LE OPINIONI

Il Napoli, Davide in un mondo di Golia

Di Giorgio Di Dio

La questione tra Napoli e Spalletti, che ha firmato l’accordo con la FIGC ed è il nuovo CT della Nazionale, verte su un patto di non concorrenza tra il tecnico e la “società Sportiva Calcio Napoli”

Perlomeno questo è quello che si legge su tutti i quotidiani e si   ascolta in televisione e alla radio.

Ma cos’è un “patto di non concorrenza”?

Il “patto di non concorrenza”, èregolato dall’articolo 2125 del Codice civile. È Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per un certo tempo successivo alla cessazione del contratto.

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L’obbligo del prestatore di lavoro che ha siglato un patto di non concorrenza è quello di non fare concorrenza al proprio ex datore di lavoro “dopo” la cessazione del rapporto di lavoro, e per il periodo id tempo stabilito nel patto.

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Il patto di non concorrenza, comprendequalsiasi attività lavorativa potenzialmente in grado di competere con quella del datore di lavoro.

Ora, per stabilire, se ci sia o meno violazione del patto,si deve esaminare bene la formulazione della clausola per verificare se, dal testo della stessa, sia ricavabile che la concorrenza è vietata limitatamente ad alcune attività e non ad altre.

 Attenzione: Il patto non puòcomprometterein assoluto la facoltà del prestatore di lavoro di trovare una nuova occupazione in base alla propria professionalità.

Ora nella questione tra Spalletti e De Laurentiis ci si deve chiedere una cosa. Fare il commissario tecnico della nazionale può essere considerata una concorrenza al Napoli?

La risposta che viene spontanea è “no”. La nazionale non è in competizione con il Napoli come una qualsiasi altra squadra della serie A.

Anzi la guida della nazionale da parte dell’ex allenatore che ha portato il Napoli a vincere lo scudetto non può che essere un motivo di prestigio per il Napoli.

Non la pensa così, però, l’avvocato del Napoli, che sostiene che la clausola che ha firmato Spalletti non è “un patto di non concorrenza”, bensì una “concessione” garantita da una penale.

In pratica Spalletti che era legato contrattualmente al Napoli per un altro anno, ha chiesto di poter recedere dal contratto per motivi strettamente personali (e non perché voleva passare ad altra squadra).

Naturalmente il recesso anticipato deve esser per forza di cose frutto di un accordo tra le parti e quindi, necessitava assolutamente del consenso di De Laurentiis.

Da numerose dichiarazioni pubbliche fatte da Spalletti risultava evidente, poi, che il tecnico voleva prendersi un anno sabbatico lontano dal calcio e non voleva allenare alcuna altra squadra, compresa, in modo implicito o esplicito, la Nazionale.

È evidente che quello che è successo dopo non era in alcun modo prevedibile. Nessuno poteva prevedere le dimissioni di Mancini e mai Spalletti avrebbe potuto pensare di poter essere in lizza quale CT della nazionale italiana.

E di fronte a questa inaspettata svolta, cosa avrebbe dovuto fare De Laurentiis?

Quando Spalletti ha chiesto di potersene andare senza pagare alcuna multa o risarcimento, il Presidente del Napoli ha acconsentito, rinunciando a ogni legittima pretesa.

Naturalmente, in qualche modo si doveva tutelare e, giustamente, ha preteso che venisse firmato dalle parti un verbale di conciliazione in cui sistabiliva un corrispettivo che Spalletti avrebbe dovuto pagare in caso di determinazioni diverse da quelle pattuite.

E l’accettazione dell’incarico di commissario tecnico della nazionale italiana, non è assolutamente come prendersi un anno sabbatico e, oltre ogni dubbio, è una determinazione diversa da quelle pattuite.

Spalletti, quindi deve pagare la penale, non molto alta, attualmente è di due milioni e seicentoventicinquemila euro.

Se Spalletti si rifiuterà sicuramente il Napoli si rivolgerà al tribunale.

Dal canto suo la Figcnon ha alcuna intenzione di pagare la penale ed è disposta a finanziare l’eventuale resistenza di Spalletti in tribunale quando sarà chiamato in giudizio da De Laurentiis. 

La tesi difensiva della Figc si basa sulla convinzione che ci troviamo, in ogni caso, di fronte  a un  patto di non concorrenza che non vale per la nazionale, perché il patto al momento della stipula intendeva evitare all’allenatore di legarsi ad un club che potesse in qualche modo porsi come rivale del Napoli, in Serie A o nelle competizioni europee, mentre la panchina della Nazionale non sarebbe  per nulla in concorrenza con gli interessi del Napoli.

Ma non sarebbe stato più semplice per la FIGC far rientrare nel suo ampio bilancio la penale, trattandola come una sorta di maggior emolumento da corrispondere a Spalletti.?

È evidente che siamo di fronte a una questione di principio da entrambi le parti.

E siamo sicuri che, se non si fosse trattato del Napoli ma di un altro club più potente si sarebbe comportata allo stesso modo?

Si puòancora parlare nel calcio di poteri forti che determinano le decisionianche nella FIGC?

Nellaclassificadelle squadre europee, tanto per fare un paragone il Manchester City  ha un valore d’impresa pari a 4 miliardi e 73 milioni, la Juve  1.794 milioni, l’Inter 1.258 milioni, il  Milan 1.060 milioni, il Napoli appena 706 milioni.

Appare evidente che il Napoli, rispetto ai grandi club, è una squadra povera ma è la squadra che ha vinto lo scudetto.È la squadra che non si deve sentire in una posizione di svantaggio, perché i suoi diritti valgono come quelli di tutti gli altri.

E li deve difendere anche a costo di sembrareun Davide in un mondo di Golia.

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