LE OPINIONI

IL COMMENTO Villa Arbusto e la storia dell’arte regionale

A dimostrazione che gli intellettuali isolani sono rintanati nelle loro torri d’avorio e tardano a cogliere le novità che si muovono nel campo della cultura, è l’assoluta sottovalutazione di un dibattito fecondo che si è sviluppato qualche mese fa a proposito della funzione che oggi dovrebbero avere i Musei. E tale dibattito, sviluppatosi sulle colonne del Corriere della Sera (i giornali , checché ne dicano i detrattori, hanno una funzione di stimolo critico) partiva proprio dal Museo di Villa Arbusto a Lacco Ameno. Proprio dalla considerazione che reperti importantissimi come la Coppa di Nestore e il Cratere del Naufragio non trovano una giusta collocazione e valorizzazione nel Museo di Villa Arbusto, nonostante l’impegno e la buona volontà di chi vi ci lavora. Era stato per primo lo storico dell’arte Cesare de Seta a prendere atto che Massimo Osanna, direttore dei Musei Statali e archeologo, aveva constatato l’inadeguatezza della condizione in cui è esposto il primo documento della scrittura ed il primo in versi, fondamentale nella storia della civiltà e della nostra cultura. Ma il discorso sull’importanza della collocazione dei reperti ci porta subito all’altro discorso: a che cosa serve oggi un Museo? E che funzione deve avere per far incontrare il passato con il presente e con il futuro? Per avvalorare la tesi che vuole sostenere, de Seta porta a supporto un libro di Evelina Cristillin (presidente del Museo Egizio di Torino) e Christian Greco (Direttrice dello stesso Museo), dal titolo “Le memorie del futuro. Musei e Ricerca”. Si tratta di una storia della nascita del museo dall’antico Egitto al medioevo e all’Umanesimo. Intorno al 1540 fu Paolo Giovio ad improntare un primo museo, riunendo una collezione di ritratti, seguito poi, nel 1471, dal Museo Capitolino ad opera di Papa Sisto IV che donò una serie di statue di bronzo. A Firenze Cosimo de’ Medici diede inizio a quelli che divennero gli Uffizi di Firenze. E così via.

Le autrici del libro, alla fine della narrazione storica, concludono che è necessario che la continua “ricerca” deve puntare a “riconnettere il passato con il futuro” per dare senso al Museo. Poi de Seta cita anche il libro di Adriano Prosperi “Un tempo senza storia. La distruzione del passato”. De Seta non cita se stesso e il libro che ha scritto “La grammatica delle arti”. Ma a richiamare il libro di de Seta ci hanno pensato il giornalista Marco de Marco e il critico d’arte Vittorio Sgarbi. In questo libro, de Seta afferma che bisogna dare una “scrollata all’albero della Storia dell’Arte” e lo si può fare cambiando l’insegnamento della Storia dell’Arte a scuola, regionalizzandola. Bisogna, in altri termini, radicarla nel tempo e nello spazio. E qui il dibattito diventa interessante per Ischia ed è questo l ‘aspetto non colto, fino ad ora ,dagli intellettuali isolani. Cito le parole di Sgarbi: “Mi sembra assolutamente sensata l’idea di Cesare de Seta. Potenziare il patrimonio regionale è un’ottima proposta. Del resto la storia dell’arte si studia davvero solo con le cosiddette gite, cioè andando a vedere i luoghi e i monumenti di persona, dunque fare le escursioni su base regionale potrebbe avere una logica”. D’altro canto, nel dibattito è intervenuta Vittoria Fiorelli (professoressa di Storia Moderna presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli) che si è detta contraria alla regionalizzazione della cultura. Suo parere è che non solo la Storia è in crisi ma tutte le Storie (della Politica e delle Istituzioni, della Musica, della Letteratura e così via). E il motivo di questo affievolimento del passato risiede nei nuovi linguaggi e nel modo odierno di comunicare, che ha creato uno iato con le radici e con il passato. Agendo solo sulla regionalizzazione dell’Arte si correrebbe il rischio – a suo dire – di utilizzare il patrimonio artistico come mero propellente per lo sviluppo turistico, un mero utilitarismo se non addirittura mera rivendicazione neoborbonica del Sud. Infine, nel dibattito, si è inserita Mirella Barracco, della Fondazione Napoli 99, che ha raccontato l’esperienza entusiasmante di “La Scuola adotta un Monumento”, in funzione da 30 anni e che ha visto, nel tempo, coinvolte 1600 scuole di 450 Comuni delle 20 Regioni italiane. Barracco cita questa esperienza come ipotesi virtuosa di “localismo” e “ universalità” ad un tempo, del godimento dell’Arte. L’ideale, in altre parole, è – per Barracco- partire con approfondimento dalle opere locali per “ riconnettersi” all’arte di tutto il Paese. Tutte opinioni rispettabili e stimolanti. Ora mi chiedo: è lecito che Ischia si inserisca in queste tematiche e cerchi di chiarire a se stessa, ai responsabili museali, ai dirigenti scolastici, ai politici, il vero senso della musealità?

Accolgo con piacere che il Sindaco Pascale abbia attenzione per il Museo di Villa Arbusto, che a Ischia divenga sempre meglio organizzato il Museo Diocesano, che a Forio si vivacizzi il Museo Govanni Maltese nel Torrione, che anche il piccolo Museo Etnografico del Mare di Ischia riprenda vigore e presenza sul territorio. A proposito: che fine ha fatto il Museo di reperti provenienti dal Parco sottomarino di Aenaria, per il quale si era mobilitata la precedente Amministrazione comunale, prevedendo, nella sede della Torre di Michelangelo, l’installazione di vetrinette espositive? Anche per dare slancio a questi musei isolani, perché non diventare protagonisti nazionali di questo dibattito sulla “regionalizzazione della cultura”? De Seta, Sgarbi, Barracco, Fiorelli, De Marco, Mirella Armiero, il Direttore Osanna , tutte le persone che hanno animato questo dibattito, hanno rapporti con Ischia, la conoscono e potrebbero essere invitati e stimolati a far partire da qui una rivoluzione culturale sull’arte nei Musei. Villa Arbusto potrebbe costituire il nucleo centrale e il punto di partenza per una nuova cultura regionale che si apre al mondo. Un’arte glocal, locale e globale ad un tempo. Anche l’ex Sovrintendente Aldo Imer, legato a Ischia e promotore di “Torri in Festa,Torri in Luce”, potrebbe offrire un ottimo contributo alla discussione. Perché dobbiamo sempre essere gli ultimi e stare a guardare le iniziative degli altri?

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