CULTURA & SOCIETA'

IL RICORDO Ciao Franco, sei stato grande

Raccolsi subito il suo suggerimento, quante emozioni in quel libro! Un surrogato della vita di ogni essere umano, in cui l’autore riesce a cogliere e raccontare ogni sfumatura dello stato d’animo dei protagonisti. Il libro narra dell’improvviso amore tra un giornalista inviato della Tv italiana e una bimba in un ambiente ostile, un legame forte nato da uno sguardo, che diede a Franco la forza di portarla via da quell’inferno e diventare così la sua Stella, sua figlia per sempre, mi disse di aver aspettato a raccontare questa storia, doveva aspettare che sua figlia era pronta, non voleva urtare la sua sensibilità. Il libro si è trasformato in una fiction, L’angelo di Sarajevo” con Beppe Fiorello. Era un po’ che Franco lontano dagli schermi salvo poi riapparire come ospite di «Che tempo che fa» per comunicare di avere un mesotelioma all’ultimo stadio e di aver voluto condividere cosa ha imparato quando quella diagnosi gli è caduta improvvisamente sulla testa: apprezzare le piccole cose e le piccole gioie che diamo per scontate. Con un tubicino attaccato al naso ma con gli occhi ancora vispi e carichi di vitalità Di Mare da Fazio ha brillato sia per la lucidità e la sincerità con le quali ha raccontato la malattia, ma anche per aver ammesso il dolore per aver incontrato in Rai, l’azienda in cui ha ha prestato servizio per tantissimi anni, indifferenza da quando si è ammalato. La rabbia per quelle porte sbattute in faccia e per quella mancata considerazione di fronte alle sue telefonante e alle sue mail ci riguarda tutti perché ci dice qualcosa di più profondo: che una persona ammalata non conta come quando è in salute.

“Incontrammo Amira alla fine del giro degli avvoltoi, quello che noi inviati facciamo quando, a corto di notizie, dobbiamo comunque mettere in piedi un servizio, indossava un abitino azzurro con disegni piccoli, sembrava sorridesse ma era immobile, fredda e grigia come il letto di metallo su cui era stesa, nella morgue dell’ospedale. Il cecchino l’aveva colpita appena era uscita dal cortile a raccogliere la sua palla, sotto gli occhi inorriditi degli amichetti” tratto dal “ Il cecchino e la bambina” Franco Di Mare rievoca un servizio fatto a Sarajevo nell’ormai lontano 1992, i suoi tanti ricordi di inviato nelle zone calde del pianeta, dall’Iraq al Kosovo, dal Libano al Ruanda, dall’Algeria all’Afghanistan, passando per la Somalia e il Mozambico, sono storie che hanno riempito pagine di libri, di Franco scrittore ma sempre giornalista. Sorgono spontanei inquietanti interrogativi: che cosa spinge l’uomo a comportamenti disumani? C’è un senso, qualsiasi senso, nelle carneficine che negli ultimi vent’anni hanno coinvolto tanti innocenti? E può sopravvivere la vita dentro la guerra? Una guerra rispetto alla quale in quei giorni tutto il mondo si girava dall’altra parte, che oggi tutti noi abbiamo dimenticato, come non ci fosse mai stata: un’incredibile follia in cui la razza era più importante dell’amore. Franco Di Mare ce ne fa vivere l’orrore in prima linea, quella paura atavica e travolgente che colpisce chi la vive. Eppure anche in quella situazione, può sorgere il sole: l’amore resiste e viene impersonificato da una bambina. Ci insegna che l’Universo ci può regalare belle sorprese, anche nei momenti più disperati.

“Un passo alla volta. Oggi è andata bene, e domani sarà lo stesso. Tu affrontala così e tutto andrà bene. Anche per andare lontano bisogna mettere un piede avanti all’altro. E sempre uno alla volta” A sipario calato, ti voglio ricordare così sei andato oltre le parole dette, oltre le parole scritte, sei stato grande, Franco.

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Si è così, sei stato grande Franco. Ma ripeto, una persona viene apprezzata molto di più quando muore.

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