LE OPINIONI

IL COMMENTO Ecco perché l’Italia è finita

DI LUCA ANTONIO PEPE

Il 23 gennaio 2024 con l’approvazione in Senato, in prima lettura, dell’autonomia differenziata è morta l’unità d’Italia. Anche se, in realtà, non è mai iniziata, probabilmente: basti considerare che i primi atti del nostro Stato erano scritti in lingua francese, chiara declinazione del nostro stato di colonia. Tuttavia, il punto è un altro, e cioè che finalmente si è attuato – almeno in parte – il ‘Piano Miglio’. Ecco, si è scritto molto del ‘Piano Gelli’, ma sull’ideologo della Lega Nord (Gianfranco Miglio) si è spesa poca attenzione. Una sorta di ‘Zes unica meridionale’ e secessione: questi erano i pilastri del ‘Piano Miglio’. Ovviamente, quando si parla di separatismo, esso non può avvenire dall’oggi al domani: il processo è graduale, pena l’incostituzionalità. Da qui il concetto di autonomia differenziata, sostenuta dal centrodestra e dal centrosinistra settentrionale. Un blocco unico. Se vi dicessimo che la Lega Nord abbia architettato con il piduista Licio Gelli per attuare la secessione e far gestire il Sud alla mafia, non ci credereste. Andiamo quindi per gradi. La svolta avvenne nel 2001: al Governo c’era una maggioranza di centrosinistra, che approvò la riforma del Titolo V della Costituzione, volta a potenziare le autonomie territoriali abbandonando la concezione centralistica statale. Di fatto si andò a ribaltare un punto cardine della Costituzione: se nei principi ogni materia non espressamente attribuita ad altro ente doveva rimanere in capo allo Stato, dopo la riforma tali competenze andavano a spettare alle Regioni, che si sostituivano così a “Roma”.

Successivamente, il 28 febbraio del 2018, a soli 4 giorni dalle elezioni, il Governo Gentiloni (con la Lega all’opposizione) approvò tre accordi preliminari con il Veneto (di Zaia), la Lombardia (di Fontana) e l’Emilia-Romagna (di Bonaccini), attraverso cui le 3 regioni gettarono le basi per richiedere l’autonomia differenziata. C’è da chiedersi come mai un Governo ‘scaduto’, che avrebbe dovuto occuparsi solo di ordinaria amministrazione, abbia approvato degli accordi di tale rilevanza. Facciamo un piccolo balzo indietro, di qualche anno ed entriamo nel vivo della vicenda. Leonardo Messina, storico uomo di fiducia di Giuseppe Madonia (tra i più potenti e sanguinari boss mafiosi di Cosa Nostra), fu il primo collaboratore di giustizia a indicare Giulio Andreotti quale referente politico della mafia: le sue dichiarazioni, rese anche al giudice Paolo Borsellino, contribuirono ad arrestare oltre 200 mafiosi. Ma, soprattutto, fu anche il primo a denunciare un piano segreto ed eversivo, volto a minacciare l’unità nazionale. Una pista che, inizialmente, colse impreparati i Pm, che si trovarono innanzi ad uno scenario inquietante che vedeva coinvolti Licio Gelli, la mafia, la Lega Nord e addirittura gli Stati Uniti d’America. S’interessò del caso il pm della Procura di Palermo Roberto Scarpinato, che aprì l’inchiesta denominata “sistemi criminali”. Venne archiviata, salvo poi essere riaperta. Seguì una seconda archiviazione e, ancora una volta, venne riaperta. Impreziosendosi con audizioni di pentiti, magistrati, politici, esponenti delle forze dell’ordine. Il caso si allargò e fu gettata luce su una trattativa Stato mafia. Un polverone senza precedenti, condensato in centinaia di migliaia i documenti. Nel calderone finirono politici illustri, mafiosi e imprenditori. Addirittura, saltò all’onere della cronaca anche un’intercettazione (“casuale e irrilevanti per le indagini” diranno i pm) tra l’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l’ex ministro Nicola Mancino nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Intercettazioni distrutte dal gip di Palermo mentre Napolitano si preparava a giurare per il suo secondo mandato al Quirinale, nel 2013. La vicenda divenne così grossa da offuscare l’inchiesta da cui era partita: torniamo, dunque, alle dichiarazioni rilasciate da Leonardo Messina qualche anno prima.

Leggendo attentamente gli interrogatori e le carte dell’inchiesta, balzano agli occhi degli scenari inquietanti. In particolare, secondo Messina negli anni ’90 fu deliberato un disegno finalizzato alla “creazione di uno Stato indipendente del Sud all’interno della separazione dell’Italia in tre stati. In tal modo, Cosa Nostra si sarebbe fatta Stato”. Quando il pm chiese: “Le spinte separatiste vengono da fuori o sono dentro i confini nazionali?”, Messina rispose “Penso che vengono da fuori dei confini nazionali”. Approfondendo il carteggio processuale, si apprende testualmente che “secondo Messina, il progetto, per finanziare il quale sarebbe stata stanziata la somma di mille miliardi, fu concepito dalla massoneria con l’appoggio di potenze straniere e coinvolgeva non solo uomini della criminalità organizzata e della massoneria, ma anche esponenti della politica, delle istituzioni e forze imprenditoriali”. E ancora: “Il progetto consisteva nella futura creazione di un nuovo soggetto politico, la Lega Sud o Lega Meridionale, che doveva essere una sorta di “risposta naturale” del Sud alla Lega Nord”, ma che in realtà era “al servizio di Cosa Nostra”. Uno dei protagonisti dell’operazione sarebbe stato Gianfranco Miglio, vero artefice dell’operazione politica “Lega Nord”, dietro il quale vi sarebbero stati Gelli, Andreotti e non meglio precisate forze imprenditoriali del nord interessate alla separazione dell’Italia in più Stati”.

Fermiamoci un attimo. In poche righe avete appena appreso che (stando a queste dichiarazioni) la Lega Nord, tramite il suo ideologo Gianfranco Miglio, avrebbe avuto una parte significativa in un tentativo di golpe statale, volto a suddividere il Paese in macroregioni (uno dei punti del Piano di Gelli e, negli ultimi anni, del Centrodestra), lasciando il Mezzogiorno nelle mani della mafia. Il tutto con la complicità di potenze straniere (si citano gli Stati Uniti), del piduista Licio Gelli e del più volte Presidente del Consiglio Giulio Andreotti. Cioè, è mai possibile tutto questo? Sembra una tesi complottista, una bufala. Così, siamo andati a studiare meglio il profilo del padre della Lega Nord, il Senatore Miglio, venendo a conoscenza di alcune sue dichiarazioni (rilasciate nel ’92 al Giornale) che sembravano gettare le basi per il tentativo di golpe denunciato da Messina: “Io sono per il mantenimento anche della mafia e della ’Ndrangheta. Il Sud deve darsi uno statuto poggiante sulla personalità del comando. Che cos’è la mafia? Potere personale, spinto fino al delitto. Io non voglio ridurre il Meridione al modello europeo, sarebbe un’assurdità. C’è anche un clientelismo buono che determina crescita economica. Insomma, bisogna partire dal concetto che alcune manifestazioni tipiche del Sud hanno bisogno di essere costituzionalizzate”.

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