LE OPINIONI

IL COMMENTO La sconfitta di Acerbi, in un calcio senza credibilità

Non è vero, come sostiene Acerbi, che dalla vicenda (molto triste) che lo ha visto protagonista, assieme al difensore del Napoli Juan Jesus, in  occasione di Inter-apoli, “ne escono tutti sconfitti”. Non è così. Un vincitore c’è, caro Acerbi ed è proprio il suo collega brasiliano che, (tutto lascia pensare), lei ha offeso con frasi a sfondo razzista. Perchè Juan Jesus aveva ricondotto il tutto a una questione di campo, salvando così la sua dignità ed evitando di sollevare (lui lo sapeva bene) quel polverone politico-mediatico che è scaturito nei giorni successivi alla gara. La vittoria di Juan Jesus sta nell’aver tutelato un collega, mostratosi scorretto in campo e mi consenta, anche un po’ codardo fuori dal campo. Chiedere scusa e poi negare è una sorta di ossimoro, che non può passare inosservato. Sostenere che il suo avversario ha frainteso una frase razzista è una difesa sterile, che solo il malato e derelitto calcio italiano, alla ricerca di una credibilità ormai perdita, poteva assecondare. Sarebbe stato più dignitoso, per lei, mantenere l’atteggiamento di un pentimento più o meno sincero. Uscire allo scoperto e ammettere di aver fatto una cavolata. Mi creda, caro Acerbi, sarebbe stato molto meglio anche per lei. L’avremmo anche perdonata. Sarebbe scattato nei suoi confronti un sentimento quasi di simpatia e di protezione. Lo stesso che l’ha accompagnata per tutta la sua carriera, in  virtù di quella battaglia che lei ha combattuto e per fortuna vinto, contro un terribile male. Una sincera ammissione di colpa, le avrebbe consentito di chiudere in maniera dignitosa una carriera che ormai è agli sgoccioli. E invece lei ha preferito negare, trincerandosi prima dietro una mano posta davanti alla bocca e poi sotto l’ala protettiva di una giustizia che applica le norme, qualche volta senza saper interpretare e analizzare i fatti così come meriterebbero di essere valutati. La giustizia sportiva l’ha assolta, gli appassionati di calcio no. 

E le parole del presidente della Figc Gravina, che parla di un “abbraccio” da riservarle, che dice di credere alla sua versione, dando così del bugiardo a Juan Jesus, sono la ciliegina su una torta ormai avariata da tempo. Riceverà l’abbraccio di un presidente senza credibilità, caro Acerbi, non quello del mondo del calcio, dal quale lentamente sta uscendo. I calciatori, quelli veri, si sono schierati con il suo avversario. Il vero abbraccio lo ha ricevuto Juan Jesus e così sarà d’ora in avanti su tutti i campi di calcio. Lei dovrà fare i conti con la sua coscienza e con il rancore di un mondo che ha capito bene come sono andate le cose e che non sarà disposto a perdonare vigliaccheria e bugie. E non è del tutto chiaro di come a tutta questa situazione abbiano reagito i suoi compagni dell’Inter, il cui silenzio è emblematico di un sentimento di forte imbarazzo. La squalifica di qualche giornata sarebbe stato il male minore per lei. Il modo in cui le hanno consigliato di gestire questa vicenda sarà per lei una sorta di condanna all’oblio. Ecco perché questa non è “la sconfitta di tutti” ma è la sua sconfitta, quella del presidente Gravina, quella di un giudice che forse non ha saputo giudicare e quella di chi pensa che dare del “negro” a un ragazzo che gioca al calcio, esattamente come fa lei, sia un modo per umiliarlo e renderlo più debole. Non è stato così. Juan Jesus è più forte che mai e con onore e merito porterà sulla maglia il suo scudetto, fino all’ultima giornata di campionato. Quello stesso scudetto che, con una indelebile macchia, metterà tra poco lei sul petto.

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