LE OPINIONI

IL COMMENTO Ritorna la speranza

DI ELENA WHITEHEAD

Il Natale del 2022 non era stato diverso da quelli che l’avevano preceduto, a partire dal 2017. Perciò, nella Notte Santa non si sentì neppure un petardo e così a capodanno. Tuttavia, come si potevano mandare al cielo fuochi di artificio che avrebbero illuminato ciò che l’occhio non voleva vedere e che il cuore ricordava con pianto accorato? Ancora una volta, il Presepe era ridotto all’essenziale: pochi i pastori, appena un filo di luci intorno alla grotta, senza ospiti, senza gli zampognari. A tavola, giusto il segno. Mancava il festone con i biglietti di auguri che venivano da lontano. Della tombola, neanche a parlarne. Non c’è gusto a giocare se mancano amici e parenti. Né, lo stare insieme può dare emozioni, se il cuore corre lontano dal grigiore che vede. Era stato un Natale incolore, senza il tepore degli affetti, senza il palpito dell’attesa. Nelle strade deserte né macchine, né passi, né volti, perché qualche raro passante camminava ricurva, senza la voglia di dare abbracci, di scambiare sorrisi, di fare gli auguri. In un silenzio pieno di malinconia, si sperava che il tempo passasse veloce, per andare a giornate banali che non avevano nulla da ricordare.

Abbiamo, così, troppo a lungo, parlato di azioni intraprese, di altre da portare a termine e di ostacoli incombenti, ma è ormai tempo di tirare le somme, ricordandoci che la storia non si fa con i “se” e con i “ma”. La gravità degli eventi generò non solo negli abitanti, ma anche tra le autorità locali, gli esperti e le figure commissariali, non poche difficoltà. Dato che le scelte operative non erano da tutti condivise e ciò che poteva andar bene per alcuni scontentava altri. Di qui, fiumi di parole, da parte di politici, studiosi, esperti dei luoghi, operatori della carta stampata e conduttori di servizi televisivi. Ma è stato opportuno dare tempo al tempo. Nella cosa pubblica non si può agire d’impulso. Occorre ben ponderare ogni azione, per cui il ritorno alla normalità comporta un tempo più lungo di quanto ne potrebbe bastare al cittadino per le sue necessità. Del resto, non è facile soddisfare le esigenze di giovani e vecchi, di sani e malati, che da troppo tempo, vivono in una snervante attesa. Essi cercano un cenno o una parola che li faccia ancora guardare al futuro con ottimismo. Sognano di ritrovare la perduta speranza, foriera di giorni migliori ed ecco che la si sente arrivare, mentre aleggia nell’aria, come un soffio di vita;entra tra le macerie, percorre le stradine abbandonate e carezza ciò che resta di luoghi operosi, rinomati nel mondo, soffermandosisulle rovine di quelle che un tempo, erano dignitose abitazioni costruite con isacrifici di una vita.

Appaiono, così, nuovi orizzonti perquanti, imprenditori o dipendenti, hanno fatto di quelle zone centri turistici di primaria importanza e che oggi vivono nell’inerzia di un’attesa piena di incognite. Tuttavia, il Natale, sebbene in forma ridotta, si è ripresentato con le suggestioni di un tempo. Si sono rivisti gli zampognari girare per usci e cortili, donando ancora la dolce musica della Novena. Anch’io ho sentito il bisogno di fare il presepe, come da bambina, vedevo fare a mia madre che raccoglieva il muschio per collocarvi i pastori, avendo cura di mettere la Reggia di Erode nel punto più alto ed al centro, la piccola Grotta con la Madonna, San Giuseppe e Gesù Bambino in un simbolismo che lei più volte mi aveva spiegato. Rievocando così le note dolcissime di “tu scendi dalle stelle”. Comunque, da una Piazza Marina rimessa a nuovo, in un trionfo di luci e di botti, sembra giungere l’augurio più atteso: “coraggio, il peggio è passato!”

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