LE OPINIONI

IL COMMENTO Senza ipocriti piagnistei, ora si lavori per il Paese

Ha vinto Giorgia Meloni, ha trionfato il centrodestra e c’è stato il tracollo di alcuni esponenti della recente politica italiana, che si sono contraddistinti per poca lucidità, scarsa coerenza, credibilità vicina o pari allo zero. Uno scenario ampiamente previsto, dai sondaggi di rito e non solo. Il sentore, nel corso di una delle campagne elettorali più noiose e banali di sempre, era palpabile soltanto girando per le strade e le piazze delle nostre città. A chi fa il mestiere del cronista è bastato parlare con i cittadini, le persone, i commercianti, per capire che l’esito delle urne sarebbe stato quello di una svolta per certi versi epocale. E c’è un altro aspetto ampiamente previsto, che si è verificato nelle ore immediatamente successive al trionfo di Fratelli d’Italia e di Giorgia Meloni. Il piagnisteo generale degli sconfitti o anche soltanto di quelli che rispetto a queste elezioni hanno mantenuto una posizione di neutralità o se vogliamo, peggio, di disinteresse totale. 

Giorgia Meloni

La cantilena è la solita, che si ripete quando a vincere non sono le forze del centrosinistra o al massimo del centro. Si grida allo scandalo, al paese perduto, alla vergogna, al cataclisma e agli scenari da tregenda. E accaduto in passato anche con Berlusconi. Per non parlare di “rischio Fascismo” e ritorno agli anni bui. Uno sproloquio di terrore e di rifiuto del voto democratico. Come se l’unica espressione di legittimo voto, avesse una credibilità esclusivamente nel caso di vittoria di una parte politica e perdesse valore quando a vincere sono le persone o gli schieramenti che non piacciono. 

E così, tutti quelli che fino a ieri facevano spallucce di fronte ad un governo spaccato, spesso incapace di affrontare questioni nazionali e internazionali, composto da forze legate da interessi di bottega, ora si sentono improvvisamente tutti Italiani, colpiti nel proprio orgoglio patriottico, messo a rischio dalla bionda della Garbatella. Della serie, se a vincere sono i soliti noti, “ tutto va bene, madama la marchesa ” , se dalle urne esce un risultato diverso, allora non c’è Democrazia che tenga. L’esito va contestato e chi quel risultato l’ha determinato, va considerato come una sorta di animale raro, nemico del popolo e traditore della Patria. Anche di fronte alla probabilità, molto concreta, che l’Italia possa avere per la prima volta nella sua storia un Presidente del Consiglio donna, si preferisce sottolinearne l’aspetto negativo, piuttosto che esaltare il dato in controtendenza, rispetto ad una politica maschilista, che da sempre penalizza le donne, legata agli stereotipi. Sono o  non sono queste le battaglie morali che la Sinistra combatte da sempre? 

Tutti concetti  che, evidentemente, valgono solo se a salire sullo scranno più alto ci sia una donna ma che quella donna appartenga a tutte le ideologie, tranne che a quelle di centrodestra. 

La Meloni non è una donna, è espressione dell’estrema Destra e del Fascismo, punto! Ipocrisia allo stato puro. Anche il concetto del “voto di protesta” non sta in piedi. Un’affermazione che dovrebbe sminuire l’affermazione dei vincitori. E invece se a vincere fosse stato il leader della Sinistra? Come sarebbe stato giudicato il voto, di consenso? Approvazione? Compiacimento? Da sempre le elezioni sono la possibilità di libera espressione democratica e chi vota esprime fiducia, speranza, aspettativa. Non protesta. Per quella ci sono le piazze. E se il voto non piace a chi ha perso, bisogna farsene una  ragione, accettare il verdetto e magari collaborare per un Paese migliore. Senza agitare spettri del passato, senza gridare allo scandalo e senza offendere gratuitamente chi la pensa in maniera diversa. 

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