LE OPINIONI

IL COMMENTO La politica e l’ambiente questione prioritaria

DI ANTIMO PUCA

…Il confine tra polis e natura è stato cancellato. La città degli uomini, un tempo un enclave nel mondo non umano, si estende ora alla totalità della natura terrena e ne usurpa il posto … | (Hans Jonas). Servono sempre di piú strategie idonee a realizzare una politica che ponga al centro la questione ambientale e aggreghi un consenso sufficiente a ottenere il potere necessario a realizzarne gli obiettivi. La politica ambientale è strettamente collegata alla cittadinanza e alla identificazione territoriale delle persone. Le battaglie giuste vanno sempre fatte senza cedere a compromessi al ribasso. Costi quel che costi. E questo è al tempo stesso un merito e una lezione che apprendiamo e che ognuno si può portare nella sua nicchia disciplinare, nella sua storia di cittadino, di lavoratore, di politico. Ci sono questioni spinose sulle quali si focalizza il rapporto tra salvaguardia della natura e politica e tutto il suo girone opaco e infernale di interessi, finanza, speculazioni, miserie e sguardi corti. Si succedono fatti e protagonisti, quelli che tirano su la mano per salvare Ischia dallo sfascio ambientale, ma che poi la mettono in tasca quando si tratta di confermare quel voto nel momento decisivo, quando c’è da votare persino contro il proprio partito che nel frattempo si è involato altrove. In base a quale statuto o principio la politica dovrebbe ‘assecondare’ le esigenze delle imprese? E quali esigenze? Tutte? E al di là degli effetti? Le ragioni dell’ambiente rimangono il solito ‘di cui’ rispetto alle ‘nobili’ ragioni finanziarie ed economiche, ancor più delle imprese private. A furia di ‘assecondare’, abbiamo avuto disastri ambientali e ci siamo messi sulle spalle decine di Siti di interesse nazionale ad altissimo rischio sanitario che non sappiamo come fare a bonificare e che uccidono migliaia di persone.

La questione ecologico-sanitaria è ancora enorme e rimane un nervo scoperto della politica ischitana. Quello che accade trova sponda facile in un momento politico nel quale si stanno distruggendo i corpi intermedi delle province, interrompendo il flusso di ragionamento politico dal basso (i Comuni) verso l’alto (le Regioni e lo Stato).

In questo black-out si inseriscono gli interessi delle aziende, della finanza, della speculazione che cercano di fare man bassa e posizionarsi là dove diventa poi difficile andarsene. All’orizzonte il solito imbarazzante problema delle concessioni che lacera da anni questo Paese il quale, come anestetizzato, non ha mai generato degli anticorpi per correggere storie che continuano ad avvitarsi su se stesse. La distruzione dei viali alberati; il Pino; l’uso del suolo; la distruzione della zona del Mulino con la sua particolare macchia mediterranea; l’incuria e le conseguenze in boschi e pinete; la questione de La Siena; la sostituzione di storici basolati e San Pietrini ad asfalto e le storiche parracine sostituite dal cemento; la storica piazza Maronti incastonata in un paesaggio naturalistico, ridotta a mai completata topaia. Ecomostri abbandonati ad alto inquinamento come il Jane. La sostituzione di alberi mediterranei ad alberi tropicali con le radici a fittone. 

È sempre un tira e molla tra politica, concessione (che poi è uno degli atti con cui si ‘asseconda’) e interessi finanziari che ricattano la politica facendosi scudo con i posti di lavoro o manomettendo i concetti di libertà fino a far capitolare le istituzioni che alla fine cedono allo sfruttamento delle risorse sempre esauribili e sempre non rinnovabili. I cittadini entrano in fibrillazione perché questo Paese ha bisogno di lavoro e non sa raccontare ai suoi abitanti che il lavoro potrebbe esistere senza distruggere l’ambiente, ma anzi prendendosene cura. Se gli ischitani non sanno, stiamo certi che non chiedono. Se i loro rappresentanti non sanno o non capiscono, non si oppongono alle richieste delle big company… e così tutto torna al punto di partenza: con un nulla di fatto. I Comuni, piccoli e ricattabili, non hanno armi per fare qualcosa di concreto e tutto si aggiusta distribuendo un po’ di royalties che danno lustro all’urbanistica e al welfare del paese. Tanti di questi giri e capogiri.

