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Ischia al World Travel Market di Londra Orlacchio: «Mercato inglese non va trascurato, ma per l’isola serve un Piano Marshall»

Le fibrillazioni Brexit hanno frenato leggermente i numeri, ma c’è voglia di diversificare perché Capri e la Costiera non bastano più. Il Direttore del San Montano Resort: «Cominciamo a programmare seriamente, offrendo soluzioni e concetti innovativi da portare in giro per il mondo. Negli Usa, ad esempio, approfittando di una congiuntura oggi assai favorevole»

Si è chiusa mercoledì scorso, 6 novembre, l’edizione 2019 del World Travel Market di Londra, principale evento internazionale dell’industria turistica per promuovere i tesori ambientali, storici e culturali dei nostri territori sul mercato mondiale. Lo stand della Regione Campania, 150 mq all’interno dello spazio Enit, ha ospitato oltre 60 operatori privati tra tour operator, strutture ricettive e servizi per il turismo. Il WTM 2019 ha celebrato l’attenzione crescente del pubblico e degli addetti ai lavori verso un turismo slow ed eco-sostenibile, dove l’enogastronomia accompagna e guida i percorsi alternativi alla scoperta di sapori e sensazioni. Ed è in questa vetrina che la Campania ha presentato ed esposto le sue eccellenze turistiche e culturali che non hanno perso il fascino dell’unicità all’interno di un’offerta internazionale sempre più seriale, globalizzata e competitiva. Anche l’isola d’Ischia, pur timidamente, punta a sviluppare l’incoming turistico ri-focalizzando la strategia di promozione sul mercato internazionale. Cercando di attrarre nuovi visitatori da tutto il mondo e privilegiando quelli con maggiore potenziale di spesa in modo da far crescere il fatturato complessivo e non solo il numero degli arrivi. Tradizionalmente legati ad altre destinazioni campane (Capri e Sorrento su tutte), i turisti inglesi rappresentano in ogni caso un segmento di visitatori che non bisogna più trascurare (come si è fatto per troppo tempo). Per un bilancio della partecipazione ischitana al WTM londinese, Il Golfo ha incontrato Maurizio Orlacchio, Executive Managing Director del San Montano Resort & spa a Lacco Ameno.

«Non sto criticando lo stand della Regione Campania, ma se vogliamo dare un segnale di discontinuità, una scossa alla nostra offerta e al nostro prodotto, dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo da presentare con modalità innovative. E’ il momento giusto per farlo. Ci riescono località della Grecia o delle Canarie, presenti alle fiere internazionali con uno stand tutto loro, non vedo perché non possiamo riuscirci noi»

Perché ha deciso di partecipare al Word Travel Market di Londra?

«È l’appuntamento che, per tradizione, dà il via alla stagione delle fiere. Ne approfitto per conciliare incontri specifici per il San Montano Resort e presenziare alla fiera. In assenza del presidente di Federalberghi Luca d’Ambra, impossibilitato a partecipare, sono stato delegato a incontrare blogger e operatori turistici arrivati a Ischia la scorsa estate, e con i quali stiamo consolidando rapporti di proficua collaborazione. Torneranno infatti anche la prossima stagione con delle visite specifiche per aumentare il portfolio di operatori del Regno Unito interessati alla nostra destinazione.»

E’ soddisfatto delle modalità di rappresentazione dell’isola d’Ischia in questo appuntamento fieristico dedicato al mercato anglosassone?

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«Ischia ha tutte le carte in regola per presenziare alle classiche fiere tradizionali senza essere così strettamente dipendente della Regione Campania. Con riferimento specifico alla Fiera di Londra, penso che si sarebbe potuto organizzare anche un grande evento al di fuori del classico spazio fieristico. Magari attingendo, con adeguata programmazione che coinvolga pubblico e privato, alla tassa di soggiorno. L’isola d’Ischia ha molti punti di forza che ci consentono una fortissima autonomia anche in termini di narrazione. Possiamo farlo in maniera indipendente, i costi non sono esorbitanti.»

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Vige il mantra del ‘fare rete’. Non sarebbe troppo rischioso, o peggio ancora controproducente, presentarsi da soli?

