LE OPINIONI

IL COMMENTO Governance e cabine di regia

Come se la politica fosse un film, sempre più spesso vengono insediate “cabine di regia”. Ultima, in ordine di tempo, la cabina di regia istituita dalla Regione Campania, che vede impegnati esponenti della Regione assieme a rappresentanti del Comune di Procida, per gestire Procida Capitale della Cultura 2022. Procida ha deciso di gestire direttamente, come Comune, l’evento che la vede, ormai da mesi, al centro dell’attenzione dei media. Ha un direttore che l’ha portata al successo, Riitano; ha – nel Teatro San Carlo – un coordinamento di quelli che saranno gli spettacoli, ora avrà anche una cabina di regia. Sarebbe stato, a mio avviso, più semplice se la Regione Campania avesse avuto un Assessore alla Cultura.

Logica avrebbe voluto una catena di comando siffatta: Sindaco del Comune di Procida o suo delegato, Assessore regionale alla Cultura, Ministro Franceschini della Cultura. La cabina di regia, nella quale il ruolo principale verrà sicuramente ricoperto dalla Dirigente regionale, Capo del Dipartimento Cultura, Rosanna Romano, è un sistema di “filtraggio ”per cui la politica (in questo caso De Luca) incanala risorse, programmi, eventi in un quadro di conciliazione della miriade di interessi elettoralistici in campo. Lo stesso dicasi dell’Area di Bagnoli ex Italsider, lo stesso dicasi per tutte le altre ipotesi di “cabina di regia”. Spesso queste cabine di regia finiscono col mortificare le assemblee democratiche, perché ne surrogano i poteri deliberativi. In altre parole, mentre è facile contestare “l’uomo solo al comando” essendo evidente ogni sua decisione monocratica, è più facile che una decisione scaturita da un organismo collegiale, come la cabina di regia, passi come il frutto di un confronto tra soggetti e pareri diversi. Senza riflettere che è, al massimo, un modo di decidere in una sorta di “ stanza di compensazione” i diversi interessi in campo.

Fuori di metafora, nel caso emblematico di Procida, poco conterà il Consiglio comunale di Procida, pochissimo il Consiglio regionale della Campania, molto conterà il grado di compromesso che si stabilirà all’interno della cabina di regia, con la conciliazione tra imprese, interpreti, progetti di estrazione procidana e quelli di provenienza e marchio regionale, nella speranza che il Direttore Riitano non resti schiacciato nella morsa. D’altronde, la logica pubblica della “governace” è ben lontana dalla logica privata. Quest’ultima è mirata al raggiungimento del massimo obiettivo economico, quella pubblica punta invece al raggiungimento del massimo obiettivo di “consenso”; e se il consenso, per alcuni è raggiungibile su scala locale, per altri lo è su scala regionale o addirittura nazionale, allora la governance si riduce a semplici spot pubblicitari da passare sulle TV locali o su quelle nazionali. E,attenzione, che le cabine di regia non sono uno strumento alternativo al Sindaco, al Governatore, al governante nazionale che si atteggi a despota. E’ esattamente la seconda faccia del potere assoluto e personale del leader monocratico. Siamo al cospetto di un Giano bifronte politico: la cabina di regia è la logica prosecuzione e attuazione del monocratismo di certi leader. Il peggio è che la gente ( la maggioranza di quelli che votano) si è assuefatta a questo tipo di governance. Prova ne è che i Sindaci o i Governatori godono generalmente di ampia popolarità, amplificata anche dall’utilizzo massivo, che gli amministratori fanno, dei social. Prova ne sia che capita di leggere consensi incondizionati ed acritici, a volte anche semplicemente un “ciao Sindaco” o emoticon di circostanza ( smaill, mani che applaudono ecc.)

Tutto questo è un inganno verso l’opinione pubblica, perché “distorce” la corretta informazione e trasparenza dell’attività pubblica dell’amministrazione. Distorce perfino quello che fanno le “maggioranze” consiliari. Prendete l’esempio delle Amministrazioni comunali: parlano sempre e solo i Sindaci (lo stesso avviene anche per i Governatori regionali), Quasi mai riusciamo a sapere, di ciascun assessore, quali iniziative ha messo in campo o di ciascun consigliere comunale, di quali segnalazioni, interrogazioni, interpellanze, si è reso protagonista. Quale giudizio di merito potrà mai dare l’elettorato su ciascuno di essi? Nemmeno a dire che lo facciano in sedi improprie, extraistituzionali, per esempio sui social. Anche qui parla solo e soltanto il “capo”. A domanda, questi consiglieri o assessori, costretti nel grigiore dell’anonimato, rispondono: “Su questo argomento non so rispondere, se ne occupa direttamente il Sindaco”. Una volta il “dissenso” era il sale della democrazia, la dimostrazione dell’incondizionabilità del mandato popolare dato a ciascun consigliere. Adesso viene premiata l’obbedienza, il mantenimento degli equilibri trovati, l’omogeneizazzione intorno al fare del Sindaco, il “silenzio” ipocrita. Sento parlare solo di “mancanza di competenza”, mai di “dignità calpestata”, di “eticità comportamentale inesistente” di mancanza di trasparenza amministrativa. Forse ci vorrebbe un nuovo Charlot (Charlie Chaplin) per farci ironicamente capire le logiche del “Grande dittatore”. Lui lanciava messaggi universali e ipotizzava che il dittatore giocasse al pallone col mappamondo; noi, più modestamente, potremmo ipotizzare novelli e piccoli dittatori locali che giocano con un “fresbee”, lanciandolo all’impazzata e facendolo passare di mano in mano tra i 6 Sindaci ( anzi 5 e un commissario prefettizio). A questo è ridotta, oggi, la democrazia degli enti locali.

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