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Ma la questione di cultura ecologica, che poi secondo me è la vera falla del sistema politico e civile di sempre, scivola via senza lo spessore che mi aspetterei di trovare nella ricostruzione di vicende politiche che hanno i piedi immersi nelle icone eccellenti dell’inquinamento ambientale. Questo è un punto un po’ debole secondo me. La politica, anche quella più battagliera sulle questioni ambientali, alla fine non ha costruito gli strumenti culturali di natura ecologica per condurre le battaglie che dovrebbe vincere e che invece, spesso, perde. Da tanto tempo, con tante battaglie ambientali alle spalle (prima tra tutte quella ventennale sul consumo di suolo), noto che c’è un punto di interruzione nel flusso politico che è dovuto proprio alla mancanza di approfondita conoscenza di cosa è la natura come fatto in sé, senza interpretazioni politiche. Invece occorrerebbe una maggiore padronanza degli argomenti ecologici per poter dare piena cittadinanza politica alla stessa questione ecologica. L’importanza vitale che hanno le risorse naturali necessita di solidi argomenti per sostenere le battaglie politiche. La natura è un fatto scientifico e non una opinione politica o una procedura giuridica interpretabile. Invece la politica scorre facendosi poche domande sulla natura e quindi non riesce a farsi vettore delle sue ragioni verso i cittadini. La politica torna alle sue abitudini e cerca prima di tutto un compromesso, una mediazione, spesso rinunciando a sapere cosa è il suolo, quali sono i veri danni ecologici e così via. 

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Qui sta una falla strutturale che continua a far imbarcare acqua alla nave ischia, guidata da comandanti per la maggior parte non ben informati dei temi ecologici (diciamo così). Dobbiamo mettere mano presto a quella falla. Le questioni ambientali non possono essere vicende di pura grammatica procedurale o, secondo me, non dovrebbero essere solo questo. Forse potrebbero anche esserlo. Ma quel che dovrebbe far scattare nella politica è la consapevolezza della sua impreparazione ecologica e, quindi, la rincorsa ad attrezzarsi per poter reagire non con le sole armi del diritto, ma anche con le armi degli argomenti ecologici. Forse così le cose potrebbero andare in un altro modo. Pensate se la consapevolezza ecologica di alcune storie come La Siena, le pinete, il Mulino, le piazze storiche incartonate nel contesto naturalistico, eco mostri abbandonati in bella vista come il Jane avessero contagiato una parte politica al punto da farle accarezzare con convinzione e vigore l’idea di una transizione ecologica vera che dal sud sarebbe risalita al nord contagiando tutta la penisola. Che bello! Pensate che messaggio potente sarebbe un moto politico che risponda con una politica regionale car-free. Che schiaffo! Che lezione sarebbe per l’Italia. 

C’è urgenza di cambiare modo di fare politica a partire dalla formazione ecologica di chi vuole fare il sindaco o il governatore o il deputato. Si deve conoscere la Costituzione, certo, ma anche lo statuto della natura. Lo impone la crisi ecologica che stiamo attraversando. In qualche modo certi buchi vengono fuori. Bisogna lottare come matti ma usando gli strumenti delle tesi ambientali come si potrebbe e dovrebbe fare. Usando l’aiuto dell’accademico costituzionalista. Domandarsi se può essere vincente anche l’aiuto del ricercatore in climatologia o in energetica o in urbanistica. Aprire le porte a un dibattito il cui obiettivo deve essere quello di riempire quei pori vuoti da troppo tempo. Sintetizzare bene le due posizioni, ecologica e amministrativo/politica, con l’auspicio di dare alla politica la stampella mancante per camminare nella giusta direzione. Teniamoci dunque strette le  vicende. Impariamo dalle cadute e non mettiamoci nelle condizioni di compierle di nuovo. La sfida ecologica è quella che dobbiamo affrontare per non rimanere come ‘Re nudi’ che neppure sanno di esserlo.

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