LE OPINIONI

IL COMMENTO La paura della modernità

Sul fronte del post alluvione a Casamicciola e sul fronte dei tentativi di inversione del modello turistico e termale dell’isola d’Ischia, si respira un diffuso pessimismo che finisce per fermare ogni spinta innovativa che, pur se timidamente, si sta affacciando nell’isola e finisce per scoraggiare ogni fiducia nell’applicazione di nuove metodologie e tecnologie. Come se avessimo paura delle novità. Ciò, a mio avviso, discende da un fraintendimento: che le soluzioni ai problemi siano più semplici di quanto si voglia far credere e che la tanto invocata “scienza” spesso fallisce più del normale buon senso della cittadinanza. Faccio l’esempio della delusione provocata dalla comunicazione del prof. Nicola Casagli, dell’Università di Firenze, con la quale si fa presente che le rilevazioni del Radar hi tech, per una serie di cause ambientali di disturbo, non ha dato, nel monitoraggio della tenuta del terreno, i frutti sperati. Questo è uno dei motivi che ha buttato nello sconforto buona parte dell’opinione pubblica e rigetto verso “scienza” e scienziati.

La prima obiezione che muovo a questa visione è che, per uno scienziato che dichiara di aver fallito (ma che ha riconosciuto con onestà e trasparenza il fallimento) ci sono altri scienziati che in passato avevano previsto tutto, come il professor Franco Ortolani, la cui relazione post frana ottobre 1910 e novembre 2009, resta scolpita negli atti del Centro Studi dell’isola d’Ischia, come vera e propria profezia; o come il prof. Giuseppe Luongo che, fin dall’inizio, insisteva che bisogna individuare le aree critiche e monitorare il limite di saturazione dei terreni impregnati da piogge, fango e detriti. E’ la scienza che, se da un lato mostra i suoi limiti, dall’altro si corregge e ricalcola il percorso ,come fa un moderno navigatore satellitare quando “ricalcola” il percorso dopo aver imboccato una strada sbagliata. Dunque la scienza non è perfetta ma perfettibile e non ne possiamo fare a meno. Le soluzioni, in un mondo complesso, sono inevitabilmente complesse. Richiamo qui il pensiero del filosofo contemporaneo Mauro Ceruti, specializzato sulla “complessità” e nella ricerca inter e trans disciplinare. “Complesso” non equivale a “complicato”. Un oggetto, un meccanismo “complicato” è comunque dato da una serie di elementi, pezzi, che risultano assemblati ma separabili tra loro. Invece “complesso” è l’insieme di elementi intrecciati, inestricabili, non separabili. Questa complessità determina incertezza ed imprevedibilità. Dobbiamo essere consapevoli di ciò e la risposta più sbagliata che possiamo dare è il semplicismo, il ritenere che le soluzioni siano a portata di mano di chiunque.

Il grande scrittore del Novecento, Italo Calvino, cultore di scienza, in un testo del 1985, dedicato alla “molteplicità” (destinato ad una lectio magistralis ad Harward) scrisse che il romanzo deve rappresentare il mondo come un garbuglio,evidenziandone l’inestricabile complessità”. Oltre a questo atteggiamento antiscientifico e alla sottovalutazione della complessità, si fa largo, in buona parte dell’opinione pubblica, un sentimento di paura della “novità”, un pensiero conservatore che respinge i cambiamenti, le nuove metodologie e le nuove tecnologie, come rappresentassero i nuovi Moloch, a cui vengono sacrificati gli esseri umani. In questo errore ricadono perfino intellettuali che sembrano affascinati dall’idea conservatrice e reazionaria, che la civiltà, in particolare l’Occidente, sia in declino, a vantaggio di nuove civiltà di altri continenti e che il declino è determinato dall’abbandono di valori e metodi del passato, a cui faremmo bene a tornare. Ma come ha scritto il filosofo contemporaneo Mauro Bonazzi: “La nostra penisola da sempre ospita nuove genti con tradizioni e costumi diversi: popolazioni indigene, i Romani, i Cristiani (dall’Oriente), i Longobardi, i Normanni, gli Arabi…L’Italia è questa storia, grandiosa e tragica, di spostamenti e trasformazioni, non un banale ciclo di crescita e declino”. Chi ha, dunque, paura dell’innovazione? Il pittore Paul Klee dipinse un quadro dal titolo “Angelus Novus”, nel quale è ritratto un angelo che si allontana da qualcosa che continua però a guardare, perché l’angelo della storia guarda il passato e tutta la catena di catastrofi verificatesi. Vorrebbe tornare indietro per porre rimedio, senonché una tempesta, che spira dal Paradiso, gli gonfia le ali e se lo porta via verso il “futuro”. Ebbene questa tempesta, proveniente dal Paradiso, è il “ progresso”.