«Stiamo parlando di un’isola che, a livello turistico, ha il Pil più alto della Campania. Un’isola che, sul proprio territorio, vanta ben tre ristoranti stellati. Ed è un peccato che Il Mosaico abbia perso la stella, altrimenti eravamo un caso unico al mondo. Già da un punto di vista enogastronomico, ad esempio, abbiamo tutte le capacità per partecipare ad appuntamenti internazionali e far conoscere l’isola d’Ischia al meglio delle sue potenzialità e della sua capacità d’attrazione. La nostra insularità, che pure ci regala qualche disagio, in questi contesti va messa in risalto. Non si tratta di andare da soli, ma ribadire la nostra specificità. Non sto criticando lo stand della Campania, ma se vogliamo dare un segnale di discontinuità, se davvero vogliamo dare una scossa alla nostra offerta, dobbiamo pensare a qualcosa di nuovo da presentare con modalità innovative. E’ il momento giusto per farlo. Ci riescono località della Grecia o delle Canarie, presenti alle fiere internazionali con uno stand tutto loro. Non vedo perché non possiamo riuscirci noi.»

Chi c’era a rappresentare l’isola al World Travel Market di Londra? E chi non c’era e avrebbe dovuto esserci?

«Le scelte di presenziare o meno agli appuntamenti fieristici internazionali sono soggettive, quindi non mi va di sindacare scelte altrui. A Londra c’erano Saverio Presutti, con la sua Sud Italia incoming, e Luigi Polito dell’Imperatore travel, che da tempo investe sul web e Londra è un appuntamento rilevante sotto questo profilo. L’appeal delle fiere dipende da molteplici fattori: sarei curioso di sapere se, con un format diverso da quello previsto dalla Regione Campania, la partecipazione ischitana fosse stata più significativa.»

Qual è stato, durante il calendario delle manifestazioni fieristiche, l’incontro o l’iniziativa più interessante per consolidare la presenza di turisti inglesi in Campania in generale e a Ischia nello specifico?

«C’è bisogno di un grandissimo piano di ristrutturazione per la ricettività. Lo sappiamo tutti e la politica dovrebbe mettere le imprese turistiche locali nelle condizioni di poterlo realizzare. Abbiamo strutture che non si possono presentare sul mercato, dove esiste una competizione pazzesca. La terapia choc non può che arrivare da una concertazione seria e responsabile tra pubblico e privato»

«Ho avuto modo di incontrare molti operatori storici che lavorano con la realtà Ischia. Kirker Holidays, ad esempio, storico operatore inglese che da qualche anno ha incrementato sensibilmente i numeri sull’isola; Classic Collection Holidays, con cui mi sono confrontato positivamente. C’è da dire che i numeri del mercato inglese hanno subìto un leggero calo, quest’anno, forse per effetto delle tensioni sulla Brexit. Ma due considerazioni vanno fatte: un leggero calo dei numeri non equivale a calo dei ricavi. Sono diminuite le presenze con operatori, ma il viaggiatore diretto, che salta l’intermediazione, sta scoprendo sempre più Ischia. I voli ci sono, da molti aeroporti inglesi, soprattutto quelli londinesi, e c’è una certa tendenza a diversificare, scoprire altre realtà rispetto a quelle a cui è tradizionalmente legato il turista inglese, e cioè Capri, Sorrento e la Costiera. Si cerca qualcosa di alternativo anche per il segmento lusso e per quello medio. Segnali di cui dovremmo approfittare.»

Quali sono le questioni più importanti, nel bene e nel male, poste dai vostri interlocutori in UK?

«Il commento più frequente riguarda la perdita della ‘insularità’, o di quelle connotazioni tipiche che caratterizzano un’isola. Se da Lacco Ameno devo arrivare a Ischia impiegando 40 minuti di taxi, vuol dire che non sono andato in vacanza su un’isola ma in una metropoli. E’ una lamentela diffusa, non possiamo dargli torto. Il traffico è un problema che esiste anche oggi, e siamo quasi a metà novembre, figuriamoci nei mesi di alta affluenza turistica. Sono però di più i complimenti che riceviamo sulla bellezza del paesaggio, sulla dimensione agreste dell’isola d’Ischia, sull’enogastronomia. Tutto ciò che ha segnato la nostra fortuna negli anni ’50 e ’60. Chiaramente non è possibile tornare indietro, ma bisogna lavorare per un territorio che abbia dei ritmi più lenti e non così stressanti.»

Un turismo slow, sostenibile, che privilegia l’ambiente e l’enogastronomia, è stato centrale in questa edizione della fiera.

