LE OPINIONI

IL COMMENTO Com’è profondo il mare

Questo articolo ha origine da una notizia curiosa apparsa, in settimana, sui quotidiani. In un villaggio di pescatori della costa caraibica del Venezuela (impoveritosi per carenza di gasolio e chiusura delle industrie ittiche), gli abitanti hanno misteriosamente trovato a riva, prima una medaglietta d’oro con l’immagine della Vergine Maria, poi centinaia di oggetti in oro e argento, che hanno portato un po’ di benessere a questi diseredati della Terra. Da qui la riflessione su quanto il mare sia importante e quanto può incidere sulla vita vera delle persone. Cosa c’è di più importante del mare per un’isola? Anche se parliamo di un gioiello della natura e della storia, come l’isola d’Ischia, ci accorgiamo che tutto, dal sole al cielo stellato, dalla geologia al termalismo, dal commercio al turismo, ruota – nel bene e nel male – intorno al mare. Ricordate una delle più belle, anche se la più ermetica, canzone di Lucio Dalla: “Com’è profondo il mare”? Lucio scrisse il testo della canzone da solo, dopo che aveva litigato col poeta Roberto Roversi che, precedentemente, era stato il paroliere delle sue musiche. “Frattanto i pesci/ dai quali discendiamo tutti/ assistettero curiosi/ al dramma collettivo/ di questo mondo/ che a loro indubbiamente/ doveva sembrare coattivo/ E cominciarono a pensare/ sul loro grande mare/Com’è profondo il mare”.

Chissà cosa penseranno oggi di Ischia i pesci. Penseranno, probabilmente, che quest’isola dimentica, troppo spesso, il debito che abbiamo col mare (che riempiamo di microplastiche e rifiuti di ogni genere) e dimentichiamo il credito che ancora possiamo vantare con esso (la bellezza della natura e il flusso commerciale e turistico che il mare può ancora generare e l’integrazione dei Paesi del Mediterraneo che può favorire. I pesci stanno a guardare, pensosi dell’incapacità nostra di decidere se e come fare i depuratori o se non sia il caso di puntare, nell’immediato, su un completamento e potenziamento delle condotte. I pesci stanno a guardare l’AMP Regno di Nettuno, ritornata ai Comuni e riaddormentatasi sotto la coperta del Covid 19 che nulla consente (Basta guardare la sciatteria del sito ufficiale on line). Tanto il Consiglio di Amministrazione del Consorzio di scopo è stato nominato (e normalmente qui si conclude l’impegno dei Comuni) con qualche avvocato in più e qualche esperto di cose marine in meno (vanno nella giusta direzione Gianluca Iacono, presidente dell’Associazione Nemo, per conto di Serrara e l’ammiraglio a riposo Giovanni Lombardi, per conto di Procida) I pesci stanno a guardare (a proposito, Erri De Luca scrisse un libro dal titolo “I pesci non chiudono gli occhi”, sarà per questo che stanno a guardare) che tra l’Italia e l’Europa si chiarisca il destino delle spiagge e delle concessioni balneari. L’Italia le proroga ad libitum, l’Europa vuole le gare e, intanto, minaccia serie sanzioni, che andrebbero ad aggiungersi alle sanzioni per mancato adeguamento alle norme antinquinamento (depuratori). Il cardinale di Napoli Sepe, al quale subentrerà l’arcivescovo Mimmo Battaglia, ha dichiarato che non lascerà il golfo di Napoli perché vuole “morire col mare negli occhi”. Incantamento del mare, che ha ispirato i più grandi poeti e scrittori, come Arthur Rimbaud: “L’eternità è il mare mischiato col sole” o come l’americano Walt Witman: “Il mare per me è un miracolo senza fine, i pesci che nuotano, gli scogli, il moto delle onde, le navi che portano gli uomini. Esistono miracoli più strani di questo?”. Per lo scrittore francese Albert Camus “Soltanto la musica è all’altezza del mare”. Per finire, Jorge Louis Borges scrisse: “Il mare è una lingua antica che non riesco a decifrare”.

