CRONACA

IL COMMENTO Giovanni Trofa e le riflessioni sulle morti bianche

DI ARIANNA ORLANDO

Anche questo nostro racconto potrebbe iniziare come una delle novella di Verga: erano gli anni ottanta quando Giovanni Trofa, che per secondo lavoro faceva l’operaio presso una ditta edile, perse la vita mentre scavava un pilone di terra. Non immaginava di certo, l’uomo, che quello stesso gli si sarebbe rivoltato contro furioso e che furioso l’avrebbe stordito, stritolato e soffocato come se avesse avuto le spire e come se fosse stato un serpente. Era il 1972 quando, a Sanremo, Anna Identici cantava “Era bello il mio ragazzo, sempre pieno di speranze” e diceva cose che alludevano alla corsa che fa il capo masto quando si dimentica dell’impalcatura oppure alla testardaggine dell’operaio che, per fame e per bisogno, abbassa la testa verso il pavimento e si finge un poco sordo e un poco cieco. Di Mastro Misciu, padre di Malpelo, il Verga scriveva “ha fatto la morte del sorcio” per indicare che l’uomo era morto offrendo la sua vita e portandosela appresso riversa nel calice delle sue mani unite, quasi che la vita non fosse cosa sua ma del mondo e non fosse bene suo soltanto ma un modo per far vivere gli altri. In questa prospettiva di analisi non ci è concesso e non è nostra volontà parlare dei Cristi sotto i piloni di terra, dei padri riversi dal peso delle travi, della vita scolata con il sangue attraverso i pertugi delle ossa rotte, come se questa fosse l’unica visione possibile o la fine inevitabile. Esiste l’uomo (per dire umano) che a sera torna e non vive solo nelle novelle di Verga ma anche negli idilli di Leopardi, nelle poesie di Pascoli e sotto le cime dei boschi di D’Annunzio dove “piove, Ermione”. Esiste che l’uomo che si alza come impalcatura per la salvezza di altri uomini esiste l’uomo che è corda, che è casco, che è scarpa antinfortunio per l’uomo nudo e scalzo e costui è proprio l’uomo in cui è stata infusa la possibilità di comprendere.

Ecco, allora che il discorso si estende, perché è come il mare e si dilata, e quando pensi di essere giunto da qualche parte ti accorgi in verità che sei solo su una riva e che ce ne sono in verità più di mille altre che il mare tocca, e che tu sei solo l’uomo sulla punta delle onde con la barca e il mare è un dio antico che imita il Dio vero e non ha forma, non finisce, perché si rigenera in un tutt’uno con il cielo. Dunque siamo arrivati a una riva dove ci vengono incontro gli scolari dai cuori palpitanti e che sussurrano parole come democrazia e libertà ma cos’è la democrazia e cos’è la libertà fintanto che esiste il padrone del lavoro e, quando non è buono e non è giusto, qualora non fosse buono e non fosse giusto, sembra un tiranno o un Mangiafuoco uscito dalla storia del Collodi? E cos’è la sicurezza sul lavoro se non la si spiega con esempi semplici: tuo padre che indossa il caschetto, tua madre che mette ai piedi le scarpe antinfortunio?

Tu pensa se si dovesse riformare il lessico e grazie alle parole-antidoto disciolte fra gli uomini e i propri lavori, come “antinfortunio”, “regola”, “diritto”, elmo” nascessero nuovi significati veri come “rispetto”, “rispetto per la vita, per il lavoratore, per il suo lavoro”, pensa a come si sentirebbero le parole in uso “morti bianche”, “morti ingiuste sul lavoro”, “incidenti fatali”. Io credo che si sentirebbeto tristi e desolate di non essere usate più ed emigrerebbero verso luoghi più lontani, dove non esiste la luce del sole, dove non ci sono i giardini con i fiori, oltre il cosmo che conosciamo, oltre la vita e il rispetto.

Ads

Articoli Correlati

0 0 voti
Article Rating
Sottoscrivi
Notificami
guest

0 Commenti
Inline Feedbacks
Visualizza tutti i commenti
Pulsante per tornare all'inizio
0
Mi piacerebbe avere i vostri pensieri, per favore commentatex