LE OPINIONI

IL COMMENTO Galeazzi, un gigante al Meeting di Ischia

Negli anni ‘80 quando un manipolo di ragazzotti provava ad entrare nel mondo, per certi versi impenetrabile del giornalismo, c’era una manifestazione che più di ogni altra rappresentava un momento di svolta, magari anche di illusione, certamente un’occasione di crescita e di consapevolezza. C’è ancora quell’evento, grazie all’intraprendenza e alla follia di Franco Campana, che decise di portare ad Ischia, ad ogni inizio estate, il gotha del Calcio internazionale e tanti protagonisti dello sport, della cultura e del mondo dello spettacolo. Era il Meeting Estate, una kermesse comprensiva di tutto ciò che di più bello possa essere associato all’incanto dell’isola d’Ischia. Un appuntamento che, soprattutto nelle prime edizioni, si caratterizzava anche per un singolare, accattivante paradosso. Un Meeting dedicato prevalentemente al Calcio, dove però il ruolo da protagonista lo ricopriva un’altra disciplina, il Tennis. Tutto ruotava attorno a due campi in terra battuta, dove calciatori, attori e giornalisti si sfidavano in epiche contese. Attorno a quei campi si consumavano amori, avventure e tradimenti ma anche trattative e accordi. Quel manipolo di ragazzotti con i capelli lunghi e i sogni ancora tutti da infrangere, erano “capitanati” da Marco Lobasso, che del Tennis era ed è una sorta di voce narrante, scrigno prezioso, custode di notizie e di aneddoti. In quella settimana avevamo tutti il privilegio di diventare amici di serate in discoteca, compagni di squadra e commensali ad un tavolo da ristorante, di calciatori di serie A, presidenti di società sportive, attori e modelle della Televisione. L’emozione più forte, però, la dava il poter stare accanto ai giornalisti famosi, quelli che sapevano davvero cosa fosse una notizia, i maestri sul campo e non quelli da social media, nascosti dietro la tastiera di un pc. 

Fu nel corso di una di quelle edizioni del Meeting Estate che ebbi l’opportunità di conoscere Giampiero Galeazzi. “Bisteccone” era enorme, per la sua mole imponente ma ancor di più per tutto quello che rappresentava per noi ragazzi. Era la voce dello sport, uno dei rari casi in cui il racconto di un evento sportivo diventò più famoso dell’evento stesso. Le vittorie dei fratelli Abbagnale non sarebbero state le stesse, senza le urla di Giampiero che accompagnava le vogate di Giuseppe e Carmine, sollecitati dal timoniere Peppiniello Di Capua. Anche a Panatta saremmo meno legati se non ci fosse stato Galeazzi a raccontarne vittorie e sconfitte, pregi e debolezze. E poi quel racconto della prima festa scudetto del Napoli di Maradona, in uno spogliatoio che trasuda di felicità, gli occhi di Diego che brillavano di gioia e quel gavettone che divenne simbolo di una vittoria. Era un calcio che trasmetteva emozioni vere. 

In un pomeriggio caldo di quel Meeting, mentre giocavo a tennis sui campi dell’hotel Reginella a Lacco Ameno, Marco Lobasso mi chiama in disparte e mi dice “c’è da fare due scambi con Galeazzi. Mi raccomando, lui gioca bene ma…”. Insomma mi fece capire che sarebbe stato molto meglio se non lo avessi sconfitto. Non ricordo come finì la partita, forse neanche contammo il punteggio, ricordo solo che alla fine mi disse con il suo accento romanesco “aho ma quanto corri! Le prendi proprio tutte…”, poi andò via. Vidi la sua mole gigante allontanarsi dal campo e restai in disparte a godermi il mio momento di gloria, fiero di poterlo raccontare a mio padre e ai miei amici. Non l’ho mai più incontrato in vita mia. Ora che Giampiero Galeazzi è andato via, tutto il mondo della stampa è più povero. Mancherà all’Italia e mancherà anche alla memoria della nostra isola verde. Mancherà a tutti quelli che ancora credono che lo sport sia fatto di narrazione, cultura e approfondimento. A quelli che vorrebbero andare oltre la tracotanza, il pressapochismo e la superficialità dei burattini della notizia, che trasformano il mestiere più bello del mondo in un palcoscenico di oscene amenità e false informazioni. 

* DIRETTORE “SCRIVONAPOLI”

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