LE OPINIONI

IL COMMENTO Il tema scuola-società nella fiction televisiva e nella realtà ischitana

Michelangelo Messina ci ha fatto conoscere già anni fa, invitandolo all’Ischia Film Festival, il regista Alessandro D’Alatri. Al Castello Aragonese fu presentato un delicatissimo film del 2010 dal titolo “Sul mare”, che si svolgeva tra Formia e Ventotene. Più di recente, alla 19^ edizione di Ischia Film Festival, D’Alatri è stato premiato per le fiction targate RAI, tratte dai libri di Maurizio de Giovanni. Il regista (cinematografico e televisivo) ha un forte legame con il mondo dei ragazzi e della scuola. Ed è così che è nato “Un professore”, un’ottima fiction televisiva che sta appassionando migliaia di telespettatori, grazie anche ad una grande interpretazione di Alessandro Gassman. Chiunque sta seguendo la fiction si sarà accorto che c’è un modo di fare scuola che rifugge da due opposte cattive tentazioni: da un lato l’insidia di Cariddi, ovvero la tendenza a rinchiudersi nei confini strettamente scolastici tra le quattro mura dell’edificio, in una specie di torre d’avorio; dall’altro lato l’insidia di Scilla ovvero la tendenza a banalizzare l’impegno scolastico, annacquandolo in sociologismi d’accatto. La scuola non è solo “lezione frontale” ma è anche apertura e comprensione della società esterna, in particolare è conoscenza del territorio in cui opera e forma gli studenti.

Alessandro D'Alatri
Alessandro D’Alatri

C’è un recente importante libro dei coniugi Paola Mastrocola, insegnante di Lettere e Luca Ricolfi, sociologo e statistico, dal titolo “Il danno scolastico”. In questo libro vengono dette alcune verità incontrovertibili, come l’attacco alla eccessiva burocratizzazione della scuola, con test a crocette, progetti extracurricolari, giustificazionismi esagerati di tipo socio-ambientale, ingerenze corporative dei sindacati di categoria. Ma si esagera, a mio avviso, nel libro, sull’importanza esclusiva dello studio a tavolino e nell’addebitare solo ad una certa cultura di sinistra tutte le carenze dell’attuale sistema scolastico, le cui responsabilità sono allargate e abbracciano governi di vario colore. Un ottimo esempio di giusto equilibrio tra scuola e territorio è avvenuto di recente ad Ischia, ad opera dell’ISS Cristofaro Mennella e della sua dirigente Di Guida, con il progetto “Ripartiamo”. Proprio come “Un professore” televisivo, dove Alessandro Gassman è capace di impartire lezioni di filosofia partendo da esempi concreti e palpabili della realtà in cui siamo quotidianamente immersi, allo stesso modo il progetto “Ripartiamo” ha cercato di conciliare l’ineliminabile studio a tavolino con l’apertura alla comprensione della realtà territoriale, della sua identità, della sua storia. Come altrimenti potrebbe consolidarsi una conoscenza scolastica in mancanza di un sostrato identitario su cui collocarla? Certo, lo studio e la formazione riguardano il singolo individuo e presuppongono impegno ed applicazione, ma l’uomo non vive da solo, è un componente della società e trova senso nelle relazioni con gli altri, in particolare nel territorio in cui nasce, cresce, matura (tranne poi ad andare eventualmente via per altre realtà geografiche e socio-economiche). In tal senso, la decisione dell’ISS Mennella di affidare alla brava archeologa Mariangela Catuogno il compito di illustrare e poi accompagnare al MANN gli studenti di IV ITT e ITTL a visitare la nuova disposizione dei materiali repertati dell’isola e in particolare del sito di Punta Chiarito, così come la decisione di far illustrare all’ing. Domenico Iacono la storia, dal 1828 al 1978, dei trasporti marittimi tra le isole del golfo e la terraferma, sono decisioni che non possono essere rubricate come “sociologismi” che minano la serietà delle lezioni frontali.