Il guaio è che gli ischitani non ricordano abbastanza che il mare è “una lingua antica”, tanto antica che ci fece conoscere dagli eubei, che ci portarono la loro civiltà e tuttora gli ischitani non riescono a decifrare tutto il significato della lingua del mare e tutto il suo potenziale inespresso. Il mare dovrebbe essere per la nostra cultura, la nostra economia, il nostro turismo, l’asse portante, ma spesso ce ne dimentichiamo. Siamo un’isola contraddittoria, di luci e di ombre. E’ pur vero che tutta la storia del mondo è fatta di luci e di ombre, ma quando gli estremi delle negatività e delle positività si registrano in un’isola, il contrasto si staglia più netto. Edgar Allan Poe, nel racconto L’isola della Fata, parla di un’isola con un lato di luminosa bellezza e l’altro avvolto nella più profonda oscurità, in un percorso insulare che va dalla gioia al dolore. Sembrerebbe quasi che Poe avesse in mente l’isola d’Ischia. Nella positività dell’isola c’è anche il Laboratorio di ecologia del bhentos di Villa Dohrn. Per capire fino in fondo che cosa ha significato la famiglia Dohrn per Napoli e la Stazione Zoologica e per Ischia, a partire da Anton, il fondatore, e arrivare al nipote Pietro, bisognerebbe leggere il saggio di Theodor Heuss “L’acquario di Napoli e il suo fondatore Anton Dohrn”. Lo scienziato tedesco Anton fondò nel 1873 la Stazione Zoologica di Napoli, diventato il luogo d’incontro e confronto di scienziati di tutto i mondo, vi si parlavano tutte le lingue e vi passarono 19 Premi Nobel e circa duemila scienziati. La Villa sul Porto d’Ischia fu una appendice scientifica feconda oltre che ulteriore luogo ameno di incontro e socialità di menti e spiriti brillanti. Ad Anton successe il figlio Reinnnhard e, nel 1954, e per 13 anni, il nipote Pietro. Quest’ultimo, ecologo precursore, fu all’avangfuardia per la difesa del mare. Fu il primo, in Italia, a proporre il Parco Marino di S.Maria di Castellabate, nel Cilento. Scrisse, insieme a Giorgio Nebia, il Manifesto per un’economia umana e fu tra gli animatori di un memorabile Convegno sulle risorse marine, intitolato “ Pacem in maribus”. Pacem in maribus, quasi un ossimoro, perché difficilmente il mare è in pace. Il mare è tumulto, è scenario di guerre, è tomba di emigrati e pescatori, è specchio delle stelle ma anche assalitore di coste e spiagge che erode.

Più che la pace, il mare simboleggia la libertà, il senso più profondo della vita, che consiste nel partire sempre per nuove mete, senza arrivare mai a destinazione, a un porto finale, perché guai se esistesse una fermata finale. “Uomo libero, amerai sempre il mare!”scriveva il poeta francese Charles Baudelaire. Fortunatamente, tra le distrazioni e le sottovalutazioni di questi due beni che abbiamo, Stazione Dohrn di Napoli e Laboratorio di Villa Dohrn a Ischia, l’ONU si è accorta dell’assoluta eccellenza del polo scientifico marino e ha lanciato il programma “Ocean Decade” che, a partire dal prossimo anno e fino al 2030, si occuperà di protezione dei mari e di uno sviluppo socio-economico eco-compatibile. Una Blue Economy per contrastare cambiamenti climatici, acidificazione dei mari, distruzione della biodiversità, invasione di creature marine aliene. In tale prospettiva, la Stazione Dohrn di Napoli (con i fondi del Miur) sta potenziando il Laboratorio di Ischia con il reclutamento di nuovi ricercatori e con l’acquisizione di nuove strumentazioni. Ischia sarà al centro di questa ricerca pluriennale. Addirittura si cercherà di estrarre dal mare sostanze naturali in grado di contrastare alcune tipologie di tumore e, probabilmente, dal mare e dalle sue alghe, estrarremo inibitori della Sars CoV2. E pensare che c’è ancora qualcuno a Ischia che sottovaluta il Laboratorio. Più volte ho inutilmente proposto in passato che nel Consorzio di scopo dell’AMP Regno di Nettuno, a fianco dei Comuni di Ischia e Procida , ci doveva essere – alla pari – il socio Laboratorio di Villa Dohrn. Se non altro, avrebbe fatto da “cuscinetto” disinteressato e competente, tra le diatribe intercomunali.

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