problemi agli occhi è del 44% più alta per coloro che vivono in regioni nelle quali la temperatura media annua è superiore ai 15,5 C rispetto a chi risiede in aree più fredde. E’ stato, inoltre, rilevato come quest’associazione risulti più marcata negli uomini e nei soggetti di età compresa tra i 75 e i 79 anni. I risultati dello studio rappresentano un campanello d’allarme, come conferma di una recente ricerca inglese e considerate le temperature eccezionalmente miti di quest’autunno e di tutto il 2023, ormai candidato a diventare l’anno più caldo mai registrato a livello globale.

“Gli occhi sono tra gli organi più suscettibili di sviluppare malattie derivanti da fattori ambientali”, spiega Stanislao Rizzo, presidente Floretina Icoor, direttore del dipartimento di oculistica del Policlinico A. Gemelli Irccs e ordinario di Oculistica all’universita’ Cattolica del Sacro Cuore di Roma. “Poichè si difendono dagli inquinanti atmosferici potenzialmente dannosi solo con un sottile film lacrimale precorneale, man mano che cambiano le condizioni ambientali cambia anche la prevalenza e la gravità delle malattie oculari”. “Finora, l’inquinamento atmosferico è stato considerato fattore di rischio per l’insorgenza di comuni disturbi come le congiuntiviti e la sindrome dell’occhio secco”, ricorda Rizzo. “Recenti studi clinici, invece, stanno iniziando a evidenziare effetti negativi a lungo termine anche sull’insorgenza e l’evoluzione di condizioni oculari ben più serie come la degenerazione maculare, una grave malattia di cui soffre un milione di persone in Italia e che, se non curata, può portare alla cecita’”. A dimostrarlo è uno studio inglese, condotto dall’University College of London e pubblicato su ‘British Journal of Ophthalmology’, che ha analizzato attraverso imaging lo stato della retina di 52.000 individui tra i 40 e i 69 anni. I risultati hanno evidenziato che le persone più esposte a un graduale aumento di particolato fine (PM2.5) mostrano un assottigliamento retinico con un rischio più alto dell’8% di degenerazione maculare legata all’età. “Le ragioni di questo legame molto preoccupante non sono ancora del tutto chiare e andranno indagate con ulteriori ricerche”, sottolinea Francesco Faraldi, direttore della divisione di Oculistica dell’Azienda ospedaliera ‘Ordine Mauriziano – Umberto I’ di Torino. “Tuttavia, l’inquinamento sembrerebbe agire sull’apparato visivo in maniera indiretta, tramite lo stress ossidativo e l’attività specifica di citochine infiammatorie a cui la retina è suscettibile a causa del suo elevato consumo di ossigeno”, sottolinea l’esperto.

“Ciò è indotto dall’aumento delle concentrazioni delle polveri sottili e da una maggiore esposizione alle radiazioni ultraviolette provocata dal buco nell’ozono. Inoltre, il danno ossidativo aumenta con l’età, portando a disfunzione retinica e perdita di cellule. Di conseguenza, la retina che invecchia è particolarmente sensibile ai danni causati dall’inquinamento atmosferico”. “Se il legame tra clima, inquinamento atmosferico e insorgenza di maculopatie e glaucoma venisse ulteriormente confermato da future ricerche”, prospetta Rizzo, “avremo individuato un fattore di rischio potenzialmente modificabile su cui intervenire per ridurre il peso economico e sanitario di queste patologie. Ciò rende ancora più urgenti e aggiunge peso alle risoluzioni che dovrebbero essere prese dalla Cop 28 per ridurre le emissioni di gas serra”. 

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