La Catuogno ci ha mostrato come in particolare i reperti di Punta Chiarito, esposti con un nuovo allestimento al Mann, nella sezione Preistoria, dimostrino che Pithecusa non era solo luogo di passaggio per i Greci, ma che costituiva già una vera e propria “città”, nel senso che erano presenti sull’isola più agglomerati umani (con interscambio con la cultura greca) fatta di pescatori e agricoltori. Per esempio, i reperti dei cosiddetti “crateri” (vasi per bere vino con acqua) stanno a dimostrare che anche negli strati umili di pescatori e agricoltori era diffuso il loro uso. I Greci, per Ischia, non sono stati di passaggio ma ci hanno intriso della loro cultura. Che dire poi della interessantissima storia dei trasporti marittimi nel golfo di Napoli, curata ed illustrata dall’ing. Domenico Iacono? Stralciamo alcune notizie storiche dalla Relazione dell’ingegnere. Fino al 1838 il traffico tra le isole e la terraferma venne disimpegnato da feluche e barche a vela (per passeggeri e mercanzie). Nel 1838 fu costruito il battello Furia nei cantieri di Castellammare di Stabia, per collegare quotidianamente Napoli-Castellammare-Sorrento e il giovedì e la domenica anche Ischia e Procida. Dal 1851 l’armatore Carlo Garavini (proprietario del palazzo ex D’Ambra Vini e poi comunale) istituì una corsa regolare Ischia-Procida-Napoli per due giorni alla settimana. Garavini era genero del medico di origine francese Chevalley de Rivaz, promotore del termalismo a Ischia. Intanto nel 1854 veniva inaugurato il Porto d’Ischia (prima lago) voluto da Ferdinando II di Borbone. Dal 1865 la Società Anonima di Navigazione Procida-Ischia tra vari armatori istituì un collegamento (compreso servizio postale) tra le isole partenopee e quelle pontine (Santo Stefano, Ventotene, Ponza).

Nel 1879, gli armatori Antonio Manzi, Arcangelo e Luigi Manzi, fondarono la Società Napoletana di Navigazione a Vapore, con il piroscfao Regina Margherita ed altri tre. Dopo il terremoto a Casamicciola, si affievolì il traffico marittimo da e per Ischia, spostandosi di più verso Capri. Nel 1900, presero il controllo della Soc. Napoletana di Navigazione operatori tedeschi che arricchirono la flotta di altri due piroscafi: Principessa Mafalda e Regina Elena. Nel 1910 fu rinnovata la società con ‘estromissione dei tedeschi e fu firmata una nuova convenzione con lo Stato per numerosi collegamenti tra le isole partenopee, quelle pontine, la penisola sorrentina, Gaeta e Napoli. Altre navi furono acquistate e messe in navigazione, tra cui anche il Santa Lucia, tristemente noto perché poi bombardato dagli inglesi, a seguito di cui perdette la vita anche il papà del prof. Nunzio Albanelli. Dal 1925 subentrò la SPAN (Società Partenopea Anonima di Navigazione) del commendator Piscicelli. Di questa società ricordiamo le navi Partenope (poi chiamata” Ischia”) Epomeo, Meta, Equa, Capri, Principessa di Piemonte. Nel 1939, con lo scoppio della guerra, furono drasticamente tagliate corse, navi e sovvenzioni. Dopo la guerra si potenziò nuovamente la flotta con nuove navi. Il 1975 fu un anno decisivo, in quanto lo Stato istituì tre compagnie pubbliche regionali (Caremar, Toremar, Siremar). Nel golfo di Napoli operava la Caremar. E la storia della Caremar, recentemente privatizzata, è storia nota. Di questa storia marittima siamo debitori all’ing. Domenico Iacono e la storia non ha solo risvolti economico turistici ma anche sociali e culturali, per l’intreccio relazionale tra le isole pontine (Ponza fu colonizzata da emigrati ischitani), le isole partenopee e la città di Napoli. Può la scuola ignorare tutto questo? Pensiamo di no.

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