LE OPINIONI

IL COMMENTO Protezione Civile, Scienza e Politica?

DI GIUSEPPE LUONGO

La Protezione Civile si evolve verso la struttura attualeche tutti conosciamo, a partire dalle esperienze del geniale sognatore On. Giuseppe Zamberletti, che hanno inizio con la sua nomina a Commissario Straordinario per il terremoto del Friuli del 1976. Zamberletti dopo la fase emergenziale tornò al suo ruolo di politico e di componente del Parlamento. Ritornò alla funzione di Commissario Straordinario con il terremoto della Campania e della Basilicata nel 1980. La sua sede operativa fu a Napoli. Qui Zamberletti operò con idee chiare e seppe distinguere le aree disastrate con crolli dalle aree con danni diffusi senza crolli, comprese la necessità di avere un’intensa collaborazione con la comunità scientifica e con le associazioni che rappresentavano le esigenze di maggiore sicurezza da parte della comunità terremotata, resistette alle richieste politiche inadeguate o, meglio, eccessive peril quadro dei danni registrati. Così nacque in lui quale dovesse essere la struttura di Protezione Civile. In questa non avrebbero operato solo le strutture e i corpi dello stato impegnati nella sicurezza, come i Vigili del Fuoco e l’Esercito, ma anche i cittadini organizzati in gruppi e associazioni di volontari, in quanto egli aveva una visione della protezione civile come struttura che nasce dal basso, con la partecipazione della comunità esposta. Oggi questa esperienza è diffusa e gli esperti la definiscono come Scienza Post Normale. Alla struttura ideata da Zamberletti collaborava la comunità scientifica in piena autonomia. L’esperienza del terremoto del 23 novembre 1980 sarà un punto di partenza per la Protezione Civile voluta da Zamberletti. La sua esperienza si arricchì anche con la crisi bradisismica del 1982-84 ai Campi Flegrei, lasciando un positivo ricordo nei cittadini di Pozzuoli e nei tecnici che collaborarono nella fase della ricostruzione. Nel 1992 è promulgata la legge di Protezione Civile che si articola in tre obiettivi Previsione, Prevenzione e Soccorso. All’ obiettivo della Previsione collabora la comunità scientifica e i Servizi Tecnici, al Soccorso contribuiscono in modo determinante il Corpo dei Vigili del Fuoco e collaborano i volontari di protezione civile, mentre la Prevenzione è compito delle scelte della comunità esposta, rappresentata dalle istituzioni statali, a partire dal Comune. Elemento fondamentale è la scelta del livello di rischio accettabile da parte della comunità esposta al rischio.

Scelto tale livello, qualora il rischio fosse superiore si rendono necessari interventi strutturali per riportare il rischio al livello accettabile. La Prevenzione è quindi un passaggio delicato per la mitigazione del rischio e le scelte ricadono nella responsabilità di chi governa il territorio. Tutto ciò è previsto dalla norma che vuole responsabile della Protezione Civile il Sindaco. In caso di crisi non possono esserci dubbi sui ruoli delle componenti che operano nell’area a rischio. Ai tecnici delle strutture, compresa la comunità scientifica, il compito della valutazione della pericolosità del fenomeno, mentre le valutazioni del rischio e quindi le scelte per la mitigazione dei danni spettano alla componente politica. Ai tecnici il compito di fornire elementi probanti sulle loro interpretazioni e, in caso di fenomeni per i quali la previsione della sua evoluzione è scarsamente attendibile, per condizioni oggettive prodotte dall’inadeguato livello di conoscenze necessarie alla bisogna, occorre che sia annunciato chiaramente a quanti sono esposti al rischio. L’esperienza di catastrofi pregresse non produce nelle comunità esposte il risultato atteso, ovvero la loro scelta a privilegiare la prevenzione. La politica della prevenzione non appassiona amministratori della cosa pubblica che spesso, se non sempre, trovano nei cittadini alleati a cancellare questo impegno dalla loro agenda.Questa esperienza è vissuta in questi anni e questi giorni da chi vive nell’Isola d’Ischia e nell’area flegrea. Le due aree hanno sperimentato catastrofi, sismica e dissesto idrogeologico la prima, il bradisismo la seconda, accompagnato da attività sismica, ma entrambe non hanno fatto tesoro della loro esperienza per accrescere il livello di sicurezza. I piani proposti dopo le catastrofi sono stati sempre disattesi, eppure sono stati pensati non solo per la sicurezza, ma anche per la valorizzazione delle risorse naturali e storiche della comunità, ritenuti strumenti per lo sviluppo, privilegiando l’obiettivo delle attività culturali e del tempo libero come attrattori di un turismo culturale. La natura e la storia hanno reso questi luoghi famosi e attraenti proprio per la loro natura, ma le comunità locali sono distratte da soluzioni inadeguate e rigettano le scelte della difesa dell’ambiente e delle tracce di una storia civile straordinaria per essere in luoghi anonimi e pericolosi. La debolezza delle amministrazioni locali determina l’abdicazione delle scelte ai Commissari e al Ministero competente senza un confronto sugli interventi sul territorio con la comunità interessata. In questo clima non ci si può meravigliare se dai vertici dello Stato provengono inviti errati ai singoli per l’allontanamento dall’area a rischio. Mancano le proposte di ricostruzione e delocalizzazione, sulle quali poter discutere per una scelta oculata e positiva per la comunità. In tale vuoto dovrebbero essere i singoli a trovare la soluzione dopo un evento naturale che ha messo in crisi la comunità. Sarà il tempo a dare l’illusione della soluzione del problema, annullando ancora una volta la memoria storica.

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