E’ stupefacente che mentre Ischia perde colpi, nell’illusione che basti sbandierare un’identità, basata su un passato lusinghiero, senza che questa identità abbia avuto la possibilità di aggiornarsi dinamicamente rispetto all’evoluzione dei tempi, amministratori pubblici, imprenditori, professionisti, uomini di scuola, temono le novità e si aggrappano a un passato ormai inafferrabile. Sono spaventati dalle nuove tecnologie, sono spaventati dai nuovi meccanismi della moderna economia, terrorizzati dalle nuove metodologie come, nel turismo, il Destination Management . Per fortuna che oasi di lungimiranza esistono nel mondo della scuola (vedasi ad esempio l’Analisi dei flussi turistici per il Destination Management, coordinata da Maria Messina) ed esistono anche in campo amministrativo, dove il Comune d’Ischia (con la quale amministrazione non sono stato mai tenero) si è affacciato timidamente sullo scenario del futuro con il Piano di sviluppo turistico e marketing 2023-2025 di Ejarque e con il Progetto “Digital Twin Island” per l’applicazione di nuove tecnologie nello sviluppo sociale ed economico e per la sicurezza del territorio della nostra isola. Voglio ricordare che in passato era stato già fatto un timido tentativo di pianificazione turistico economica (poi abbandonato) con il Progetto Ischia del 28/10/2010 a cura di Intesa S.Paolo-Banco di Napoli. Già nel 2010, i tecnici di Banca Intesa rilevavano, nell’analisi swot, tra i punti di debolezza: “Offerta termale alberghiera prevalentemente ancorata agli aspetti sanitari del servizio e ancora poco orientata al welness”. Dal 2010 al 2023, nulla è cambiato ed Ejarque ed anche il sondaggista Renato Mannheimer rilevano le stesse carenze. E, anche se non amo le autocitazioni, voglio ricordare che io stesso, su questo giornale, l’8 marzo 2015, intitolavo un mio pezzo: “Sia data la parola alla scienza per la soluzione dei disastri idrogeologici dell’isola d’Ischia” e lo facevo a 40 anni dalla morte di Cristofaro Mennella, geniale studioso di idroclimatologia e a 130 anni dalla fondazione dell’Osservatorio Geofisico di Casamicciola.

E giacché siamo in tema di citazioni, mi sia consentito richiamare un altro importante filosofo italiano contemporaneo, Maurizio Ferraris, che smentisce coloro che temono l’avvento del digitale, dell’Intelligenza Artificiale e dei Big Data ponga fine al libero pensiero. Al contrario, sostiene Ferraris, in un saggio intitolato “Viva la Filosofia!” scrive: “Proprio la sterminata crescita dei dati e la frammentazione dei saperi impone l’assunzione di forti dosi di teoria su ciò che altrimenti sarebbe un caos” E se non bastasse, e lo dico in particolare agli uomini di cultura isolani, cito il grande divulgatore scientifico Pietro Greco, a scanso di ogni errato utilizzo del suo pensiero. Pietro pubblicò un saggio nel dossier “Ischia,Patrimonio dell’Umanità” dal titolo “La storia di Ischia, storia di innovazione” in cui riproponeva i contributi scientifici del grande matematico Vito Volterra che, nel 1918, fece venire a Lacco Ameno la scienziata premio Nobel Marie Curie per lo studio della radioattività nelle acque termali locali; i contributi scientifici di Anton Dohrn che, nel 1916, fece costruire la Villa sull’Acquario in collegamento con la Stazione Zoologica di Napoli per studi di biologia marina. E ricorda l’apporto scientifico sui fenomeni del terremoto di illustri scienziati come Henry James Johnston Levis, Luigi Palmieri, Michele Stefano De Rossi, Mercalli e Grablowitz. E poi tanti geologi transitati sul nostro territorio. E naturalmente Giorgio Buchner e il ritrovamento della Coppa di nestore. Conclude Pietro: “Nell’VIII secolo Ischia era il luogo più avanzato non solo della tecnologia ma anche della cultura greca nel Mediterraneo occidentale…Le due dimensioni, quella tecnologica e quella culturale, non sono affatto scollegate. Tecnologia non è diverso da Cultura”. Questa è la lezione vera di Pietro Greco. Ne prendano atto coloro che temono il “nuovo”!

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