«I grandi cambiamenti hanno bisogno di piccoli passi, però i piccoli passi hanno bisogno di tempo. E noi non siamo bravi in quello: vogliamo vedere subito i risultati quando invece sarebbe il caso di una seria programmazione a lungo termine in questa precisa direzione. Un turismo sostenibile, davvero slow e di qualità, richiede un cambiamento strutturale e soprattutto culturale. Bisogna sedersi, tutti i player, adottare una nuova strategia e darsi delle tempistiche. Lunghe, ma che periodicamente vengano monitorate per aggiustare il tiro, se necessario. Bisogna avere il coraggio di svoltare. Slow food, slow atmosphere: è quello che ci chiedono gli ospiti. Staccare con lo stress. Alcune cose riusciamo a garantirle: percorsi di trekking, giri in barca, una enogastronomia di eccellenza. Su altre siamo ancora indietro. Ripeto: amministratori e imprenditori devono sedersi a un tavolo e trovare concetti e soluzioni innovative che possano andare in giro per il mondo. E non parlo di fiere.»

Dove, allora?

«Penso al mercato americano, ad esempio. Un mercato in forte espansione, che guarda al Sud Italia con crescente interesse. E’ un momento favorevole: l’eco della fiction “L’amica geniale” ha raggiunto gli Stati Uniti, c’è un volo diretto da New York, gli amici del Mezzatorre Resort hanno fatto un lavoro straordinario di comunicazione oltreoceano. Dobbiamo cominciare a ragionare su come andare, presentarci e farci conoscere meglio. Lavorando contemporaneamente anche a una profonda ristrutturazione del settore, che invece manca.»

Di chi sono le responsabilità?

«Vanno condivise. Comprendo le difficoltà degli imprenditori, per questo auspico una profonda collaborazione con la politica che può aiutarci a velocizzare questa necessaria opera di rinnovamento radicale. In questo momento, Ischia ha bisogno di un grandissimo piano di ristrutturazione per la ricettività. Lo sappiamo tutti e la politica dovrebbe mettere le imprese turistiche nelle condizioni di poterlo fare. Userò un paragone forte: per Ischia è necessario un piano Marshall. Abbiamo strutture che non si possono presentare sul mercato, dove esiste una competizione pazzesca. C’è bisogno di una terapia choc, che non può non arrivare da una concertazione seria e responsabile tra pubblico e privato. Le strade sono diverse: penso agli sgravi fiscali, ad esempio. Ma in cambio devo garantire una struttura competitiva e completamente riqualificata. Abbiamo un innato senso della ospitalità, è vero, questo ci ha salvato più volte; ora però dobbiamo migliorare nella parte ricettiva. Ripensarla coraggiosamente perché il mondo dell’hospitality sta cambiando a grandissima velocità. Abbiamo tutte le capacità per prenderci quelle soddisfazioni che, ad oggi, sono molto limitate.»

Siamo quasi a metà novembre, gli alberghi chiudono. La destagionalizzazione resta parola morta. Cosa replica a chi ritiene gli albergatori i primi responsabili della mancata destagionalizzazione turistica?

«Per destagionalizzare senza perderci, cioè tenendo presente i numeri, devo uscire sul mercato con un’offerta vantaggiosa. Ma allo stesso tempo devo garantire ai miei ospiti una quantità e qualità di servizi fuori dall’albergo che oggi non esistono. E poi c’è il termalismo, che va completamente ripensato. Non è davvero più possibile che abbia una declinazione solo curativa. A Ischia non si deve venire perché si è malati e il dottore ci ha dato la ricetta. Dobbiamo svecchiare questo concetto, avere la forza di credere a quello che ci dicono le statistiche: c’è un bacino enorme di persone interessate al wellness, al benessere, alla frequentazione di una Spa. Le terme come momento rigenerante, del corpo e dello spirito. Abbiamo la fortuna di avere un unicum, che è il nostro fango, eppure preferiamo dare le nostre camere a prezzi bassi, regalandolo. Piuttosto diamo le camere gratis e facciamoci pagare il fango. Un tesoro che abbiamo solo qui. A Capri si sono inventati un trattamento con il fango quando lì il fango non esiste. Dobbiamo attrarre i giovani. Il mondo dell’hospitality e quello del benessere sono in continua evoluzione. Sediamoci a un tavolo e collaboriamo. Circondiamoci di persone che possono diventare ambasciatori di un messaggio nuovo nel mondo. Finiamola di pensare come 30 anni fa, il rischio è restare tagliati fuori.»

Prossima trasferta?

«Domenica parto per Miami e New York, dove ho degli incontri per l’Hotel San Montano. La prossima fiera? L’ILTM di Cannes, l’evento principale per il settore business-to-business per i viaggi di lusso. So ci sarà anche la regione Campania e altri operatori ischitani. Vedremo.»

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