LE OPINIONI

IL COMMENTO Opinioni di un clown (stampa e potere)

“Opinioni di un clown” è il titolo di un libro del 1963 dello scrittore tedesco Heinrich Boll. Egli fu particolarmente critico verso la Germania che, nei primi anni ’60, in assenza di qualunque senso di colpa per quanti crimini il nazismo aveva compiuto contro l’Umanità, si lanciò in una rincorsa affannosa del profitto, noncurante di qualsiasi solidarietà e di ogni affrancamento dai nuovi poteri forti. Boll, in questo quadro etico politico, decise di mantenere la propria libertà e dignità mettendosi a fare – di mestiere – il clown. Solo così poteva, senza destare sospetti e reazioni politiche, esprimere il proprio pensiero in libertà. Perché cito questo libro? Per il motivo che oggi (non nel 1963) e in Italia (non nella Germania post nazista) si ripropone lo stesso dilemma. Basterebbe guardare l’ultimo giro di valzer tra i quotidiani La Stampa e La Repubblica (entrambi di proprietà della GEDI di Agnelli ed Elkann). Vicenda editoriale che ha visto licenziato il direttore Carlo Verdelli ( proprio nel momento in cui veniva continuamente minacciato da estremisti sovranisti) sostituito, nella direzione di La Repubblica, da Maurizio Molinari, al cui posto di direttore di La Stampa è stato chiamato Massimo Giannini, già vicedirettore di Repubblica. Solo normali avvicendamenti per invertire la rotta delle vendite che – come è noto – per la carta stampata va sempre più giù? Oppure oscure manovre che sottendono strategie politico industriali più sottili e a noi incomprensibili? In proposito, Eugenio Scalfari ha scritto un editoriale, domenica 26 aprile, dal titolo “Il giornale che ho fondato è un fiore che non appassisce”, pur essendo stato tenuto all’oscuro ed ignaro di quanto stesse accadendo.

La tesi di Scalfari è: “Sono il Fondatore di Repubblica e, in quanto tale, mi faccio garante verso i lettori di Repubblica che mantenga la barra dritta sull’impostazione originale del giornale, ispirata al liberal socialismo”. Personalmente, ho il timore che il “fiore” da lui creato possa davvero appassire, in mancanza di acqua rigeneratrice, come gran parte della carta stampata italiana, naufragata nel clamore degli “strilloni” dell’informazione. Una volta gli strilloni erano i ragazzi che vendevano per strada i quotidiani. Oggi gli “strilloni” sono i nuovi artefici della comunicazione. E’ possibile, oggi, esprimere la propria opinione senza restare prigionieri di real politik, senza essere condizionato dal conformismo, dal pensiero unico economico, dai messaggi subliminali del mercato, dal tambureggiamento dei media, dei social, dallo strombazzamento sguaiato di populisti di ogni genere, dalla logica binaria del “sei con me o contro di me”? E’ possibile, anche a livello locale, su una piccola (seppure storica e lusinghiera testata come Il Golfo) andare contro corrente? Una risposta al quesito l’hanno data, in diverse occasioni, i Sindaci e, più in generale, esponenti della classe politica e imprenditoriale dell’isola. La risposta è: “Chi scrive quegli articoli conta poco, non ha seguito, è un saccente, un elitario, uno che non sarebbe votato nemmeno dai familiari”. I Sindaci vogliono generalmente fare da soli, non ascoltare consigli, ritengono superflui i cosiddetti think tank, i pensatoi, le task force multidisciplinari. E che roba è? Il primo cittadino ha la forza dei voti, è stato investito dalla fiducia di centinaia e centinaia di voti. I think tank servono forse a perpetuare il rapporto di fiducia tra Sindaco ed elettori? No, perché ciò che di impopolare suggerissero si riverbererebbe negativamente solo sul Sindaco; e di ciò che di positivo venisse prodotto, sarebbe dato merito esclusivo al think tank, senza ritorni elettorali per il Sindaco. La fascia di Sindaco la può indossare unicamente l’uomo solo al comando e solo lui può minacciare il Prefetto di restituirgliela. Questa è la forma mentis e il metro di giudizio, nella generalità dei casi, della nostra classe dirigente. E noi, a questi dirigenti politici, dedichiamo grande attenzione e perfino pagelle lusinghiere sul loro operato. Eh, sì, perché hanno una tribuna importante, un podio che gli elettori hanno loro democraticamente assegnato. La loro opinione (quando ce l’hanno) è, per principio e per gradazione di rappresentanza, più importante di qualunque altra opinione. E’ un rapporto sbilanciato quello tra redattori della stampa e politici amministratori: loro possono snobbare quelli che scrivono opinioni, che tentano analisi, formulano proposte, segnalano situazioni di altre realtà locali che anticipano soluzioni virtuose, mentre i redattori e gli opinionisti non se lo possono permettere, perché “snobbare” o “sottovalutare” un Sindaco equivale ad offendere quella parte di cittadini che lo hanno designato ad amministrare la cosa pubblica. In questo confronto-scontro impari, qualcuno della stampa si lascia prendere la mano e finisce con l’usare gli stessi metodi degli amministratori: la denigrazione, lo smantellamento della credibilità ed onorabilità della persona che si prende di mira.

Per quanto ci riguarda, noi siamo disposti a diventare “clown”, come Heinrich Boll, cioè a continuare, con disinvoltura e nonchalance a scrivere in libertà il nostro pensiero, anche se ritenuto elitario, poco rappresentativo, poco popolare, piuttosto che appiattirci in giudizi di comodo, opinione di convenienza, equilibrismi tattici, piuttosto che scadere nella volgarità, nello scandalismo, nel sensazionalismo, nella preordinata demolizione dell’avversario. Cito, per chiudere, un altro libro: Ribellione e Morte, dello scrittore e filosofo francese Albert Camus, premio Nobel per la letteratura 1957. Camus intese l’esistenza come battaglia quotidiana per la libertà dello spirito. Nel libro citato ci sono due fondamentali paragrafi “Critica della nuova stampa” e “Giornalismo critico” (1944), Ecco alcuni illuminanti stralci: “Spetta ad ognuno di noi misurare le parole, dare gradualmente un’impronta al proprio giornale, scrivere infine senza perdere mai di vista il compito enorme di ridare al paese la sua voce più autentica. Se facciamo sì che questa voce resti quella dell’energia e non quella dell’odio, della fiera obiettività e non della retorica, dell’umanità anziché della mediocrità, molte cose saranno allora salve e noi non avremo demeritato” (da Critica della Nuova Stampa). Ancora, nel successivo paragrafo, scrive: “E’ necessario occuparci, oggi, del giornalismo di idee…si vuole informare in fretta invece di informare bene, e la verità non ci guadagna. Non è quindi ragionevole raccomandarsi che gli articoli di fondo sottraggano all’informazione parte di quello spazio così poco degnamente occupato”. Quanta attualità leggiamo in queste parole, oggi che la velocità e l’istantaneità della notizia è un “must”, oggi che alla riflessione si preferisce, a furor di popolo, le pseudo verità gridate, dove l’essenza è la forma, e cioè le grida.

Ed è per questo che all’invito cortesemente rivoltomi da Gaetano Ferrandino, di intensificare la scrittura di articoli di opinione ho, con piacere e convinzione, aderito. Come dice ancora Camus: “A tempi nuovi devono corrispondere, se non parole nuove, almeno un nuovo ordine. Tra le parole, un ordine che solo il cuore e il rispetto che nasce da un verace amore possono dettare. Solo a questa condizione, contribuiremo, nel nostro piccolo, a dare al paese un linguaggio che sarà ascoltato”.

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